10 giorni con Babbo Natale, la recensione

Rinunciando sempre di più alla comicità cattiva ma lavorando con la consueta dedizione alla scenografia, 10 giorni con Babbo Natale è un film-addobbo

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
È probabile che i film di Fabio De Luigi e Alessandro Genovesi esistano tutti nel medesimo universo narrativo. Prima era l’universo della settimana, ora è diventato quello dei 10 giorni. Poco cambia infatti da La peggior settimana della mia vita fino a questo 10 giorni con Babbo Natale, passando per Il peggior Natale della mia vita e poi, con uno stacco di 6 anni fatti di film meno riusciti, il ritorno al successo di 10 giorni senza mamma. Dal fidanzamento, alla prima gravidanza fino alla vita familiare e ora il rischio di separazione. Antoine Doinel scansati.
Rispetto al precedente film natalizio (Il peggior Natale della mia vita) questo prende molto più di petto la mitologia di Babbo Natale, dà in questo senso più una spallata al cinema americano (ma un piccola spallata, in realtà è sempre radicato più che altro nella commedia italiana) applicando la medesima struttura della saga, cioè una serie di sfortune che capitano a Fabio De Luigi mentre le persone intorno a lui o lo vessano o se ne lamentano, al servizio di una storia scaldacuore mirata a salvare il Natale e Babbo Natale in persona.

Un film di Natale sembra apparentemente l’apoteosi del cinema che piace ad Alessandro Genovesi, fatto di un buona cura della patina, delle luci, dei colori e della densità delle inquadrature, con un lavoro sulla scenografia decisamente più preciso e metodico del cinema italiano. Non stupisce quindi la pregnanza con cui quando è il momento di dare soddisfazione natalizia allo spettatore 10 giorni con Babbo Natale riesca a mettere in piedi uno spettacolo visivo breve ma degno delle aspettative.

È il resto del film ad essere una ripetizione sempre più stanca del format iniziale con sempre meno slapstick e sempre più tenerezza familiare. Con sempre meno battaglia tra Abatantuono e De Luigi (inizialmente una versione nostrana del conflitto Stiller/De Niro di Ti presento i miei) e più tenerezze con la spalla femminile, passata nel tempo da Cristiana Capotondi a Valentina Lodovini. È un processo quasi inevitabile di normalizzazione di un film che nasceva un po’ più deciso e marcato della media. E per quanto è impossibile non avere almeno un po’ di soddisfazione per un film di Natale italiano con un vaghissimo odore internazionale, rimane l’impressione che la grande passione sia per le panoramiche con i droni sui paesaggi nordici, per la creazione dei set e degli ambienti, più che per la scrittura. Per la realizzazione di una buona patina più che di un buon film.

Se non altro c’è Diego Abatantuono che incarna benissimo un Babbo Natale originale e scritto molto bene, al tempo stesso provinciale e autentico, assurdamente comune e umano, pieno di demenziali contraddizioni e piccolezze che lui riesce a far convivere con i tratti più ecumenici del personaggio.

Sei d'accordo con la nostra recensione di 10 giorni con Babbo Natale? Scrivicelo nei commenti dopo aver visto il film, dal 4 dicembre su Amazon Prime Video

Continua a leggere su BadTaste