Stefano Sollima sul set di Adagio: "Adesso possiamo fare quello che vogliamo e lo stiamo facendo"

Durante la visita sul set di Adagio, Stefano Sollima ha parlato di cosa sarebbe stato il film e di come sia cambiato il cinema in Italia

Critico e giornalista cinematografico


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Durante la produzione diAdagio, film primo film italiano dopo 10 anni di produzioni internazionali, Stefano Sollima riflette su quanto sia cambiata l'industria italiana

Un anno fa siamo stati sul set di Adagio, nella notte in cui si giravano alcune scene d’azione del finale, come vi abbiamo già raccontato. In quell’occasione abbiamo potuto parlare con Stefano Sollima e alcune delle persone chiave della produzione. L’intervista che segue è stata realizzata all’epoca, prima che fosse noto che il film sarebbe stato a Venezia e prima ancora di conoscere la trama.

Per il primo film italiano di Stefano Sollima da circa 10 anni a questa parte le domande erano molte ma una che non ha niente a che vedere con il film in sé preme forte per essere la prima, una che è sorta spontanea non appena è stato comunicato che in questo film recitano Pierfrancesco Favino, Toni Servillo e Valerio Mastandrea.

Chi tra loro sa portare meglio la pistola?

“Io. Sempre io. Loro so’ ragazzi….”

Bene. Ora possiamo iniziare. Adesso che sei tornato in Italia hai notato cambiamenti nella produzione italiana rispetto a quando te ne sei andato?

“Prima di tutto vorrei precisare che io non me ne sono andato e non sono tornato. Io ho sempre vissuto a Roma in questi anni, all’estero ci andavo per fare dei singoli lavori. Poi tornavo. L’unico ritorno è semmai quello a lavorare in una produzione italiana, una storia in italiano, ambientata a Roma. Che è molto meglio, se posso dire, perché posso fare i sopralluoghi in motorino. Vuoi mettere?”.

Lo stesso, hai trovato cambiamenti nella maniera in cui i film sono prodotti?

“È cambiato tutto. Tutto! Pensa che quando iniziammo a fare Romanzo criminale, stendevano i fili per fare le esplosioni. Le società di effetti speciali non erano dotate dei sistemi per farlo senza fili. Non c’era grande richiesta e a noleggiare l’attrezzatura erano due compagnie in tutta Roma, non c’erano proprio i mezzi. Da quando li abbiamo usati intensivamente noi hanno iniziato a comprarsi i telecomandi per farlo senza fili. Ora Luca Ricci, che è uno di quelli che era un giovane all’epoca e non possedeva una grande attrezzatura, lavora in tutti i film americani che vengono girati qui. Dunque se devo girare una scena articolata con effetti visivi e stunt, adesso c’è tutto. Un tempo se chiedevi gli stuntmen per una scena arrivavano dei signori di 93 anni. Non era una professione che veniva in mente ai più giovani, ora invece ce ne stanno un sacco. Adesso finalmente possiamo fare quello che ci pare in Italia. E lo stiamo facendo”.

Questa storia ha di nuovo dei criminali degli anni ‘70, è un tipo di storia criminale a cui evidentemente tieni molto..

“L’idea è di chiudere una trilogia che ha Romanzo criminale come capitolo iniziale, è proseguita con Suburra e ora finisce con questo film ambientato nel presente che guarda che fine abbiano fatto i sopravvissuti di quell’epoca del crimine. Non quelli che sono andati avanti e sono diventati protagonisti della scena criminale (come faceva Suburra) ma quelli usciti dal giro. I relitti”.

È una parabola questa dei tre film che era premeditata?

“Non proprio, però questa idea ce l’avevo in testa da un po’ di tempo. Nell’ultimo anno abbiamo cominciato a condividere il soggetto con la produzione e abbiamo montato il film anche abbastanza rapidamente”.

Racconti come è cambiata la criminalità?

“No, la nostra storia è quella di tre persone che un tempo erano in una banda, erano rispettati, temuti, riconosciuti e ricchi. Oggi sono altro. La base della trama è criminale ma lo sviluppo è altro”.

Ok ma a che genere appartiene?

“E che ne so! Non sono bravo a dare un’etichetta di genere a quel che faccio. Ti posso dire per certo che non è un musical! Che non ci sono cavalli e che non si baciano tanto, quindi… So che è un’evoluzione di quel che avevamo fatto in Romanzo criminale e Suburra, e i protagonisti sono anche più avanti negli anni rispetto all’età degli attori. E come tutti i residuati di quel periodo sono totalmente scollegati dal tessuto urbano e dalla realtà….”.

E soprattutto c’è una specie di esordio: Toni Servillo in un film criminale.

“Con Toni non avevo mai lavorato. Lui è fantastico, sta in un genere che non ha mai frequentato e devo dire che si è dato molto. Non è stato facile eh”.

Perché “Adagio”?

Adagio riflette non tanto il ritmo del film ma quello dei tre protagonisti e poi è una parola italiana che non sarebbe storpiata nel mercato internazionale. E il mercato internazionale è qualcosa a cui abbiamo pensato. Infine, è il tempo musicale dei tre protagonisti”.

Adagio esce al cinema il 14 dicembre.

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