Gli Anelli del Potere: Ted Nasmith spiega perché ha apprezzato la serie a Lucca Comics & Games
A Lucca Comics & Games abbiamo parlato con l'illustratore tolkieniano Ted Nasmith, che ha detto la sua su Gli Anelli del Potere
Uno degli ospiti d'onore dell'edizione 2022 di Lucca Comics & Games è Ted Nasmith, illustratore di fama mondiale specializzato in particolare nelle opere di Tolkien, che ha firmato il poster ufficiale di quest'edizione della manifestazione toscana.
Pittore paesaggista e appassionato di fantasy fin da ragazzo, Nasmith è tra i pochi illustratori ad aver contatto (indiretto) con J.R.R. Tolkien, l'anno prima della sua morte, come ha raccontato in apertura dell'incontro:
Scrissi all'editore Allen & Unwin, avrò avuto 14 o 15 anni. Avevo letto Il Signore degli Anelli, e presumo anche Lo Hobbit anche se non ricordo bene. Era l'età giusta per assorbire l'impatto e il significato delle opere di Tolkien, che infatti furono una rivelazione per me, e così decisi di inviargli delle prove. Tramite il suo editore mi fece avere una lettera molto bella, incoraggiandomi a continuare a dipingere. Fu una lettera davvero liberatoria per un giovane artista come me. All'epoca ero appassionato di auto e di illustrazione pubblicitaria, pensavo mi sarei limitato all'automotive nella mia carriera, ma questo scambio mi stimolò ad ampliare i miei orizzonti pensando al paesaggio e al fantasy, aprendomi poi tantissime possibilità.
Sono abituato a utilizzare media tradizionali, amo questo processo creativo e la sua estetica, anche perché appartiene a una tradizione secolare che credo continuerà ancora a lungo. Quando arrivò la fotografia, nel ventesimo secolo, si pensò che avrebbe soppiantato l'illustrazione, ma non fu così. Ora si pensa che il diseno digitale soppianterà il disegno tradizionale, ma non ne sarei tanto sicuro. Non sono mai stato interessato a imparare a utilizzare questo tipo di tecniche, perché ritengo che un dipinto rappresenti un artefatto unico e irripetibile, è un oggetto fisico che resta, che è tangibile. Un'opera digitale rimane legata a un software, certo ha i suoi vantaggi in termini di spedizione e rielaborazione, ma per me non ha la stessa sostanza, lo stesso significato. Se un giorno non dovessi avere più successo come pittore tradizionale non escludo di convertirmi, ma per ora va benissimo così.
L'uscita de Il Signore degli Anelli: gli Anelli del Potere ha riacceso le polemiche tra gli appassionati di Tolkien, che si sono ritrovati nuovamente divisi tra chi giudica adattamenti come quello di Prime Video dei veri e propri "tradimenti" dell'opera originale, e chi invece ne apprezza la capacità di rielaborare tematiche Tolkieniane in un nuovo medium e con un linguaggio contemporaneo. Abbiamo chiesto a Nasmith quali sono le sue impressioni sull'argomento, essendo abituato, come illustratore, a offrire una sua interpretazione del mondo di Tolkien al grande pubblico:
Sono abituato a osservare molto il lavoro altrui, a volte lavoro addirittura come reazione a opere altrui. È facile dare la propria interpretazione dei personaggi di Tolkien, perché non pone troppi limiti alla fantasia (mancando delle descrizioni precise di dettagli come la barba o le capigliature). Altri artisti, quindi, hanno le loro idee. Io scelgo sempre di seguire un certo standard, mantenendomi il più fedele possibile a Tolkien, anche se negli ultimi anni mi sono rilassato - per molti anni sono stato davvero molto attento. Ma mi baso anche molto sul feedback: spesso il mio lavoro, come quello di altri, è stato al centro del dibattito su come sia giusto raffigurare l'opera Tolkieniana. Ma ritengo che un artista abbia diritto alla sua indipendenza, scegliendo poi se rientrare o meno in questo dibattito sulla fedeltà al materiale originale. Non c'è nulla di male a uscire dal seminato. Questa conversazione mantiene vivo ancora oggi Tolkien. Col tempo sarà il consenso generale, poi, a rendere un'interpretazione più o meno accettabile nella sua autenticità e nel suo incarnare lo spirito Tolkieniano. È troppo restrittivo porsi dei limiti, bisogna prendere questa conversazione come qualcosa di vivo. Lo stesso Tolkien non voleva che tutti capissero la stessa identica cosa dalle sue opere. Capiva la natura di ciò che lui stesso stava facendo, visto che a sua volta prendeva spunto da fonti che poi rielaborava. Secondo me non c'è nulla di male a prendersi delle libertà. Tolkien non amava gli sciocchi e non apprezzava che gli si venisse a chiedere come si doveva raffigurare un suo personaggio: tutti gli spunti ci sono già nelle sue opere.
Da qui si è arrivati, inevitabilmente, a parlare dei film di Peter Jackson e della serie Gli Anelli del Potere:
Anche i film di Peter Jackson mi sono stati d'ispirazione negli anni. Quando uscirono mi furono utilissimi per capire, in particolare, come raffigurare certi costumi. Risolsero, per esempio, l'annoso problema sul quale mi ero scervellato: come indossare un mantello con un sacco in spalla? Dove mettere gli spalloni?
Al momento ci sono molte controversie legate a come Gli Anelli del Potere sia, in sostanza, una specie di fan fiction. Ma io non capisco perché quella dovrebbe essere una definizione negativa. Per me è sempre positivo quando si amplia un contenuto in maniera originale, utilizzando intelligenza, misura e attenzione, e credo che loro lo abbiano fatto molto bene. In particolare, nella serie si approfondisce molto il dialogo sul bene e sul male, e questa è una cosa estremamente Tolkieniana. Nelle sue opere non c'è mai stata una divisione nettissima tra bene e male, non sono opere in bianco e nero. In particolare nel Silmarillion ci sono molte aree grigie, e appresso molto una conversazione su questo aspetto. Ne Gli Anelli del Potere si riflette molto sul tema dell'ambiguità e sull'origine del male, e su come il male lavora e cresce dentro di noi.
Vedere scene come la creazione degli anelli, il conflitto interiore di Galadriel... è molto interessante, e penso che anche Tolkien sarebbe stato molto interessato a quest'opera. Sono molto curioso di vedere dove andranno a parare ora, penso abbiano fatto uno splendido lavoro.