11.22.63 1x02, "The Kill Floor": la recensione

La nostra recensione del secondo episodio di 11.22.63

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Il secondo episodio di 11.22.63, “The Kill Floor”, ha una trama interna quasi autoconclusiva, poiché si incentra sull’incursione di Jake a Holden con l’obiettivo di impedire che il padre di Harry Dunning, il bidello della sua scuola nel presente, stermini la famiglia la notte di Halloween del 1960. Nel libro la cittadina fittizia è Derry, Maine, luogo delle vicende di It: la serie sembra soprassedere sui legami tra i due volumi.

Sul tragico racconto di Harry anziano che tanto colpisce il prof. Epping si apriva il primo episodio: ora Jake rivolge a lui la sua apparente urgenza a dare un senso alla sua presenza nel passato, dopo aver fallito l’impresa di proporzioni storiche. A sottolineare il legame tra le storie individuali dei due personaggi, l’episodio inizia spostando il punto di vista, che nel primo episodio è sempre stato quello di Jake, mostrandoci il piccolo Harry violentemente bullizzato da alcuni compagni. Il suo cammino incrocia subito quello di Jake, in un emporio il cui gestore sembra in qualche modo fare le veci del padre di Harry per quanto riguarda la sopravvivenza quotidiana di vittima degli scherzi e dello scherno dei coetanei.

Per tenere d’occhio la famiglia Dunning Jake si sistema nella stanza in affitto in casa di Edna Price, fervente religiosa e rappresentativa dell’effetto totalmente respingente degli abitanti di Holden, e del marito Arliss. Quando Jake va direttamente in cerca del padre di Harry, Frank Dunning, cominciano i guai: Frank si palesa come un uomo attaccabrighe e violento, leader di un gruppo di spostati che fanno tutto quello che vuole. Per di più, fa il macellaio, dettaglio che permette una sequenza ricca di tensione ambientata naturalmente in una classica location horror, il mattatoio.
La poca furbizia di Jake è forse l’elemento più duro da mandare giù di un altro episodio ben riuscito: stavolta risulta un po’ difficile non alzare gli occhi al cielo per la sua ingenuità, quando domanda e mente impunemente a tutti, in un paese che emana vibrazioni negative fin dal modo in cui è inquadrato e fotografato, nella sequenza dell’ingresso di Jake a Holden. Anche lo stratagemma per salvare la moglie di Frank e i bambini, peraltro messo in atto dopo aver avuto già modo di capire che Frank è un uomo decisamente pericoloso, appare un azzardo piuttosto mal calcolato, tanto che sembra quasi essere lui l’ultima spinta che fa precipitare la tragedia in casa Dunning.

Sembra che Jake si senta erroneamente protetto dallo scopo delle sue azioni, agendo d’impulso e non preoccupandosi delle impressioni delle persone intorno a lui: è uno degli svantaggi del tempo ridottissimo delle otto puntate rispetto alle tante pagine del libro, e a farne le spese, già a partire dal primo episodio, è proprio la caratterizzazione del protagonista, che tuttavia acquista in tal modo una personalità leggermente diversa.
Al di là delle questioni di credibilità di Jake, l’episodio fa dell’enfasi tra contenuto e forma la sua chiave stilistica, accentuando i dettagli più angoscianti. La regia e la fotografia sono al servizio dell’incombere dell’inquietudine e della minaccia, a enfatizzare le sensazioni di Jake, e diventano quasi espressioniste nei momenti di dramma: durante il toccante monologo di Arliss -il suo racconto di guerra- la luce si fa scura, si passa al primo piano, mentre l’interlocutore Jake tace e anche lui, gradualmente, cambia faccia.

La puntata introduce inoltre il personaggio di Bill Turcotte, interpretato da George MacKay (visto nel film Pride), che a giudicare dal termine della puntata si rivelerà una presenza ben più importante che nel libro.

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