Gli Anelli del Potere: il nostro incontro con il cast della serie al San Diego Comic-Con!

Abbiamo incontrato il ricchissimo cast de Il Signore degli Anelli: gli Anelli del Potere al San Diego Comic-Con!

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L’attività di stampa dedicata alla prima stagione della serie tv targata Prime Video, Il Signore degli Anelli: gli Anelli del Potere, durante il Comic-Con 2022 di San Diego (tornato dopo due anni di stop), non si è conclusa con il maestoso panel presso la Sala H, dove insieme ad altre 6500 persone, e in diretta streaming mondiale, abbiamo avuto l’opportunità di vedere cinque scene e il trailer ufficiale e di assistere a un Q&A moderato da Stephen Colbert (fan di lunga data delle opere di J.R.R Tolkien) con gli showrunner Patrick Mckay e J.D. Payne e con il cast della prima stagione.

Al termine del panel infatti noi di Badtaste.it abbiamo incontrato, presso l’hotel Hilton Bayfront, a due passi dal Convention Center, il cast della prima stagione (in uscita il prossimo 2 settembre su Prime Video): Charlie Vickers (Halbrand), Cynthia Addai-Robinson (Míriel), Trystan Gravelle (Pharazôn), Maxim Baldry (Isildur), Lloyd Owen (Elendil), Ema Horvath (Eärien), Leon Wadham (Kemen), Ismael Cruz Córdova (Arondir), Nazanin Boniadi (Bronwyn), Tyroe Muhafidin (Theo), Markella Kavenagh (Elanor “Nori” Brandyfoot), Megan Richards (Poppy Proudfellow), Daniel Weyman (lo Straniero), Dylan Smith (Largo Brandyfoot) e Sara Zwangobani (Marigold Brandyfoot), Robert Aramayo (Elrond), Benjamin Walker (Gil-galad), Charles Edwards (Celebrimbor), Owain Arthur (Durin IV) e Sophia Nomvete (Disa).

La serie ha un cast molto inclusivo, cosa che forse mancava nei film precedenti, perché era un mondo diverso all’epoca. Cose ne pensate di questo aspetto?

Ismal Cruz Cordoba: Penso che la consapevolezza di questo aspetto sia cresciuta con il passare dei decenni; sono passati vent’anni dal mondo cinematografico creato da Peter Jackson che aveva con sé un grande valore. Da allora però ci siamo spostati, abbiamo spostato il focus delle conversazioni, e come sempre accade la buona arte riflette i cambiamenti della società. Quindi la conversazione a riguardo è diversa in questo momento. Tornando al libro di Tolkien, quel mondo ha tante sfaccettature, non solo riguardo la razza, ma anche per quanto riguarda il pensiero, quindi questa serie è qualcosa che non si allontana molto dall'anima dell'opera letteraria. Ora stiamo solo aggiungendo persone di diversa estrazione.

Charles Edwards: C'è una citazione che tiro fuori spesso, perché penso sia molto esplicativa. Tolkien ha detto che la Terra di Mezzo non è il nome di un'Isola che non c'è, di un'isola non ha alcuna relazione con il mondo in cui viviamo. Credo sia la risposta perfetta.

Quali sono state le cose più difficili che avete dovuto fare sul set?

Robert Aramayo: Abbiamo tutti avuto sfide particolari. Nel mio caso ho dovuto lavorare molto in scala. Bisognava rendere me molto alto e qualcun altro che si trovava in scena con me molto piccolo, il che è piuttosto complicato. Ad esempio in alcune scene io me ne stavo appeso a una scala molto alta e Owain (Arthur, interpreta Durin IV) era invece seduto su uno sgabello molto grande, in modo che così potessimo guardarci l'un l'altro. La crew ha sempre cercato di rendere tutto il più pratico e reale possibile.

Cosa caratterizza i vostri personaggi?

Owain Arthur: Il mio personaggio si chiama Durin IV. È il principe di Khazad-dûm, è in linea di successione per il trono. Ha una moglie che si chiama Disa. Lui è… non so come si fa a riconoscere il sistema di classe, ma dal punto di vista gallese è un uomo della classe operaia. Ma che è anche re. Quindi è già abbastanza complesso. Ma, che tu ci creda o no, i nani sono piuttosto complessi! È un tipo molto rumoroso, socievole, la moglie è adorabile. È empatico. Ogni emozione che prova la prova fino all'estremo. E, come attore, è un bel regalo poter cimentarsi in un ruolo così.

Trystan Gravelle: Interpreto Pharazôn, consigliere della regina Miriel, reggente di Nùmenor, reale della stirpe dei Dunedain. Sotto certi aspetti è un uomo tipico. E non intendo dire che si spruzza Old Spice su tutta la faccia, o cose del genere! Cerca di influenzare le persone, è un... influencer. Anche lui ha delle profonde insicurezze. È il tipico maschio che si presta all'ego per la scarsità di vanità, ma è anche un uomo profondamente premuroso e ha un amore molto profondo per la sua isola. E per il suo popolo.

Cynthia Addai Robinson: Interpreto la regina Miriel, la regina reggente. Capiamo un po' di più su di lei man mano che la serie va avanti. Miriel si ritrova in questo ruolo di leadership, presumibilmente è stata cresciuta per tutta la vita sapendo che prima o poi sarebbe dovuta subentrare in questo tipo di ruolo. Ha un senso di riluttanza, ma anche un senso di volersi assicurare di portare la sua gente nella giusta direzione. Capisce che c'è una tensione nella società e che ci sono persone che vogliono andare in una direzione opposta. Ma lei vuole davvero mantenere la pace e prendere le decisioni giuste.

Quando avete realizzato l’imponenza del progetto?

Owain Arthur: Quando abbiamo girato quella scena, la clip che avete visto al Panel. È stata una delle prime cose che abbiamo girato e c’era Rob Aramayo, ci conoscevamo da mesi a questo punto, e intorno c'erano più di 50 nani che lo circondavano. Era una pausa in cui stavamo aspettando di girare, la crew stava sistemando le luci e io stavo aspettando di entrare in scena. Ho avuto uno di quei momenti in cui ti vedi dal di fuori e ho pensato: “Oh mio dio, sono nel Signore degli Anelli!” Solo in quell’istante ho realizzato quello che mi stava accadendo.

Gli showrunner hanno ripetuto più volte che questa è una serie ottimista. Cosa intendono secondo voi?

Ema Horvat: Intendono che alcuni cattivi non sono poi così cattivi, e più vai avanti nella serie capisci le loro ragioni. Anzi, capisci che potrebbero essere dei buoni se spinti nella giusta direzione.

Maxim Baldry: Personalmente a riguardo sono stato molto attratto dall’idea che c'è sempre speranza, anche nei momenti più bui, c'è sempre una luce. E questo può essere superato. Ed è così che sono rimasto affascinato dai film.

Maxim, interpreti un marinaio númenoriano ma non si tratta di un marinaio qualunque, sei Isildur, leggendario guerriero che sconfigge Sauron, per poi essere corrotto dall'Anello del Potere. A questo punto della serie però, Isildur è ancora lontano dal proprio destino. Come hai incorporato queste nozioni alla preparazione del tuo personaggio?

Maxim Baldry: C’erano sicuramente molte aspettative nell'interpretare un personaggio leggendario che fa quello che fa. Ma penso che in questa stagione, quello che Patrick e J.D. (showrunner, ndr) sono riusciti a fare è stato creare una specie di ragazzo che sta cercando di dare un senso al mondo. Ed è umano. E non volevo pensare troppo a ciò che sarebbe accaduto in seguito. Volevo solo renderlo una persona molto riconoscibile, un essere umano che attraversa le prove e le tribolazioni del raggiungimento della maggiore età. Volevo che gli spettatori si innamorassero di lui, si rivedessero in lui. Non volevo davvero pensare troppo all'obiettivo finale, volevo essere presente perché non credo che in quel momento Isildur sappia cosa è in grado di fare. Al momento sta solo lottando per adattarsi. E non ci riesce del tutto.

Ema, ​​ovviamente, il tuo personaggio non è mai stato descritto prima, quindi, come l’hai creato?

Ema Horvat: Il mio personaggio è una specie di mamma surrogata perché nostra madre è morta e siamo stati cresciuti da Elendil, papà "single"; quindi per me la costruzione del personaggio si è basata più sulle relazioni e sul modo in cui mi relaziono con qualcuno. Ad esempio con Isuldur: sono più giovane di lui ma cerco di fargli da madre. Mi sono basata anche molto sul modo in cui J.D. e Patrick hanno scritto la relazione tra lei e suo padre; lui non è preoccupato per lei, quindi la ignora un po'. Quelli erano gli aspetti chiave e ho passato molto tempo a studiare i rapporti umani.

Che messaggio porta con sé questa stagione?

Sara Zwangobani: Penso che una serie come questa sia necessaria in questo momento. C'è della bellezza, profondità, il dramma, e questa battaglia del bene contro il male. Ma c'è anche gioia, speranza e amicizia. E c'è qualcosa di puro in Tolkien. Penso che sia davvero necessario in questo momento. Voglio dire, stiamo vivendo l'età d'oro della televisione, ci sono un sacco di cose fantastiche da guardare, ma molte sono veramente cupe. E va bene. Ma ora il mondo ha attraversato un periodo o sta attraversando un periodo che è davvero, davvero difficile. Penso che ci sia bisogno di qualcosa che sia pieno di speranza. Ed è ciò che la nostra serie vuole porporre.

Come avete costruito i vostri personaggi?

Megan Richard: Io interpreto Poppy Proudfellow. Per me, è stato attraverso il movimento, principalmente, anche perché abbiamo avuto un'incredibile coach di movimento, Laura. E all'inizio ci ha fornito un paio di fonti e riferimenti. E uno che mi è rimasto impresso è stato quello di muovermi come un bambino di cinque anni. In pratica si trattava spesso di porsi delle domande del tipo: in che modo Poppy scalerebbe? Come farebbe a correre? L’ho studiata così a fondo che alla fine ero in grado di sentirla dai piedi in su. Ed è stato davvero, davvero sorprendente. Penso anche che mi abbia aiutato lavorare con persone incredibili, inclusi Mark Kohler e Dylan Smith, che fanno parte del nostro stesso mondo. Siamo davvero diventati una grande famiglia.

Daniel Weymann: Io interpreto lo Straniero. Per me ha fatto la differenza lavorare con Laura, la coach del movimento e poi anche con la coach dialettale. Hanno una tale competenza che io non possiedo. Quindi è stato come se la mia piccola versione di quello che era lo straniero all'improvviso si ampliasse. I coach mi spingevano ad aprire gli occhi ancora un po’ di più. Quindi sono finito con un'idea molto più ampia di cosa potesse essere lo straniero rispetto a come ero partito.

Charlie Vickers: Quando sono stato scelto per il cast, una delle prime cose che ho fatto è stata sedermi e guardare la trilogia per tutto il corso di tutte le edizioni estese, il che è impegnativo, ci è voluto un mucchio di tempo. Sì, quindi ho tratto una grande ispirazione!

Lolyd Owen: Elendil viene menzionato in tutto il Signore degli Anelli. E ho un'immagine molto forte di chi penso lui sia. Ma mi sono anche reso conto, anche ora qui a San Diego, dove ho parlato con un bel po' di fan, e tutti hanno questa idea molto forte di chi sia, ma si basa su pochissime informazioni. C'era il Tolkien Professor Corey Olson, l'altro giorno gli ho fatto una domanda, perché ci siamo incontrati a pranzo. E ho detto, se la scarpa fosse sull'altro piede, o l'anello sull'altro dito... Elendil avrebbe gettato gli anelli nel fuoco? E lui ha risposto: Oh, sì. Ed è stato affascinante vederne la velocità cui mi ha risposto. Perché penso che potrei non essere d'accordo, nel senso che Tolkien basava tutto sull’arbitrarietà degli esseri umani, quindi non credo sia così chiaro. Spero che JD e Patrick lo scrivano in questo modo. Penso anche che Tolkien approverebbe che sia scritto in quel modo, perché Frodo non l'ha gettato e Frodo è il più puro di tutti.

Visto che è un progetto così imponente, c'è un momento vi siete sentiti un po' ansiosi, avete sentito qualche tipo di pressione e responsabilità verso i fan?

Daniel Weymann: La responsabilità l’ho sentita nei confronti delle persone che amano questo lavoro e che conoscono molto bene il materiale originale, ed è sempre stata una spinta per impegnarmi. Questo è stato il mio personale contributo. Ma penso che dopo quello che abbiamo visto, perché qualche giorno fa abbiamo visto i primi tre episodi, mi sono rilassato e mi sono detto: beh, in realtà, questi sono dei veri e propri narratori, queste sono persone che vogliono raccontare una storia. E ci tengono a questo, lo rispettano e lo adorano. E lì mi sono sentito come se finalmente potessi rilassarmi, potessi godermela.

Come descrivereste il vostro personaggio nella prima stagione?

Lolyd Owen: Interpreto Elendil, lo vediamo all'inizio delle serie, è il capitano di una nave. È un marinaio molto capace. È un vedovo che cerca di tirar su tre figli adulti senza la madre. La turbolenza che si è creata a causa di ciò, a causa di quella morte, e quella quantità di dolore ha cambiato la dinamica della famiglia. Ed è quasi rappresentativo di dove si trova il Numenor in questo momento, c'è una nuova via di mezzo, c'è una leggera polarizzazione tra il nazionalismo delle persone che vogliono vivere per sempre, gli uomini del re e coloro che sono più fedeli agli anziani, che vengono chiamati i fedeli. E così Elendil è leggermente diviso, perché la parte pragmatica della sua personalità lo porta a volere i suoi figli al sicuro nella Città Nuova in Numenor. Ma il suo cuore è attratto dai modi degli elfi e, anche all'interno della nostra famiglia, una parte di quello scisma sta diventando evidente. Quindi è lì che è lì che inizia ad allontanarsi.

Charlie Vickers: Io interpreto Halbrand. La cosa fondamentale del personaggio è che si trova in un momento in cui sta lasciando dietro di sé un elemento del suo passato, qualcosa con cui non vuole più essere coinvolto. E sta andando avanti, ha intenzione di iniziare una nuova vita. Inavvertitamente, si imbatte in alcuni altri personaggi che rivelano parti di sé che aveva soppresso e gli vengono presentate alcune opportunità che finiscono per portarlo a doversi imbattere in quegli aspetti di sé che aveva cercato di dimenticare.

Leon Wadham: Il mio personaggio si chiama Kemen, è il figlio di Pharazon, una figura politica molto importante. Kemen è nato in un'età dell'oro di immense ricchezze e privilegi. E non è davvero interessato a vedere nessun cambiamento. Supponendo che alla fine erediterà la posizione di suo padre, nonostante non ne abbia contribuito in alcun modo, pensa solo a farsi strada nella vita. E arriviamo a un punto in cui potrebbe non funzionare più, potrebbe dover decidere finalmente per cosa è disposto a combattere. Qualcosa che non ha fatto, fino ad ora.

E come la definireste questa prima stagione?

Charlie Vickers: È una storia di fantasia, vasta e magica. All'interno poi ci sono storie di famiglia e storie di amore e relazioni, la battaglia all'interno di ogni singola persona, ma anche del male contro il bene. Penso che questo sia ciò che rende bello lo show, ed è qualcosa in cui immagino che gli spettatori possano relazionarsi. Ci sono degli esseri umani ma presentati in un modo spettacolare.

Lolyd Owen: Secondo me il fatto che le persone più piccole vengono colpite da eventi sismici al di fuori del loro controllo. E penso che questo si rifletta in ogni singolo regno. E una delle cose che c'è in tutti i libri del Signore degli Anelli, quei personaggi parlano del destino e iniziano improvvisamente a capire che sono stati spinti in una certa direzione. Siamo tutti fatti a pezzi dagli eventi che capitano arbitrariamente nelle nostre vite. Questo è esattamente ciò che fa Tolkien. Ed è quello che abbiamo fatto in questa serie.

Leon Wadham: Il fatto che non esiste il bianco e il nero nella vita. La serie segue tipi incredibilmente diversi di persone, razze differenti, e i loro interessi spesso sono in conflitto. E per fare ciò che pensano sia giusto, devono spostarsi molto spesso nel grigio. Penso che la cosa eccitante di questa stagione, della storia che Patrick e J.D. hanno scritto, sia che non è ancora chiaro come le persone ci arriveranno. Conosciamo alcuni degli endpoint, non li conosciamo tutti. E sarà un viaggio tortuoso per molti.

Tyroe, interpreti Theo, figlio di Bronwyn, e avevi 14 anni quando avete iniziato a girare, ora ne hai 17. Ti ricordi come hai reagito quando hai saputo che avevi preso la parte? Eri un fan dei film?

Tyroe Muhafidin: I film sono usciti dal 2001 al 2003. E io sono nato nel 2005. Quindi non sono qualcosa che appartengono della mia generazione, ma mi è capitato di dargli un'occhiata per casa perché mio ​​padre lo guardava. E penso che la cosa grandiosa di questo show sia che ora sta portando Tolkien e la Terra di Mezzo a un'intera nuova generazione di persone e a tutte quelle persone a cui è mancata la trilogia. Comunque quando ho saputo che avevo ottenuto il ruolo, ero estasiato. Non dovevo più preoccuparmi dell'università che avrei fatto! Dovevo solo concentrarmi sul finire la scuola. Avevo tanti scenari nella mia testa del tipo, oh, ecco come sarà la mia vita, ecco come sarà la mia vita! Quello che mi sta capitando è ancora più grande e folle.

Nazanin Boniadi: Tra l’altro quando abbiamo iniziato lui era più basso di me e ora è molto più alto!

Cosa vi è piaciuto di più durante le riprese della prima stagione? E cosa non avete sopportato?

Tyroe Muhafidin: Gli stunts! La mattina dopo aver provato le battute ci davano queste spade di legno e ci esercitavamo. Non sopportavo alzarmi presto e dover seguire la scuola non appena finivo con le riprese.

Nazanin Boniadi: Anche a me è piaciuto fare delle scene fisiche… sto cercando di pensare quanto posso dire! Diciamo che ho fatto alcune cose che non ti aspetti che Bronwyn faccia. Ma ho amato moltissimo anche i costumi, l'ambientazione, le prove degli abiti, mettere piede nei costumi e poi mettere piede sul set e non importa se erano passati due mesi, tre mesi o un anno e mezzo: la sensazione di sorpresa era sempre nuova. Come se fosse sempre qualcosa di non visto prima. L'attenzione ai dettagli era incredibile. Vorrei che fosse sempre così, l'abbiamo sperimentato in prima persona. Ma penso che lo sperimenterete anche voi sullo schermo. La cosa che mi è piaciuta di meno invece è stato sicuramente stare lontano dai miei cari per così tanto tempo. Voglio dire, di solito quando facciamo una serie, ci vogliono circa sei mesi per girare una stagione. E anche se sei in vacanza, puoi andare a casa oppure la tua famiglia può venire a trovarti. Ma le riprese erano nel mezzo di una pandemia. Quindi la Nuova Zelanda era chiusa.

Che differenza c’è tra i vostri personaggi e gli hobbit?

Dylan Smith: Gli hobbit vivono quella perfetta vita bucolica, quasi inconsciamente, mentre quello che amo della nostra storia di origine è che siamo molto più consapevoli di preservare quell'innocenza. E sappiamo che ogni singolo giorno ci troviamo di fronte a qualcosa che può farci intristire ma che dobbiamo alzarci e continuare a scegliere quale vita vivere. Anche se viviamo nell'abbondanza e nella sicurezza del cibo e della natura, siamo sempre in fuga da qualcosa. Eppure, non appena ci sentiamo un po' al sicuro, ci lasciamo andare a quello che ci dà davvero gioia ovvero suonare, scherzare e cose del genere. Quindi penso che sì, c'è una grande differenza. Stiamo combattendo consapevolmente per ciò che gli Hobbit alla fine diventeranno. E in un certo senso, penso che siamo una versione ancora più distillata di uno Hobbit. Perché vogliamo mantenere quella fiamma accesa.

Cosa pensi che abbiamo aggiunto gli showrunner della serie all’eredità di Tolkien?

Markella Kavenagh: Dalla prima volta che li ho incontrati mi sono semplicemente sembrati dei 17enni che avevano appena letto i libri. E quello che portano è la freschezza a ogni scena, è come se si innamorassero del lavoro continuamente. E tengono costantemente tutto sotto controllo. E si assicurano che ci sia rispetto per la sceneggiatura, per questi nuovi mondi e questi nuovi personaggi, e le dinamiche e le relazioni dei personaggi. Penso che non sia solo la freschezza, la passione e il rispetto che hanno ma anche la straordinaria capacità di in bilanciare tutte queste cose nella serie.

Una delle cose grandiose di questa serie è che il cast è internazionale. Come ci si sente ad essere una persona di colore che è stata introdotta anche in questo universo?

Sophia Nomvete: Mi sento di rappresentare il volto di un necessario riequilibrio dell'equilibrio, nel senso che stiamo ristabilendo l'equilibrio all'interno dell'industria cinematografica e televisiva. E, naturalmente, in questo franchise, e spero, in molti franchise da qui in avanti. Quello che hanno fatto con questa serie è stato aprire le porte a persone di ogni estrazione sociale e dargli l'opportunità di essere un riferimento per le generazioni a venire, le nuove generazioni, questa è la loro versione di Tolkien. Questo è ciò che vedrà mia figlia. E questo è un riflesso del mondo in cui viviamo che dobbiamo abbracciare e scoprire. Possiamo farlo solo se amiamo le nostre differenze. Nel mio caso essere una madre, una donna, essere una persona di colore, una donna formosa e venire considerata nella serie come un esempio di bellezza… È qualcosa che non sempre vediamo. Queste sono tutte le cose che vengono rappresentate dal volto di Disa. Volto che sono orgogliosa sia il mio.

Che tipo di reazione avete avuto quando vi è stato comunicato che le riprese della seconda stagione si sarebbero tenuto in Gran Bretagna e non più in Nuova Zelanda? E che cosa porterete con voi della Nuova Zelanda?

Benjamin Walker Davis: Vivo nel Regno Unito, quindi ero decisamente felice, voglio dire, non ho fatto un lavoro che mi ha permesso di dormire nel mio letto negli ultimi dieci anni. E il Regno Unito è il luogo che ha ispirato Tolkien a scrivere storie. Quello che mi porto con me dalla Nuova Zelanda è che ho scoperto che il popolo kiwi ha questo legame con la sua comunità e la terra. Non ho visto un pezzo di spazzatura in tutto l'anno e mezzo in cui sono stato lì.

Sophia Nomvete: E nessuno indossa le scarpe. È tutto pulito e tutti vogliono sentire il terreno sotto i loro piedi, ogni singolo momento di ogni singolo giorno hanno come bisogno di avere una connessione viscerale con il terreno, con la terra. E questo è uno spirito, una cultura che non ho sperimentato altrove. So che c'è così tanta grandezza in tutto il mondo. Ma per me, viverlo a quel livello è stato incredibile.

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