Alice in Wonderland - La recensione
Una ragazza diciannovenne torna nel mondo incredibile in cui era stata da bambina e lo ritrova in preda a una regina crudele. Scenografie notevolissime, buoni attori, ma anche una trama poco coinvolgente e un 3D non sfruttato a dovere...
Recensione a cura di ColinMckenzie
TitoloAlice in WonderlandRegiaTim BurtonCastMia Wasikowska, Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Anne Hathaway, Crispin Glover, Matt Lucasuscita3 marzo 2010La Scheda del Film
Cosa aspettarsi ormai da Tim Burton? Per chi, come me, lo ha amato tantissimo nel suo periodo d'oro (da Pee-wee's Big Adventure a Ed Wood, passando per vette come Edward mani di forbice e Batman - il ritorno) è impossibile far finta che Planet of the Apes, La fabbrica di cioccolato o Sweeney Todd siano anche minimamente all'altezza. Così, si va a vedere ogni sua opera divisi tra la speranza di ritrovare il Burton che era un tempo e la paura di rimanere nuovamente delusi.
Per fortuna che non ci vuole molto per arrivare a Sottomondo (ex Paese delle meraviglie) e lì le cose migliorano sensibilmente. Se intendiamo l'originalità come il fatto di riuscire a mostrare in maniera (anche solo un po') diversa qualcosa che abbiamo visto già centinaia di volte (e considerando le tante versioni di Alice, non è un'iperbole), ecco che diversi aspetti del film risultano piacevolmente originali. Le scenografie sono l'elemento di spicco della pellicola, in particolare il castello della Regina (esterno e interno), ma anche Sottomondo e i suoi paesaggi in generale.
Quello che purtroppo manca (e impedisce al film di raggiungere risultati ben più alti) è l'energia nel racconto, la voglia di prendere posizione, insomma una strada decisa e importante che permetta a tante idee diverse di coagularsi in qualcosa di superiore. Certi temi come la realtà e l'immaginazione, così come l'indipendenza femminile, vengono accennati e promettono bene, ma senza poi essere sfruttati come meriterebbero. A un certo punto, sembra che con coraggio si voglia evitare la strada della pellicola per bambini, quando magari tra occhi infilzati e strani rapporti a corte si rischia qualcosa in più. Ma in generale, si ha l'impressione di un compitino svolto senza eccessiva passione.
Tra gli attori, si attendeva molto il 'vero' protagonista (anche se non compare poi così tanto), ossia il Cappellaio matto rappresentato da Johnny Depp. In generale, il lavoro è discreto, ma ammetto che mi sembra che si scivoli un po' troppo nella caricatura di se stesso. Magari una versione più malinconica (come il forbicioso Edward) sarebbe stata preferibile, qui invece in certi momenti sembra di vedere Pee-Wee Herman. Per quanto riguarda Mia Wasikowska, se la cava benino nel mostrare l'ingenuità e lo stupore di Alice. E' un'attrice interessante, anche se non la definirei proprio una rivelazione folgorante. Va detto comunque che questi due personaggi funzionano bene insieme, tanto da far rimpiangere il fatto di non vederli maggiormente affiancati.
Anne Hathaway (e/o la Regina Bianca) è invece l'interprete/personaggio che proprio non ho amato. Magari è stata una scelta voluta quella di farla apparire quasi più inquietante della Regina Rossa (anche se, di una sua duplicità di cui si parla nel materiale stampa, in realtà non vedo grande traccia), ma francamente la sua caratterizzazione non infonde né il fascino necessario (peraltro, a me che la adoro qui mi è sembrata bruttina e con un nasone notevole) né una complessità che poteva risultare molto interessante. Meglio quindi Helena Bonham Carter e la sua Regina Rossa, soprattutto nei (purtroppo pochissimi) momenti in cui esce dal facile copione isterico di "tagliate la testa a questo e quello".
Comunque, la dimostrazione perfetta del cinema medio (e non perché sia una media tra picchi estremi e sonore cadute, ma perché non ha nessuna delle due cose, a parte forse la pessima 'deliranza') che è questo film arriva dal 3D. Ora, è ovvio che arrivare subito dopo Avatar provoca paragoni assolutamente ingenerosi e non è certo il caso di caso di parlare di truffa. Tuttavia, la scelta di girare il film in 2D e poi fornirgli un'altra dimensione in postproduzione alla fine dà vita a un... 2,5D, in cui non è ben chiaro quale sia l'esigenza artistica che spinga verso gli occhialetti. Soprattutto, l'impressione è che il risultato finale non sia perfettamente controllato (anche in certi effetti sugli sfondi), tra la voglia di aggiungere qualcosa e il desiderio ovvio di non perdere la classicità burtoniana.
Insomma, tra la pozione che fa diventare minuscoli e la torta che rende giganti, alla fine un equilibrio è stato trovato. Adesso speriamo che il futuro sia in ascesa...