Ocean's 8, la recensione
Succube del precedente, Ocean's Eight non è tanto un gender swap ma proprio una sorella minore
Gary Ross vuole ricalcare Soderbergh e per continuità ne ingloba alcuni stilemi come le transizioni con zoom a stringere e allargare, è molto rispettoso del film che tutti ricordano (quello del 2001) e ne replica diligentemente anche la trama con i necessari adattamenti. La sorella di Danny Ocean (Sandra Bullock) esce di galera e come lui va a trovare il socio (Cate Blanchett) avendo già un piano in mente, vuole rubare un collier di diamanti dal valore inestimabile facendolo indossare ad un’attrice durante il MET gala e poi prendendoglielo. Troveranno sei partner (tra cui una stilista molto nota e famosa, l’unica a poter indurre l’attrice a richiedere ed indossare il bottino, che si presta alla rapina) e saranno coadiuvate sempre da Elliot Gould. Non mancherà la trama sentimentale in cui però non c’è più una vecchia fiamma da riconquistare ma un uomo bastardo del passato da continuare a punire. Cambio in un certo senso adeguato ma che non sprizza proprio di femminismo.
Anche passando sopra a un buco non da poco nella trama (relativo alla collana con l’impossibile sistema di sgancio e il fatto che a un certo punto chi la porta se la perda accidentalmente), Ocean’s Eight crea un clima armonioso tra le sue protagoniste e sembra più intenzionato a creare un bel ritratto delle associazioni tra donne, dei gruppi femminili e della capacità organizzativa, che a realizzare un buon film. Detto questo il team di attrici, con in capo Sandra Bullock, è davvero in grandissima forma e davvero affiatato, la parte migliore del film senza dubbio.