Qualcuno salvi il Natale 2, la recensione
Il ritorno di Kurt Russell in Qualcuno salvi il Natale 2, stavolta con Chris Columbus dà un senso al sequel
Qualcuno salvi il Natale 2 prende la fortunata intuizione di rileggere Babbo Natale con una chiave d’azione ma non troppo, usando la capacità eccezionale di Kurt Russell di donargli delle note dure senza mai passare sopra a quelle buone, tranquille e serene proprie del personaggio, e la mescola con una più concreta origine cristiana. Nel momento in cui piattaforme globali proprio come Netflix cercano di emancipare il Natale da un’idea cristiana, puntando sui valori commerciali e pagani per risultare se non altro godibile da tutte le religioni, questo film fa una scelta diversa.
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La trama secondaria, quella che si svolge al Polo Nord, è invece molto più blanda e priva di inventiva, con nessun apporto di Goldie Hawn. Perché questi film hanno senso solo quando Kurt Russell è in scena, è lui che anima tutto dandogli una personalità, innanzitutto come showman (stupendo il grande numero musicale) e poi con il carisma. Il film stesso lo sa e la costruisce come quella di un eroe d’altri tempi. Quando incontra per la prima volta i protagonisti e gli dice “Benvenuti al Polo Nord” Columbus lo inquadra dal punto di vista dei ragazzi e gli regala un carrello a stringere come quello dell’entrata in scena di John Wayne in Ombre rosse.
Come di consueto ci sarà spazio per un riconoscimento dei tempi mutati. Non solo Babbo Natale è un coder che programma videogiochi (vabbè…) ma riconosce che forse il Villaggio di Babbo Natale dovrebbe chiamarsi Villaggio della signora Natale, visto che l’ha creato lei e nel farlo Columbus ripercorre le fasi dell’accettazione di un cambiamento che la società sta attraversando in questi anni. Babbo Natale dice di non averci mai pensato prima in effetti, poi sottolinea che tuttavia si è chiamato così per mille anni fino a concludere che però forse è tempo per un cambiamento. Certo invece di “signora Natale” potevano usare il nome da nubile…
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