Science+Fiction 2015 - Lo sceneggiatore ci spiega come è stato possibile realizzare Dio esiste e vive a Bruxelles

Thomas Gunzig che Dio esiste e vive a Bruxelles l'ha scritto ci ha raccontato le peripezie che hanno portato il film sugli schermi

Critico e giornalista cinematografico


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La storia della genesi di Dio esiste e vive a Bruxelles è un film a sè. Parla di un regista di cinema d’autore di buona notorietà (Jaco Van Dormael, quello di Mr. Nobody) che decide di collaborare con uno sceneggiatore esordiente nel lungo e, contro ogni difficoltà economica, trova i fondi per portare sullo schermo una storia stralunata.

A Trieste per il Science+Fiction Festival Thomas Gunzig, lo sceneggiatore in questione, è venuto ad accompagnare il film. Con lui abbiamo parlato non solo di cosa stia accadendo al mondo della fantascienza e del cinema fantastico ma anche di come si possa, oggi, riuscire a portare al cinema storie poco convenzionali, quanto sia difficile e come ci si possa riuscire.

Non è difficile leggere sceneggiature particolari, invece è difficile vedere film strani, perché di mezzo ci si mettono produttori, difficoltà di budget ecc. ecc. Come avete fatto voi a proteggere la vostra storia strana fino a farla diventare film?

THOMAS GUNZIG: È una buona domanda. Pensavamo sarebbe stato più facile all’inizio perché Jaco Van Dormael è molto conosciuto sia in Belgio che in tutti i paesi francofoni. Invece non è stato così. All’inizio avevano chiesto i soldi pubblici del governo belga ma il governo non aveva amato il soggetto e la sceneggiatura, quindi siamo andati in Francia dove i soldi arrivano dalle televisioni private ma anche lì niente. Dunque abbiamo deciso di fare il film lo stesso tra pochi amici, girarlo con poco, non fosse che a sorpresa le cose si sono sbloccate proprio in Belgio (perché le commissioni a cui sottoporre progetti sono diverse, quelle francofone e fiamminghe e poi anche quella del Lussemburgo). Ci sono arrivati un po’ di soldi con cui cominciare a concepire un’idea produttiva. A quel punto è entrato Orange, l’operatore francese, che ha messo il grosso del budget, dunque c’era un budget vero e grosso.
La cosa bella è che poi quando il film è uscito a Cannes ed è piaciuto a tutti, quei canali televisivi francesi che l’avevano rifiutato hanno dovuto pagare molto di più per i diritti televisivi di quanto avrebbero sborsato per produrre e poi distribuire il film.

La storia del film era quella dall’inizio? Con quell’inizio e quella fine?

TG: Jaco Van Dormael mi aveva chiesto 10 idee. Un elenco di 10 spunti tra cui scegliere. L’idea 1 e l’idea 6 che avevo scritto erano: dio è stronzo e abita a Bruxelles e cosa succederebbe se tutti sapessero la data della propria morte? Van Dormael invece che sceglierne una ne ha prese due, così abbiamo cominciato a lavorare per unirle, cosa che non è stata facile e ha necessitato di aggiungere anche i parenti di Dio.
C’era insomma il classico problema degli sceneggiatori: un grande inizio, una buona fine e una parte centrale più debole, che poi è quella che ha necessitato di tanto lavoro per essere perfezionata.

Nel cinema molto recente cos’è che la diverte e le piace del fantastico?

TG: In realtà amo più quello degli anni ‘70, i film della contestazione come Non aprite quella porta o Le colline hanno gli occhi. Quello che poi è successo negli anni ‘80 e ‘90 con film come La casa o L’armata delle tenebre è stata una degenerazione, perché è arrivata l’ironia e la voglia di non prendersi sul serio, la scomparsa della critica sociale.
Recentemente però le cose sono cambiate di nuovo con film come It follows, che vanno in fondo fino alla metà, o come Ex machina o Humandroid, opere dure che non hanno paura di prendere posizione.

In Dio esiste e vive a Bruxelles il destino è in mano alle donne, sia alla piccola protagonista che poi alla moglie di Dio. Le donne salveranno il mondo per lei?

TG: No. Perché ci sono tante donne stronze come uomini stronzi. Quello che è vero è che esiste una forza rivoluzionaria e reazionaria nelle donne, perché la loro essenza sì contrappone alle grandi religioni monoteiste che le reprimono perché per loro la femminilità è un problema. Non so se le donne possono salvare l’umanità ma quella di affidarsi a delle donne nel film mi pareva una buona idea disinfettante da iniettare nella coscienza umana.

Però di fatto al cinema sempre di più vediamo sempre uomini che rappresentano la parte marcia della storia e donne che sono le eroine. E sempre di più in film di grande incasso. Forse allora le donne salveranno il cinema?

TG: Sono pessimista, credo che tutto andrà sempre peggio. L’unica cosa che possiamo fare è risolvere piccoli problemi per tirare avanti un altro po’, ma sono certo che non c’è cinema e non c’è arte che possano salvarci, al massimo possono addolcirci un po’ la pillola.

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