Verticalisti, powered by Verticalismi – Intervista a Stefano Simeone

Verticalisti, powered Verticalismi, ha intervistato Stefano Simeone, autore di Ogni Piccolo Pezzo, Vivi e Vegeta e Long Wei

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Stefano Simeone - 1985, illustratore e fumettista, ha collaborato con Red Bull, Image Comics, Il Mucchio, XL di Repubblica, Sergio Bonelli Editore, Aurea Editoriale, IDW, Arcaia, Piemme (Il battello a vapore) e Mondadori. Con il suo libro d’esordio Semplice (Tunué), vince il premio Romics 2013 Miglior libro italiano e il premio Boscarato 2013 come Autore Rivelazione. A ottobre 2013 esce Ogni piccolo pezzo, per BAO Publishing, che vince a Rimini il premio Smiting per il fumetto. Attualmente è al lavoro sul suo nuovo libro, in uscita nel 2015 per BAO Publishing, e per BOOM! Studios. Parallelamente, si occupa di fiori e ortaggi vari sulle pagine virtuali di Verticalismi, con il progetto Vivi e Vegeta. Vive nell’ala ovest di Villa Wayne (la quale, com’è noto, si trova sulla Tuscolana) con la sua dolce metà.

Ciao Stefano! Grazie per essere con noi. Sei il terzo membro del team Vivi e Vegeta che intervistiamo (dopo Francesco Savino e Roberta Ingranata), come sei stato coinvolto nel progetto? Com’è stato sviluppare il character design e le ambientazioni?

Stefano SimeonePer Vivi e Vegeta l’iter è stato molto poco canonico. Francesco Savino voleva fare una strip in cui un cactus lavorava come portiere in un albergo, ma io non ero d’accordo. Gli ho inviato degli studi con dei fiori umanizzati, c’erano delle calle massoniche, un fiore sgualdrina, un cactus grasso con gli occhiali, l’ho chiamato e gli ho detto “Francè, facciamo un noir con i fiori, ok?”. Lui ha risposto “Ok!”.

Per il character design, è stato molto, molto divertente. Sono partito, ovviamente, dalle forme e dai colori della natura. Molte scelte erano imposte, soprattutto con il tipo di abbigliamento, doveva accordarsi con le caratteristiche del fiore di riferimento.

In ogni caso, Francesco è molto metodico e prodigo di consigli, l’idea che le forme della città ricordassero dei vasi capovolti è sua, io ho dovuto solo metterla in pratica. Anche lì, dato che, almeno nei primi capitoli, piove continuamente, gli elementi che ho inserito sono studiati per avere una colorazione piuttosto neutra, in modo da farli variare in modo estremo in base alle condizioni atmosferiche.

A proposito, chi è il tuo personaggio preferito da disegnare e perché?

Mi sono divertito tantissimo con la trasformazione dei girasoli e in generale con i fiori di contorno, soprattutto per quanto riguarda il dinamismo: usare i petali al posto delle linee cinetiche è un’idea che userò certamente di nuovo, tutto sta a far passare il concetto con gli altri editori “non più uomini, solo fiori.” Per il resto, certamente il più duro è stato Carl, il protagonista. Un occhio anche non troppo esperto noterà che ho familiarizzato a poco a poco con le proporzioni, le espressioni, la postura. In questo senso, mi ha aiutato molto la svolta narrativa di metà stagione. Stesso discorso vale per Nora, la ragazza di Carl.

-Hai in progetto altri Verticalismi, per il futuro?

Ovviamente c’è la seconda stagione di Vivi e Vegeta, che sarà motivo di accese discussioni con il flaccido Savino quanto prima (gli ho fatto troppi complimenti, poi si abitua male). Ci sono altri progetti, alcuni legati all’universo di Vivi e Vegeta. Poi, ci sono le storielle che disegno ogni tanto per svago, quelle le ho sempre fatte, senza una cadenza fissa e soprattutto senza in senso logico. Prima o poi quello verrà da solo, e forse ne farò una raccolta.

Vivi e Vegeta di Stefano Simeone

Come hai intrapreso questa carriera?

Volevo raccontare delle storie, ho studiato regia cinematografica ma mi rendevo conto che il lavoro in team non fosse il mio forte. Ho pensato al fumetto come a uno strumento che ti permette di raccontare in autonomia, relativa velocità e in pratica zero limiti qualsiasi cosa. Ovviamente ne ero un lettore accanito, ma non avevo mai pensato di farne una professione, non avevo mai poggiato una matita su un foglio in vita mia. Un giorno, circa sette anni fa, mi sembra, ero in zona piramide, a Roma, vicino alla vecchia sede della Scuola Internazionale di Comics, notai il cartello alla porta ed entrai, un po’ per gioco, un po’ per necessità. Parecchie tavole dopo eccomi qui.

Parliamo di Ogni piccolo pezzo, graphic novel uscita per BAO Publishing nel 2014. Come è nata l’idea?

Con Ogni piccolo pezzo volevo esplorare l’importanza dei luoghi in relazione ai personaggi e del tempo e della reiterazione applicati alle regole proprie del fumetto. Volevo raccontare una storia che fosse scandita dai momenti nelle vignette, che queste vignette fossero cellule indipendenti di significato autonome o che creassero dei ponti con pagine lontane, con tempi lontanissimi del futuro o del passato. Ovviamente sono partito con delle suggestioni forti, ma la struttura entra fortissima nella narrazione e la influenza in maniera pesante. Quello che ne viene fuori è un labirinto di storie che si intrecciano e che coincidono in più punti, ognuno dipendente da un altro.

La struttura di Ogni piccolo pezzo è complessa, con un intreccio narrativo che si sposta avanti e indietro nel tempo anche nelle spazio di una sola vignetta. Hai mai pensato di sfruttare il mezzo web per ampliare questa possibilità, magari con degli webcomic interattivi?

Non ho ancora finito (non sono nemmeno a metà) di esplorare le possibilità del fumetto classico, già sfruttare lo spazio verticale in Vivi e Vegeta è stata una sfida stimolante e piena di soluzioni sulle quali ancora mi vorrei soffermare. Per risponderti, in questo momento non credo di averne bisogno, credo che il mezzo che uso abbia tutte le risposte, che abbia la musica, gli accenti, i rumori, al linguaggio fumetto non manca niente. Poi, com’è ovvio, sono un fortissimo sostenitore delle sperimentazioni, e se queste un giorno entrassero nel linguaggio canonico ben vengano. Solo, personalmente, i limiti specifici del fumetto mi portano a trovare soluzioni a volte banali a volte più ingegnose, influenzando, com’è giusto che sia, la narrazione stessa, facendo di quella storia una storia che proprio a fumetti ha un senso, un racconto che se fosse un film o un romanzo sarebbe un’altra cosa. Lavoriamo con un linguaggio importante ed immediato, dovremmo imparare dagli altri media delle cose, scambiarcele, ma per me al momento è bello mantenere le peculiarità del fumetto vero e proprio.

Ogni piccolo pezzo di Stefano Simeone

Hai spaziato in diversi campi dell’ambito fumettistico: serie (come Long Wei), graphic novel, illustrazione... C’è qualcosa in particolare che ti piacerebbe approfondire ulteriormente o affrontare?

Da quando ho cominciato mi sono trovato a dividermi tra la cosa che volevo fare all’inizio (ovvero le graphic novel) e il lavorare a cose alle quali non avevo mai pensato prima (anche perché non immaginavo di raggiungere un livello di disegno minimo che mi permettesse di illustrare storie scritte da altri. All’inizio la vedevo come una forzatura, avrei voluto solamente lavorare alle mie cose, ma ero più giovane e (ancora) più stupido: ho capito davvero solo recentemente (e me ne vergogno, è stato un vuoto di un’ignoranza spaventosa) la “bellezza” del disegno, le possibilità è l’importanza di scegliere delle immagini per illustrare una storia.

Ciononostante, la cosa che allo stato attuale mi preme di più è continuare a fare cose mie, oppure a scriverne per altri. In particolare mi sto avvicinando molto alla fantascienza, credo che (come nel discorso di prima sui webcomic interattivi) chiudersi in un genere ben specifico sia una fonte di infinite possibilità.

Chi sono le tue principali fonti di ispirazione?

Daredevil di Stefano SimeoneSono diverse ed estremamente settoriali, dipende dal lavoro che faccio e quasi mai sono visibili a lavoro finito, questo perché sono un cialtrone.

Per i colori del nuovo libro, ad esempio, in principio ho guardato Bastien Vivès: volevo aggiungere segno e togliere colore ed è stato una mano santa.

Per i dialoghi, ammiro la spontaneità di Camilleri e Asimov, soprattutto perché tendo ad essere molto prolisso, quindi qualcosa che mi aiuti ad asciugare trama e dialoghi è sempre ben accetta.

Dal punto di vista delle illustrazioni, quando mi capita di farne, guardo molto Coby Whitmore e Lorenzo Ceccotti, nel senso che li guardo da lontano, capisco quanto siano bravi, sbaglio tutto e cerco di aggiustare con dei filtri terribili che poi tolgo, rimetto, sovrappongo, file, salva con nome, invia, piangi.

Stai preparando un nuovo volume per BAO Publishing, puoi svelarci qualcosa?

Sarà totalmente diverso dal libro precedente (Ogni piccolo pezzo). Stavolta sarà una storia lineare, pensata per essere una favola moderna. L’ho praticamente finito, è molto più lungo dei miei volumi precedenti, sono 310 pagine circa, questo perché, dopo Ogni piccolo pezzo, avevo bisogno di spazio per gestire i silenzi oppure concentrare il ritmo a mio piacimento, restare di più sui personaggi e meno su momenti ben specifici. Per questo, la lettura è molto più scorrevole e rilassata anche rispetto a Semplice, il primo libro che ho fatto. Ho cercato di mettere in pratica quello che ho detto sopra e ho pensato di fare un libro che vorrei leggere la sera prima di addormentarmi oppure in treno, anche se c’è casino.

Ogni piccolo pezzo di Stefano Simeone

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