Sotto il segno dell'ecclettismo: la carriera al cinema di Stefano Lodovichi, da Aquadro a La stanza
Stefano Lodovichi ci parla della sua carriera al cinema, segnata dall'ecclettismo: dal teen movie Aquadro all'horror La stanza
L'esordio con Aquadro
Neanche trentenne, Lodovichi esordisce con Aquadro, lungometraggio prodotto da RAI Cinema all'interno di un ciclo che puntava sul genere e sul boom dei filmmakers provenienti da YouTube. Il film, l'unico della serie a essere arrivato in sala, narra di Amanda e Alberto, due sedicenni che si fidanzano durante una gita. La loro storia è fatta di videochiamate e messaggini, ma dietro la normalità il ragazzo nasconde una passione per la pornografia sul web.
Il film nasce da casi di cronaca realmente accaduti. Con Davide Orsini (il co-sceneggiatore), volevamo mettere a fuoco il più possibile il problema, facendoci tante domande. Volevo essere onesto con la generazione che stavo abbandonando: a 29 anni riuscivo a capire teenager, ma mi venivano dei dubbi. Nella regia, ho preso come modello quanto fatto da Spielberg nella prima parte di E.T.: la macchina da presa è in basso per rispettare il punto di vista dei ragazzini, del poliziotto vedi solo il moschettone. In Aquadro ho direttamente escluso gli adulti dall'inquadratura: sentiamo solo la loro voce nel fuoricampo.
L'assenza di un reale campo/controcampo trasmette l'idea dell'assenza di un contatto reale tra loro, il fatto che i genitori non capiscono i propri figli. Il vuoto educativo che ne consegue porta i giovani a rimanere da soli di fronte a un'arma senza avere gli strumenti per sapere come usarla. L'educazione sessuale attraverso il porno fa arrivare alle prime esperienze con aspettative enormi, fino a avvelenare un momento meraviglioso. Ai nostri tempi, la condivisione della pornografia si faceva con i giornalini, dove c'erano solo fotografie o disegni, che lasciavano spazio all'immaginazione di andare oltre. Oggi la fantasia non è più sviluppata, perché tutto è dato, e ogni cosa si impara dai tutorial, non dai genitori. Ne viene meno la loro eredità e il legame tra generazioni, col rischio di vivere solo il presente.
L'affermazione con La stanza
Dopo il thriller In fondo al bosco (uno dei primi film original Sky) e la prima esperienza in televisione con la serie Il cacciatore, nel 2021 dirige La stanza, horror arrivato direttamente su Prime Video. Mentre Stella sta per togliersi la vita, uno sconosciuto bussa alla sua porta dicendo che ha prenotato una stanza per la notte. Sorpresa ma affascinata da quest'uomo che sembra conoscerla fino troppo bene, la donna decide di farlo entrare.
La stanza era un film che volevo fare perché ne avevo bisogno a livello di pancia. Nasce anche da traumi personali, come la scomparsa di mia madre l'anno prima, che mi ha portato a confrontarmi con la memoria di chi non c'è più. Quest'assenza ti spinge a farti domande con la speranza di trovare le risposte migliori per te. Non potevo non fare un film sulla memoria e sul tempo: ho sempre amato profondamente Tarkovskij, il suo modo di raccontare l'attraversamento dello spazio e del tempo sfruttando ad esempio l'acqua. Volevo raccontare l'incontro disperato tra un figlio e la madre morta. Inizialmente, l'idea era realizzare un documentario sul fenomeno degli hikikomori [adolescenti che decidono di isolarsi completamente dalla vita sociale per lungo tempo], che poi è diventato altro. Ringrazio Francesco Agostini che lo ha scritto con me, prendendomi per mano e portandomi nella direzione a cui siamo giunti alla fine.
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