Venezia 75 - La Ballata di Buster Scruggs, i Coen: "Oggi si girano molti più western di una volta"
Abbiamo incontrato Joel ed Ethan Coen e i protagonisti di La Ballata di Buster Scruggs
Ai Coen abbiamo chiesto subito chiarimenti definitivi circa la natura e lo sviluppo progetto, che in un primissimo momento era stato annunciato come una possibile serie tv. Ecco cosa ci hanno risposto:
Ethan Coen: In verità non è mai stata una serie. Quello che è successo è che le agenzie in un primo momento hanno diffuso la notizia che si sarebbe trattata di una serie, perché si trattava di sei storie diverse e c'era di mezzo Netflix. È stata una loro supposizione errata.
Joel Coen: Il film che mostriamo qui in sala è l'unico, non ci sono state versioni precedenti o alternative. Lo abbiamo concepito così, lo abbiamo sviluppato insieme a Netflix così. È uno strano formato perché sono sei storie breve.Ethan: Diciamo che è un film antologico.
Qual è il vostro rapporto con il genere Western, con i film Western?
Joel Coen: Ricordo un film... c'era un cinema a Minneapolis, dove siamo cresciuti. Avrò avuto 11 anni, ed Ethan aveva 8 anni. Eravamo a casa da scuola perché c'era una festa ebraica, ci infilammo in questo cinema per vedere Invito a una Sparatoria, forse è la prima memoria western.
Ethan Coen: Sì, il proprietario del cinema ci fermò e ci chiese perché non eravamo a scuola. "È una festività ebraica!"
Joel Coen: In realtà finimmo per non vedere molto di quel film! Ci trascinarono nell'ufficio del proprietario!
Ethan Coen: E poi abbiamo visto tanti film Western, moltissimi in televisione. Quelli che ci hanno fatto impazzire ovviamente sono tutti di Sergio Leone.
Mr. Ethan, lei ha pubblicato un libro di racconti brevi. È un formato al quale è abituato. C'è qualche possibilità che pubblichi una nuova raccolta?
Ethan: Forse... ne ho già scritto qualcuno, ma da allora ho rallentato molto, non è facile trovare il tempo. Ma l'unico punto in comune è che si tratta di storie brevi, quelli sono racconti mentre questi sono dei piccoli film.
Nel film c'è quella che sembra una citazione di Sergio Leone: la cittadina di Tucumcari. È un omaggio voluto?
Ethan: Sì, assolutamente sì. Adoriamo Sergio Leone, quel nome è ottimo, rimane in testa e così lo abbiamo scelto.
Il libro che compare nel film è stato creato appositamente?
Joel: Abbiamo realizzato quel film in post-produzione, lo abbiamo proprio confezionato creando le illustrazioni.
Questo film è un western che contiene al suo interno tanti generi diversi. Pensate che il genere vero e proprio del western stia tornando di moda? Pensate sia attuale, soprattutto per raccontare gli Stati Uniti?
Ethan: Uhm. In realtà ci risulta che siano in produzione più prodotti Western oggi che negli anni quaranta, cinquanta, sessanta... Abbiamo girato a Santa Fe, in Nuovo Messico, e c'erano diverse altre produzioni. Sembra che tutti vogliano fare Western: alcuni film, alcune serie tv.
Com'è lavorare con i Coen e cosa vi rimane di più di quest'esperienza?
Harry Melling: Da piccolo passai un'intera settimana a vedere Fratello Dove Sei a ripetizione. Non potevo che essere felice di lavorare con loro, non vedevo l'ora. Ci sono stati momenti memorabili delle riprese del mio segmento, ma la sequenza nel carro con la gallina è quella che ricorderò di più!
Bill Heck: Da piccolo vidi Barton Fink, fu la prima volta che mi resi conto quanto il cinema potesse andare in profondità, quanto il cinema potesse ampliare ed estendere l'immaginazione, dando concretezza alle emozioni facendolo in maniera astratta e fantastica. La mia estetica cinematografica è stata stimolata dai loro film. Non sono molto bravo a scegliere le cose che preferisco, ma devo dire che quando eravamo nella prateria, in questi ranch giganteschi nel Nebraska e c'era un momento di tranquillità, di attesa, durante il set-up... stavamo lì, nel nulla, in mezzo alla natura, isolati da tutti... era una sensazione fantastica.
Tim Blake Nelson: La cosa bella di lavorare con i fratelli Coen anche questa volta è che noi, in quanto attori, ci fidiamo di loro. Sappiamo di essere in mani attente e accorte non soltanto alla nostra performance, ma anche a come il film finirà per essere, per diventare. Dal punto di vista dell'attore, questo è molto liberatorio perché consente di rischiare, di osare: si ha la certezza che errori e fallimenti non finiranno sullo schermo. Questo permette di osare molto più di quanto si farebbe in altre situazioni. Ecco perché gli attori brillano nei loro film: possono rischiare, spingersi più in là. Il momento preferito è quello di assistere all'anteprima mondiale del film qui a Venezia.
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