Umberto Contarello: "Al cinema vedo solo quello che so che mi piacerà. Mettimi alla prova!"

In occasione del Roma Fiction Fest abbiamo incontrato il grande sceneggiatore Umberto Contarello

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

Ha vinto un premio Oscar con La Grande Bellezza ma con Paolo Sorrentino già aveva scritto This Must Be The Place e poi ha lavorato a The Young Pope.

Umberto Contarello, giurato del Roma Fiction Fest, è uno dei protagonisti non solo della scrittura per cinema e tv italiani ma mondiali. Uno che, al pari di Sorrentino, ha le idee molto chiare su quale cinema gli piaccia e quale no. Un ex-onnivoro di cinema che ora sceglie con grande accuratezza cosa guardare.

Durante una lunga conversazione avuta con lui, abbiamo toccato anche il tema della sua dieta mediatica tra cinema e tv.

Per anni sono andato molto molto al cinema, erano anni in cui cominciavo a fare questo lavoro come lo faccio anche adesso. Pensavo che bisognasse vedere tutto, ed era giusto. Ora vado più raramente al cinema e vado a vedere sostanzialmente quello che già so che mi piace. Non riesco più a reggere qualcosa che non mi piace. Il mio livello di tolleranza alla bellezza e alla qualità è sceso. Progressivamente sempre di più so cosa vado a vedere e so che mi piacerà e devo dire che proprio per questo pregiudizio tutto quel che ho deciso di andare a vedere mi sono piaciute molto.

Non teme di perdersi qualcosa?

Non credo, anzi ti dico: no. Perché se c’è qualcosa di ottimo lo vengo a sapere. Magari ho perso qualcosa di buono ma non di ottimo. Tanto di buoni film ne ho visti così tanti… E poi non mi interessano i film buoni, non ci vuole molto a farli. L’importante sono quelli eccellenti e non ne ho perso uno. Mettiti alla prova dimmi un capolavoro che dovrei aver visto.

Il primo che direi, considerato anche il tipo di scrittura che predilige sarebbe Boyhood.

L’ho amato molto. Mi ha ricordato molto Cassavetes, penso che sia uno dei film degli ultimi anni che mi hanno decisamente colpito, ma sono tipo 4. Ricordo che mi chiamò Paolo dopo averlo visto e mi consigliò di andarlo a vedere subito. Perché c’è quell’idea di filmare ciò che non serve a niente e lì spesso si annida un’incomprensibile capacità di fare poesia. Poi la poesia non si cerca e non si persegue eh, è semmai un risultato finale di quel che si fa, intendo dire che gli attimi che somigliano all’emozione poetica, quasi sempre avvengono in un interstizio degli accadimenti.

Invece Inside Out, il film d’animazione Pixar?

Ecco quello non lo sono andato a vedere proprio. Ma non per l’animazione, anzi io adoro Fantastic Mr. Fox, per non parlare di Miyazaki che so a memoria. Ma quello ha gli elementi che detesto, perché è un film che si basa non su un’idea ma su un concetto apparentemente acuto, si basa quindi su una trovata, non un’idea. Poi si basa su un’idea della psicologia che è pedestre, nel senso che tende a chiarire e spettacolarizzare esattamente quello che va tenuto nascosto, cioè il sistema emotivo di una persona. Probabilmente l’avrei anche detestato anche per la sua velleità di essere estremamente popolare e godibile ma anche estremamente intelligente e metaforico. Ha tutte le caratteristiche dei film che detesto.
Ma puoi provare con un altro film.

Vizio di Forma, di Paul Thomas Anderson tratto da Pynchon?

Madonna certo che l’ho visto. Lui è un autore che seguo tutto e mi piace moltissimo. Lui credo che sia l’erede moderno della storia della letteratura americana, ha una specie di grandezza unica. È l’unico che sa governare una bestia maledetta che è l’epos, sa essere epico in modo moderno.
Quello che però non indovinerai invece è quale sia l’ultimo film che considero enorme.

Tutti vogliono qualcosa?

No.
È dell’anno scorso ed è passato molto inosservato per quanto credo sia stato anche candidato all’Oscar…

...

Quello è un film di cui non ti so dire perché è così bello. È un film in cui c’è dello sport.

L’arte di vincere?

No è uno sport mai visto al cinema e tratto da una storia vera.

Aaaaahhhh! Ho capito. Foxcatcher!

Bravo! Quello è un capolavoro. Per me ogni film è fatto principalmente di un liquido in cui è immerso, ognuno ha il suo liquido e quel film lì è immerso in un liquido che è sublime e il liquido è quello che corrisponde in un acquario alla distanza tra te e quel che vedi. Quanta distanza c’è tra me e quella sedia? Ecco il film sta lì in mezzo e quel film lì è immerso ad una distanza e ad un liquido che a me e Paolo ci ha fatto impazzire. Usando il massimo del materiale realistico raggiunge il risultato più metafisico ed astratto che c’è. Usando peraltro la cosa più fisica e concreta che c’è: i corpi. Mi ha intontito di bellezza. Ma l’ultimo ultimo è quello di Tom Ford, Animali Notturni.

C’è un film o un racconto televisivo che vorrebbe fare?

Beh bene o male ho fatto quel che volevo. Ma ho un grandissimo desiderio, anche un po’ più di desiderio ma ancora non è concreto. È quello di scrivere una gran bella vicenda importante e di gran peso che serva a raccontare Milano adesso. Sono molto innamorato di Milano e voglio assolutamente fare una grande storia a Milano.

Non sarà mica quel film su Berlusconi che pareva dovesse fare Sorrentino

No no, non c’entra niente, nulla proprio.
Non ce ne siamo ancora accorti ma Milano ha una bellezza e una forza unica, è la vera grande città. Milano può nel tempo diventare una città che può essere trattata come New York, ha i connotati dell’avventura umana moderna. Ci sono delle vicende che possono accadere solo lì, è l’unica città italiana di cui puoi dire questo perché solitamente ogni vicenda può essere ambientata ovunque. Perché contiene pienamente tutti i mondi o quantomeno molti mondi antropologici, soprattutto è una città che sta vivendo una forma di dinamismo formidabile e anche le vicende vivono naturalmente di una forma dinamica.

Continua a leggere su BadTaste