13: il musical, la recensione

13: il musical affronta a cuor leggero e una bontà tutta zucchero un tema in realtà decisamente complesso come quello del passaggio all’adolescenza.

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La recensione di 13: il musical, su Netflix dal 12 agosto

Scritto dagli autori dell’omonimo musical di Broadway Robert Horn, Jason Robert Brown e Dan Elish e diretto da Tamra Davis, 13: il musical affronta a cuor leggero e una bontà tutta zucchero un tema in realtà decisamente complesso come quello del passaggio all’adolescenza. Ciò che rende il film un’esperienza piacevole (in cui non solo i più piccoli troveranno qualcosa da ascoltare) non è però né la storia in sé - siamo perfettamente nei cliché narrativi del teen - né la brillantezza a colori della messa in scena ma, molto più in piccolo, la particolare e delicata prospettiva che il film riesce a dare su un tema preciso: il commettere errori.

Nell’edulcorato mondo narrativo di 13 nessuno è un outsider al tempo stesso tutti lo sono. La credibilità non è ciò che qui interessa, e allora come in una fiaba ai tempi dello streaming il nostro protagonista destinato a cambiare il suo piccolo mondo (con la giusta morale finale) è Evan (Eli Golden), un tredicenne ebreo costretto a trasferirsi da NY in un paesino dell’Indiana dopo il divorzio dei genitori, arrabbiato perché non potrà festeggiare il bar mitzvah che aveva sempre sognato. La religione in realtà rimane un mero pretesto (anche se nel paesino sono tutti cattolici e molto aperti…) perché arrivato in Indiana Evan imparerà - cadendo e rialzandosi - cosa vuol dire commettere errori in nome dell’amicizia e dell’amore per i propri cari.

Costellato da brani musicali divertenti, ritmati e subito memorizzabili, 13 trova in questa sua dimensione sognante e insieme fedele all’emotività dei tredicenni “reali” un mix davvero impensabile di primo acchito ma che funziona perfettamente senza risultare mai stridente. Tamra Davis usa la macchina da presa con agio, senza ricercare mai qualcosa che possa sbalordire ma trovando il dolce e il sorprendente della bontà irresistibile dei personaggi.

La classica love story con tanto gelosie e piani sabotatori tra compagni rimane, e pur essendo la colonna portante della trama riguarda non il protagonista ma dei comprimari. Questo aspetto potrebbe sembrare secondario e invece risulta talmente naturale che il ruolo del protagonista ne esce accresciuto, essendo egli stesso artefice volenteroso, sempre in quanto amico e mai romanticizzato, della felicità delle persone che gli stanno accanto. Avere 13 anni significa qui non per forza imbarazzarsi di fronte alla compagna carina: si, anche, ma anche essere semplicemente desiderosi di fare parte di un gruppo, volersi integrare, senza nessuna fretta di percorre tappe obbligate o percorsi già scritti.

Siete d’accordo con la nostra recensione di 13: il musical? Scrivetelo nei commenti!

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