The Brutalist, Brady Corbet difende la durata: "Questo film fa tutto quello che ci è stato detto di non fare"
Brady Corbet ha presentato The Brutalist al Festival di Venezia insieme al cast e ha difeso appassionatamente la sua durata
L'eccitazione è palpabile in sala stampa quando entra il cast di The Brutalist: è ancora viva l'emozione della serata di ieri in Sala Darsena, con una proiezione fiume di più di tre ore e mezza in pellicola 70mm (con intervallo da 15 minuti in cui metà del pubblico è corso a fumare e a discutere animatamente di ciò che stava vedendo).
"È stato un film veramente difficile da realizzare. Sono molto emotivo oggi, perché ci lavoro direttamente da sette anni, ed è stata la mia priorità per la maggior parte di questo decennio. Sono molto grato a chi ha passato 3 ore e mezza vedendo questo film in sala. Questo film fa tutto quello che ci è stato detto di non fare", spiega Corbet, incluso durare 215 minuti più un intervallo. "Penso che sia assurdo parlare, oggi come oggi, della durata di un film, perché è come criticare un libro che dura 700 pagine invece che solo 100. Ho letto romanzi incredibili divisi in più volumi, ho letto capolavori della letteratura. Io non lo so, magari il prossimo film durerà 45 minuti, e dovrei avere la possibilità di farlo, tutti dovrebbero. L'idea di dover rientrare in una scatola è folle. Dovremmo aver superato queste cose, nel 2024. Come ha detto una volta saggiamente Harmony Korine, il cinema è fermo nel canale del parto. Sono d'accordo con lui, dovremmo aiutarlo a uscire". Corbet chiarisce poi il motivo per cui non ha scelto una miniserie come formato espressivo: "Nella mia esperienza, la televisione non è un mezzo in mano agli scrittori, ma un mezzo in mano ai dirigenti".
A fare eco a Corbet sulla durata del film anche uno dei protagonisti, Isaach de Bankolé, che interpreta un senzatetto con cui il protagonista Laszló Thót (Adrien Brody) stringerà una solida amicizia e che poi lo aiuterà nella costruzione dell'immenso centro polifunzionale da lui progettato: "La durata di un film non ha nulla a che vedere con la storia della vita. La vita può essere corta o lunga, dipende da come la viviamo".
Una vicenda lunga una vita, in un film imponente che tuttavia è costato poco, anzi pochissimo, come sottolinea Corbet: "È tutto merito della nostra scenografa, Judy Becker, che ha lavorato a film come Brokeback Mountain e Carol. È incredibile, ha capito perfettamente il compito lavorando con costi bassissimi. È un film a basso budget. Lei e il nostro direttore della fotografia, Lol Crawley, hanno migliorato la mia esperienza come regista: vediamo il mondo in maniera molto simile, e il risultato sullo schermo è un testamento del loro lavoro".
L'accoglienza della critica sembra sia stata decisamente positiva. Questo, insieme a un'eventuale presenza nel palmarés veneziano, potrebbe contribuire a una distribuzione più ampia del film, che comunque è già sostenuta a Focus Features (etichetta della major Universal Pictures). La speranza è che possa arrivare anche da noi nello speciale formato in pellicola 70mm, con cui è stato girato per meglio incarnare lo spirito e l'estetica degli anni che racconta.