Speravo de morì prima spiegato dallo sceneggiatore: "Totti è l'antieroe perfetto, ha tutto ma è pieno di difetti"

Stefano Bises, che ha guidato la squadra di sceneggiatori di Speravo de morì prima, spiega come hanno scelto la commedia e come hanno trasformato una persona in personaggio

Critico e giornalista cinematografico


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Speravo de morì prima spiegato dallo sceneggiatore: "Totti è l'antieroe perfetto, ha tutto ma è pieno di difetti"

Francesco Totti è l’antieroe perfetto” dice Stefano Bises, sceneggiatore noto per il genere (inizia con La Squadra e tutte le fiction poliziesche, salta subito sul treno di Gomorra e poi adatta Il miracolo di Ammaniti e collabora a ZeroZeroZero) un po’ meno avvezzo alle commedie che invece ha piegato la storia di Totti ad una serie piena di humor che non somiglia a nient’altro: “Totti è un antieroe e non lo si può raccontare tramite la solita retorica sportiva, non gli appartiene proprio. Ne è così consapevole da lasciarsi prendere in giro, anche perché poi nella serie ci prendiamo in giro tutti, noi tifosi e il mondo del calcio assieme a lui. Una cosa proprio romana: affermare sempre che tutto è relativo”.

Bises è reduce dalla scrittura di The New Pope, il cui umorismo un po’ grottesco e carico ogni tanto sbuca in Speravo de morì prima, di cui è sceneggiatore (assieme a Maurizio Careddu e Michele Astori). A partire dal libro Un Capitano di Paolo Condò i tre hanno trovato la maniera di trasformare quella vita in una serie tv. Il risultato sono gli ultimi due anni di carriera usati per leggere una vita professionale e una parabola umana al tempo stesso strana e comune.

“La storia del suo ultimo anno e mezzo di carriera è una storia che ci riguarda tutti e per quello mi affascina. È il rapporto con la fine, un’esperienza che in campi diversi dal sentimentale al lavorativo tutti devono affrontare. Sappiamo quanto è dolorosa e tragica una fine, come una perdita. Per questo personaggio in particolare la fine era una montagna da scalare che non riusciva nemmeno a guardare, questo è secondo me il senso vero di questa storia. E ci voleva la commedia perché non è una morte o una lacerazione intrinsecamente drammatica, solo per il personaggio è gigantesca. Lui ha avuto il coraggio di dire a tutti “Ho paura” cosa non comune nello sport “Che succede domani? Non so se riesco a diventare grande” e l’ho trovato struggente”.

Non è solo una serie in forma di commedia però, è una serie che fa commedia usando l’umorismo di Totti!

“È lui che ci guida e quindi dovevamo acquisirlo per forza, era l’unico modo di raccontare la sua vita, con il suo tono disincantato spesso autoironico, a volte disarmato”

speravo de morì prima bisesCome l’avete acquisito? Dal libro di Paolo Condò o sei anche tifoso e quindi lo conoscevi da prima?

“Io sono tifoso ma devo dire che quello è un tono tipico romano, l’ho sentito subito familiare. È bastato passare un po’ di tempo con lui, gli amici e i genitori perché quella lingua ci arrivasse immediatamente naturale e fluida. Poi l’impressione è enfatizzata credo anche dal fatto che Pietro Castellitto è formidabile a restituirlo in quel modo. Rende credibili anche cose che Francesco non direbbe”.

Per farne una commedia però avete dovuto enfatizzare quel processo tipico dei biografici, la trasformazione di una persona in un personaggio. Per giunta poi l’avete fatto con qualcuno non solo ancora vivo ma più o meno della stessa età del personaggio raccontato…

“Quella è stata l’impresa più delicata perché devi sia maneggiare una persona realmente esistente e i suoi sentimenti, uno vivo accanto a te che può dirti “Ma come ti permetti”?, sia trattarlo come faresti con qualsiasi altro personaggio di finzione. Ha aiutato conoscere bene la sua biografia grazie al libro ma essendo un racconto fatto da lui più che altro questo processo l’abbiamo affrontato adottando il suo sguardo su tutti. La serie è come se fosse un continuo di soggettive, anche i personaggi sono raccontati senza di lui. Tutto è filtrato dal sentimento di Francesco verso quelle persone. Questo spiega anche lo Spalletti raccontato in questa maniera, è lo Spalletti che racconta Francesco”.

Parlandone da personaggio secondo te Francesco Totti a che archetipo narrativo risponde?

“Lui è il sogno di tutti i raccontatori, quell’eroe che però è zeppo di fragilità, difetti, imperfezioni e magagne per cui è facile affezionarcisi. Ha avuto una vita da sogno, è bellissimo, ha il dono del calcio, una bella moglie, una famiglia e ovviamente molti soldi. È facile che stia antipatico, perché ha tutto, però la vita lo ha riempito anche di difetti e fragilità. La grandezza del suo personaggio sta nel fatto che questi difetti non li nasconde”.

Tutte le notizie sono nella scheda della serie.

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