Boys From County Hell, la recensione | Trieste Science+Fiction Festival 2020
Tradizioni, rapporti tra genitori e figli complicati, vampiri e molto umorismo dark sono gli ingredienti che rendono Boys From County Hell un horror divertente e davvero convincente
Nello sperduto villaggio irlandese Six Mile Hill ci sono pochi modi per sostenersi economicamente e per attirare i turisti, tranne una leggenda: Bram Stoker, l'autore del cult Dracula, avrebbe trascorso la notte in un pub locale. Il giovane Eugene (Jack Rowan) trascorre le sue giornate bevendo e prendendo in giro i turisti che vogliono visitare la tomba di Abhartach, un vampiro irlandese che avrebbe ispirato la creazione del famoso romanzo.
Quando il padre Francie (Nigel O'Neill) lo obbliga a lavorare per la sua azienda e contribuire a un controverso progetto che minaccia l'unica fonte di reddito del paese, Eugene si ritrova alle prese con il ritorno inaspettato di una creatura che seminerà morte e caos.
La sceneggiatura di Baugh ha inoltre il merito di rendere i momenti drammatici, come il destino dell'amico del protagonista, surreali e al tempo stesso drammatici, non alienando mai gli spettatori che non possono che fare il tifo per i protagonisti mentre i loro piani falliscono uno dopo l'altro.
Morti inaspettate, attimi splatter, ritorni in scena a sorpresa, battute taglienti e un'ambientazione in notturna che alimenta la tensione sostengono davvero bene la narrazione, senza tempi morti, anche grazie all'uso della colonna sonora.
Privo forse di un pizzico in più di originalità, il lungometraggio riesce comunque ad avvicinarsi con intelligenza alla realtà di provincia e a un sentimento di insoddisfazione che alimenta, in modo più o meno evidente, la vita dei giovani al centro della trama, confezionando un "horror" che intrattiene con gesta eroiche e svolte a effetto, fino a un finale non del tutto imprevedibile, ma efficace.