The Brutalist, Brady Corbet difende la durata: "Questo film fa tutto quello che ci è stato detto di non fare"

Brady Corbet ha presentato The Brutalist al Festival di Venezia insieme al cast e ha difeso appassionatamente la sua durata

Mi occupo di Badtaste dal 2004 con l'aiuto di un grande team.


Condividi

L'eccitazione è palpabile in sala stampa quando entra il cast di The Brutalist: è ancora viva l'emozione della serata di ieri in Sala Darsena, con una proiezione fiume di più di tre ore e mezza in pellicola 70mm (con intervallo da 15 minuti in cui metà del pubblico è corso a fumare e a discutere animatamente di ciò che stava vedendo).

A guidare il ricchissimo cast composto da Adrien Brody, Felicity Jones, Guy Pearce, Raffey Cassidy, Joe Alwyn, Emma Laird, Alessandro Nivola, Stacy Martin e Isaach De Bankolé c'è lui, Brady Corbet, ex attore qui alla sua terza regia con un progetto che ha lottato per portare a termine nell'arco di quasi un decennio assieme alla moglie e partner professionale Mona Fastvold. La maggior parte delle domande sono per lui, che è visibilmente agitato e commosso, e che non può non ringraziare apertamente un Festival di Venezia che lo ha valorizzato fin da L'infanzia di un leader (Orizzonti), poi con Vox Lux (Concorso) e ora con l'imponente The Brutalist.

"È stato un film veramente difficile da realizzare. Sono molto emotivo oggi, perché ci lavoro direttamente da sette anni, ed è stata la mia priorità per la maggior parte di questo decennio. Sono molto grato a chi ha passato 3 ore e mezza vedendo questo film in sala. Questo film fa tutto quello che ci è stato detto di non fare", spiega Corbet, incluso durare 215 minuti più un intervallo. "Penso che sia assurdo parlare, oggi come oggi, della durata di un film, perché è come criticare un libro che dura 700 pagine invece che solo 100. Ho letto romanzi incredibili divisi in più volumi, ho letto capolavori della letteratura. Io non lo so, magari il prossimo film durerà 45 minuti, e dovrei avere la possibilità di farlo, tutti dovrebbero. L'idea di dover rientrare in una scatola è folle. Dovremmo aver superato queste cose, nel 2024. Come ha detto una volta saggiamente Harmony Korine, il cinema è fermo nel canale del parto. Sono d'accordo con lui, dovremmo aiutarlo a uscire". Corbet chiarisce poi il motivo per cui non ha scelto una miniserie come formato espressivo: "Nella mia esperienza, la televisione non è un mezzo in mano agli scrittori, ma un mezzo in mano ai dirigenti".

A fare eco a Corbet sulla durata del film anche uno dei protagonisti, Isaach de Bankolé, che interpreta un senzatetto con cui il protagonista Laszló Thót (Adrien Brody) stringerà una solida amicizia e che poi lo aiuterà nella costruzione dell'immenso centro polifunzionale da lui progettato: "La durata di un film non ha nulla a che vedere con la storia della vita. La vita può essere corta o lunga, dipende da come la viviamo".

Brody paragona la vicenda del protagonista a quella di sua madre, Sylvia Plachy, fotografa ungherese emigrata negli Stati Uniti durante la Rivoluzione negli anni cinquanta: "Proprio come lui, ha perso la sua casa e ha cercato di continuare a essere un'artista. Capisco benissimo le ripercussioni di tutto ciò sulla sua vita e sul suo lavoro come artista. Il film è finzione, ma sembra estremamente reale per me".

Una vicenda lunga una vita, in un film imponente che tuttavia è costato poco, anzi pochissimo, come sottolinea Corbet: "È tutto merito della nostra scenografa, Judy Becker, che ha lavorato a film come Brokeback Mountain e Carol. È incredibile, ha capito perfettamente il compito lavorando con costi bassissimi. È un film a basso budget. Lei e il nostro direttore della fotografia, Lol Crawley, hanno migliorato la mia esperienza come regista: vediamo il mondo in maniera molto simile, e il risultato sullo schermo è un testamento del loro lavoro".

L'accoglienza della critica sembra sia stata decisamente positiva. Questo, insieme a un'eventuale presenza nel palmarés veneziano, potrebbe contribuire a una distribuzione più ampia del film, che comunque è già sostenuta a Focus Features (etichetta della major Universal Pictures). La speranza è che possa arrivare anche da noi nello speciale formato in pellicola 70mm, con cui è stato girato per meglio incarnare lo spirito e l'estetica degli anni che racconta.

Continua a leggere su BadTaste