Venezia 75 - Cuarón su Roma e Netflix: "la longevità del film è ciò che conta"
Il nostro incontro con Alfonso Cuarón alla presentazione di Roma al Festival di Venezia
Non solo è regista, sceneggiatore, produttore e direttore della fotografia ma proprio tutto il film è preso dalla rielaborazione dei suoi ricordi o, per dirla come dice lui, “Il 90% delle scene del film vengono dalla mia vita e dalla memoria della vera Cleo [il personaggio protagonista ndr]”.
“Il punto di tutto questo dialogo con la memoria è per me visitare quel tempo passato di tanti anni fa ma con la prospettiva di oggi. Almeno il 70% dei mobili sono originali, appartenuti ai membri della mia famiglia e la strada che si vede è quella della mia infanzia come anche la casa o la fattoria dove si festeggia il nuovo anno, dove lo festeggiai davvero. Anche il luogo dove avviene il massacro è quello vero, il negozio di mobili ora è una palestra ma l’abbiamo ritrasformato com’era”
“Perché sto diventando vecchio”
Dici che il 90% viene da veri ricordi ma in questo film c’è un pezzo che viene dritto dal tuo cinema di finzione, quando i protagonisti cercano di salvare un nascituro in pericolo…
“Quella scena è vera, eravamo al mare e sul serio rischiavo di affogare quando…”
Scusa, no, è un’altra la scena in questione [Cuaron non aveva voluto usare la traduzione pur parlando e capendo l'italiano non perfettamente]
“Quale?”
Nel film a un certo punto c’è la scena del massacro in strada che è in tutto e per tutto una scena di guerra con spari esplosioni e morti, e c’è una donna incinta che con i protagonisti cerca di salvare il bambino che sta per nascere… Ricorda abbastanza I Figli Degli Uomini no? È anche filmato in una maniera molto simile.
[sbarra gli occhi]
“O mio Dio…. Non me n’ero accorto. In effetti è vero”.
Ma quindi è un fatto vero quello? Uno che tu 12 anni fa hai messo hai usato per I Figli Degli Uomini?
“Sì e no. L’elemento in sé non è autobiografico ma ho il ricordo di quegli eventi e così lo ricostruisco. La cosa che mi preme molto nel film è parlare di una mia cicatrice personale ed emotiva, in un periodo in cui si è formata anche una cicatrice per il paese, una sociale, il massacro del Corpus Christi”.
Hai davvero girato tutto in continuità, cioè girando le scene nell’ordine in cui sono nel film?
“Sì è vero e non solo, abbiamo girato senza sceneggiatura, ogni giorno decidevamo le scene e le comunicavo agli attori. Di fatto nessuno sapeva cosa facessero gli altri, parlavo ai ragazzi e gli dicevo “Fate qualcosa”, allora una persona trovava il suo dialogo, un ragazzo magari iniziava a litigare, tutto imprevedibile. So bene che il processo di recitazione è fatto di controllo dello spazio e delle risposte, e so di averglielo sottratto, trovo per questo eroico quel che hanno fatto le mie due attrici”.
Ti dispiace che il film verrà visto più sui televisori che sui cinema visto che è distribuito da Netflix?
“Io davvero non capisco questa questione Netflix. Per me il cinema può uscire dove gli pare, l’ho girato in 65mm e suono Atmos ed è pieno di effetti visivi, al cinema ci sta benissimo e ammetto di preferire il grande schermo, ma so che tanta gente al cinema non ci va (per motivi di tempo o disponibilità) e va bene anche questo. Quand’è stata l’ultima volta che hai visto un film di Ingmar Bergman in sala? Probabilmente molto tempo fa ma non importa, la longevità del film è ciò che conta e in questo la piattaforma fornisce uno strumento meraviglioso”
Roma uscirà il 14 dicembre su Netflix.
Trovate tutte le notizie, le recensioni e le informazioni sul festival nel nostro speciale.