10 regole per fare innamorare, la recensione

Quando il cinema di Fausto Brizzi incontra il corpo attoriale di Willwoosh. La collisione di due universi destinati ad incontrarsi...

Critico e giornalista cinematografico


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Dopo diversi tentativi in ruoli di spalla arriva il momento per Guglielmo Scilla (Willwoosh) di un film tagliato su di sè. Anche se la produzione di 10 regole per fare innamorare non è partita già con in mente il suo protagonista, ma l'ha trovato per strada, sembra evidente che sceneggiatura, stile di messa in scena e attore principale si siano incrociati in un crocevia che mette insieme idee e visioni che aspettavano solo d'incontrarsi.

Cristiano Bortone dirige un film sceneggiato (tra gli altri) da Fausto Brizzi e dotato di tutta una messa in scena dal sapore brizziano. Si vede dai costumi e dagli interni (solo di maglioni appoggiati sulle spalle e annodati sul davanti ne ho contati 4). Si potrebbe fare una critica di tutta l'opera di Brizzi solo partendo da questi due elementi. E Willwoosh si inserisce perfettamente nell'ensemble come una componente che non aspettava altro.

Il racconto è dei più canonici. Lui è innamorato di lei, ma lei non è all'altezza di lui. Lui però ha un compare che sa tutto sull'amore e gli fa da mentore, portandolo ad agire secondo un percorso razionale nell'opera di conquista femminile. Ovviamente questo percorso sarà pieno di incidenti che ne negheranno gli assunti pseudo-scientifici e proprio questi faranno innamorare i due. Nella parte dell'eterno sfigato (che di certo non sembra tale a vedersi) è per l'appunto Willwoosh, in quella del suo mentore/padre Salemme. Di più non serve dire, il film da qui in poi varia sul tema seguendo molte idee viste nel cinema precedente di Brizzi, dal gran rimorchiatore con l'agendina di donne (Maschi contro Femmine), alla festa in cui si rimane nudi e/o in mutande (Femmine contro Maschi), la casa in cui convivono amici maschi più una donna (sempre Femmine contro Maschi) e via elencando. Tutto come sempre è inserito in villette dagli interni color viola, giallo o verdino, infiniti elementi di arredo che saturano gli sfondi, mobilio dai colori pastello, costumi e vestiti improbabili e caratterizzanti, case eccessivamente costose per persone che sembrano non lavorare mai. Tutto è insomma fumettistico. Brizzi e la sua influenza vanno al di là dell'improbabile o implausibile (che è un classico della commedia italiana) perchè lo rende stile e cifra estetica, lo rende modo di mettere in scena. Può piacere o meno, ma è innegabile che la sua idea di cinema passi per una trasfigurazione totale della realtà in una dimensione di innocente fumetto disneyano, in cui c'è un imperante buonismo funestato a tratti da alcuni personaggi cattivi ben determinati, e in cui ognuno è un carattere da sfruttare nelle gag. In questo infine, a strano contrasto, viene inserita solitamente una componente erotica più spinta della media (evidente molto in Com'è bello far l'amore ma presente quasi sempre e qui attenuata dal fatto che il regista è un altro). In questo fumettone trova perfettamente casa dunque il fumetto di Willwoosh, personaggio che già online estende la sua mimica facciale, le sue espressioni (e il suo abbigliamento) oltre i confini di un'aderenza alla realtà, e che nel film interpreta un personaggio dai contrasti disneyani. Uno sfigato così carino da essere accettabile, così tenero e inguaribilmente pasticcione da essere simpatico oltre ogni ragionevole dubbio.E' cinema di rapidissimo consumo, da lettura veloce, ma è impossibile dire che non abbia stile.  
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