Hunger Games: il Canto della Rivolta - Parte 2, la recensione
Finisce qui la saga di Hunger Games e si chiude con l'esaltazione dei propri temi: dalla fine delle ideologie fino ai rischi legati all'immagine della donna
La storia di come Katniss Everdeen, offrendosi come vittima sacrificale al posto della sorella, sia diventata suo malgrado un oggetto mediatico, un corpo benvoluto dal pubblico e quindi sfruttato dal regime che la opprime, di come abbia deciso di lottare contro di esso per la propria autonomia e si sia quindi trovata dalla parte dei ribelli per scoprire che questi non sono migliori ma ugualmente interessati alla sua immagine, incrocia il nuovo tipo di guerre del nostro mondo (che dà grande importanza ai media) alle spinte di autonomia del genere femminile nella più strana e insolita delle eroine, nella più negativa e scontrosa delle protagoniste. Solo grazie a Jennifer Lawrence e alla sua incredibile capacità di creare empatia il continuo broncio e la continua insoddisfazione della protagonista non sfociano nell’antipatia.
Si chiude all’altezza di come era partito Hunger Games, la saga più importante di questi anniLa ribellione sta avanzando e Katniss è il simbolo della sua propaganda, Peeta ha subito il lavaggio del cervello e Gale è ormai un soldato fatto. Katniss come sempre ha idee sue, obiettivi suoi e vive malissimo il fatto di essere strumento di un bene superiore deciso da altri.
Katniss combatte con l’arco e le frecce ma soprattutto con l’immagine che dà di sè. Nella chiusa (molto simile a quella del Batman di Nolan per rifiuto della “gloria” dell’eroe) è ancora più evidente quanto l’idea che le persone hanno di lei non abbia niente a che vedere con quel che è realmente. Perché tutto Hunger Games racconta l’illusoria fallacità delle immagini, la menzogna inevitabile che è legata al video (le volte che viene dichiarata morta, la maniera in cui ogni suo video è manipolato e non rispecchia mai la realtà).
Perfettamente padrona del proprio corpo come le femministe di una volta e capace di sfruttarlo a suo vantaggio come le femministe moderne, quello di Jennifer Lawrence (ancora una volta l’attrice migliore possibile tra quelle della sua generazione, l’unica con un ventaglio espressivo profondo anche in una storia semplice come questa) è un modello di donna non “forte” ma autonoma in una storia che ribalta tutto, una in cui è Peeta, l’uomo, è la damigella in pericolo, sempre da salvare, e Katniss il motore dinamico ed emotivo di tutto.