11.22.63 1x08, The Day in Question: la recensione [finale]
La nostra recensione del finale di 11.22.63, con James Franco
L’evento che motiva il titolo della serie è dunque liquidato nella prima parte dell’episodio, mentre il resto è occupato dalle conseguenze inaspettate del gesto di Jake. Purtroppo quest’ultimo episodio conferma l’intensificarsi di alcuni difetti già rilevato nell’ultima parte di stagione, primo fra tutti una rapidità che diventa approssimazione e meccanicità. Non c’è mai un momento di vera difficoltà durante la progressione verso l’attentato, e la riuscita del tutto è troppo automatica per suscitare vera tensione. Oltretutto gli autori non sono stati in grado, nonostante un inizio promettente e un bravissimo interprete, di dare sufficiente spessore e motivazione a Lee Harvey Oswald, cuore degli avvenimenti almeno quanto Jake: la scelta di renderlo un imperscrutabile cane sciolto è comprensibile, ma finisce per essere poco appagante senza un’adeguata chiusura sul background politico del personaggio, le cui ossessioni si riducono nel finale esclusivamente al rapporto con la madre.
Questa mancanza acuisce il senso di disorientamento che paradossalmente è connesso proprio all’eccessiva linearità degli eventi finali: dopo l’uccisione di Lee e la morte di Sadie ci si aspetterebbe che sia gli echi storici, sia il lato più propriamente fantascientifico tornassero in primo piano, mentre invece rimangono relegati ai margini. L’ipotesi inquietante dell’arresto di Jake e della manipolazione della verità viene spazzata via dalla telefonata di JFK in persona, che rende immediatamente ridicole le minacce dell’FBI viste subito prima. Ci si affida insomma a un’autonoma circolazione della verità che si fa convenientemente non confutabile al momento giusto, depotenziando il senso stesso di una storia basata sull’esistenza impossibile di Jake Amberson in un tempo che non è il suo: le domande trovano risposta dal nulla o perdono importanza, mentre si è costretti a sperimentare troppo velocemente e senza un adeguato approfondimento sia il passaggio di Jake da sospettato a eroe, sia il presente post-apocalittico cui fa ritorno: perché i bombardamenti, i campi “profughi”, il degenerare della politica kennediana? Non è dato saperlo, a Jake basta uno sguardo al suo momento storico per decidere che è meglio resettare il tutto. Ci si ritrova così a non comprendere realmente nemmeno la figura dell’uomo col biglietto giallo, e la sua connessione con i tentativi del passato di resistere al cambiamento: evidentemente bloccato in un loop temporale che lo ha fatto impazzire, dovrebbe anche essere simbolo dell’impossibilità di cambiare gli eventi, cosa poi smentita dalle stesse azioni di Jake.