Science+Fiction 2015 - Il futuro del cinema, la sci-fi di oggi e l'Apple Watch. Abbiamo provato ad incastrare Bruce Sterling

A Trieste per ritirare il premio alla carriera, Bruce Sterling ci ha parlato di quale sia il futuro del cinema e come veda (male!) la fantascienza di oggi

Critico e giornalista cinematografico


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Romanziere di fantascienza (ha definito il cyberpunk assieme a William Gibson alla fine degli anni ‘80), saggista, giornalista di tecnologia e infine futurologo di professione, Bruce Sterling da diversi anni è diventata la figura di riferimento per un parere sul futuro delle nostre vite che sia esterno alle grandi aziende. Non affiliato a nessuno e genericamente poco amante della mentalità corporativista o dell’elettronica di consumo per le masse, Sterling ha una formazione particolare e punti di vista di una lucidità impressionante su quel che ci aspetta.

Non è di certo un esperto di cinema, ma ha formato la fantascienza di oggi.

A Trieste Sterling è arrivato per ritirare il premio Urania d’argento, occasione nella quale ha sfoderato anche il suo Hugo award, il principale premio nel campo degli autori di fantascienza, vinto alla fine degli anni ‘90. “Mi consegnate un life achievement award! Wow! È il premio che testimonia che hai avuto una vita!” e poi ha aggiunto “Vi ho portato quest’altro premio, l’Hugo, perché non a tutti capita di vederne uno in vita”.
Vive a Torino da anni con la moglie e ha anche assunto un’identità italiana, Bruno Argento, collabora con Globalisti come consulente sui temi della tecnologia per diverse aziende.

Insomma Sterling è il parere non interessato, ma competente sul futuro che desideri avere ma anche una personalità forte, dura e non semplice da intervista, uno che dice quel che vuole e non sempre quel che gli chiedi.
Vi riportiamo l’intervista in forma di conversazione perché in questo caso è la maniera più onesta.

Dev’essere difficilissimo venire a questi eventi per lei, dove tutti le chiedono “Che accadrà nel futuro?”, una domanda di per sé impossibile da soddisfare. Io lo stesso glielo chiedo: cosa pensa ci aspetti per il futuro del cinema? Consideri che da noi ha appena aperto Netflix e molti lo considerano “Il futuro”...

BRUCE STERLING: Non credere che sia poi così difficile prevedere il futuro, se sei in vita da tempo sufficiente riesci a notare i grandi trend e a quel punto non è difficile prevedere ciò che accadrà. Alla fine si tratta solo di seguire i soldi.
Quanto al cinema bisogna sempre considerare che la musica è il “paziente zero” e quel che è accaduto a loro in un modo o nell’altro accadrà anche a chi lavora nel cinema. Al momento i musicisti hanno perso qualsiasi diritto ma possono fare quel che vogliono con le loro cose, le band si sono separate e possono fare tutto con il computer, molti poi sono diventati dj proprio per questo, perché da soli si guadagna di più. Penso che anche per il cinema sempre di più si girerà con attrezzature come i telefoni in modo da non avere chissà che troupe ma poter lavorare solo con un fonico. Dall’altra parte i film di un certo tipo diventeranno sempre più immensi, proprio per dimostrare di non aver girato solo con il proprio telefono. Considera che guadagnare con questi tipi di lavori creativi è sempre più difficile, appena un modello di business si definisce una nuova rivoluzione tecnologica arriva e cambia tutto. Il pubblico è privilegiato perché ha tutto, le compagnie pure ma i creativi sono sempre più vittimizzati. Sony, Apple e Netflix non se la passano male con il cinema, diventano dominanti anche politicamente ma se sei Tarantino, è sempre più difficile fare e far distribuire il tuo film. Sei famoso ma non hai più uno studio che ti protegga dunque è difficile difenderti, io mi preoccupo per i Tarantino del mondo, non per le compagnie.

Eppure nei primi anni 2000, quando la musica iniziava a trovare strade autonome in rete, cominciarono ad arrivare musicisti come gli Arctic Monkeys, cioè band che raggiungono il successo a partire da internet. Sono 10 anni che abbiamo YouTube, ma nulla di tutto ciò è successo con il cinema, nessuno ha fatto successo da zero grazie alla rete.

BS: È interessante questo che dici… Chissà che hanno fatto di se stessi tutte queste persone, forse sono diventati VJ invece di darsi al cinema d’autore.

In realtà dal mio punto di vista essere regista o sceneggiatore è più popolare ora che mai grazie a YouTube, perché tutti ci provano, eppure nessuno è emerso.

BS: Beh la gente che è emersa sta molto nella pubblicità o magari fa cose molto piccole. C’è anche da dire che se fossi un autore non starei mai su YouTube ma mi butterei su Vimeo

Si, ok, Vimeo ha una piattaforma on demand più seria, ogni tanto ospita grandi registi, ma nemmeno lì abbiamo visto esplodere niente

BS: Ok ma del resto chi è una vera giovane star della regia oggi, Neil Blomkamp??

Beh sì, ma anche Noah Baumbach

BS: Mi pare però che questi non vengano più rapiti dallo star system come una volta, quando si faceva la gavetta e poi si emergeva

Beh per Duncan Jones è stato così, prima Moon da indipendente poi Source Code e ora il titolone, Warcraft

BS: Sì ma quello è il figlio di Bowie! [e ride ndr] Non lo so eh ma il padre ha fatto tanti video….
Comunque non lo so, il cinema è un mezzo strano perché molto vecchio. Io non sono un maniaco del cinema ma tengo molto d’occhio molto Bollywood, perché ho vissuto per un periodo in India, e lì i social media hanno cambiato tutto.

Pensa che sia un’industria più avanzata?

BS: Tecnicamente di sicuro, perché molti di quelli che ci lavorano sono laureati nelle migliori università americane, dunque dirigono benissimo e riescono adesso a fare anche coproduzioni internazionali (cosa che prima non esisteva), finendo per attingere alla migliore manodopera o creatività cinese, russa e europea. Per non dire nel campo degli effetti speciali.

Eppure i loro non sono film che possono essere visti al di fuori del proprio paese

BS: No, proprio non sono pensati per un consumo globale, anche se vanno benissimo nei caraibi o in Africa. Se levi Satyajit Ray non ci sono autori di Bollywood internazionali ma non è un obiettivo per loro

Secondo lei Bollywood sta diventando un modello per Hollywood?

BS: Io penso siano un modello per il cinema in generale, per chiunque. Cioè se fossi russo sarei più interessato a capire come loro guadagnino invece che diventare un regista di Hollywood, ma anche se fossi italiano sarei più interessato a capire come Bollywood si mantenga. Perché fanno molti più soldi di quanto non facessero ogni anno, grazie a successi incredibili.

Sono anni se non decadi che tutti parlano della morte della sala, ma abbiamo più schermi di sempre e questo anche in Italia che non è la Russia o la Cina dove ancora ne vengono eretti a decine ogni settimana. Secondo lei la sala rimarrà?

BS: So che in India prima avevano cinema immensi, con aria condizionata, che per questo attiravano le persone mentre ora con i multisala la gente si divide demograficamente e questo ha molto influenzato la produzione. Si possono fare film per gli adolescenti, cosa una volta impossibile, perché nessuno avrebbe mandato gli adolescenti da soli al cinema, ora invece la famiglia arriva insieme lì si divide e poi si ritrova alla fine. L’architettura quindi ha avuto un grande impatto sulla produzione, gli spazi influiscono su ciò che si fa.

La fantascienza degli ultimi anni, quella di grandissimo successo come Gravity, Interstellar o The Martian, sta abbandonando il concetto di “nemico”, non ci sono più alieni o navicelle nemiche, non c’è nessuno da combattere nello spazio. Eppure lo stesso è appassionante e riscuote successo, a lei piace?

BS: Non avevo mai sentito questa cosa della mancanza di nemici… Non so perché, forse perché è finita la guerra fredda. Ad ogni modo no, non mi piace la space opera, la trovo troppo semplice.

In questi film alle volte sembra che il protagonista sia la scienza, cosa in sè affascinante se si considera che sono megablockbuster...

BS: Io credo che gli effetti digitali in realtà siano gli eroi di questi film, è facile spendere milioni in un film e trascinare la gente al cinema. Per questo la fantascienza è una cosa buona da produrre. Considera pure che la gente si stufa dei supereroi dopo un po’, vuole cose un po’ meno sceme. Sai alla fine le persone si stufano di un eroe che combatte un cattivo, guarda Iron Man, sembra che ciò a cui siano davvero interessati in quei film sia il design industriale, perché chi li fa è in quello che è specializzato e Apple non può assumere tutti. Sono dei feticisti a concepire film simili e la cosa forte è che la gente pure ci si appassiona.

Quindi preferisce la fantascienza in stile Blompkamp, quella più dura?

BS: Se conosci il genere dopo un po’ è come guardare il kabuki, capisci la struttura e sai cosa accadrà non è per niente sorprendente. Quando mai Iron Man potrà fare qualcosa di scioccante? È un fumetto di 60 anni non potrà mica morire. È così prevedibile. Io amo i fumetti eh, ma la Marvel sta esagerando, anche gente come Warren Ellis dice che non siamo dalla parte migliore di quella forma d’arte.
Io di certo guardo più film stranieri che hollywoodiani perché sono noiosi, è come guardare un gigantesco carrier, non è che può fare molto, solo piccoli movimenti.

Preferisce allora roba indie come Ex machina?

BS: Guarda qui ho visto un film etiope di fantascienza che mi ha spiazzato [Crumbs ndr]. Non aveva star, era girato molto nello stile del cinema veritè, tutto videocamera a mano, nessun set preparato, attori non professionisti e la gente si muoveva tra le rovine di Addis Abbeba. Inoltre molto della trama pareva improvvisata.

Detto così non è che mi stia invogliando…

BS: Mi ha davvero stupito tipo: “Che diamine sta succedendo qui?!?” e mi è sembrato incoraggiante perché era davvero imprevedibile, di quelle opere che ti tengono sveglio. Ma io del resto non sono il tipico spettatore, quel che interessa uno come me non è propriamente come quello che interessa il tipico 15enne. Mi è piaciuto anche P.K., un film di Bollywood con Aamir Kahn, un’opera di fantascienza simile a L’uomo che cadde sulla Terra che fa satira della società indiana contemporanea. Il protagonista non sa niente e fa domande a tutti facendoli sembrare scemi. Mi è sembrato un lavoro di fantascienza politica efficace, che spinge il limite di cosa sia possibile con la fantascienza oggi.

Non l’ho visto ma questo non sarebbe un film prevedibile??

BS: No. Certo, sai che la ragazza si innamorerà e lui tornerà sulle stelle, come E.T., non è che sarà sparato dai terroristi islamici o che finirà in galera, ma non erano prevedibili i dialoghi o la satira. Era scritto da qualcuno che capisce gli scandali della società contemporanea, non era pensato per vendere pupazzetti.

Non posso fare a meno di notare che al polso porta una specie di finto Apple Watch...

BS: È un Pebble watch, ce l’ho per un progetto di cui sono curatore, funziona con il mio smartphone, senza non ha molto senso.

Cosa sta testando?

BS: Cerchiamo applicazioni per i la tecnologia da indossare, alcuni dei nostri sponsor sono interessati a questo campo tipo Intel. Ha molte opzioni che stiamo vagliando, come fare stream da soundcloud o sentire la tua musica, cose che puoi fare già con il telefono ma così non lo devi tirare fuori dalla tasca. Ha un compasso e vibra quando ho una telefonata, siccome spesso non ho il telefono accanto non devo tenere la suoneria alta

Che ne pensa della tecnologia da indossare?

BS: Beh gli auricolari o gli occhiali sono semplici e e tecnici al tempo stesso, stanno diventando sempre più sofisticati, guarda cosa succede con gli occhiali con lenti termiche [quelli che diventano da sole in esterno e all’interno si schiariscono, ne ha indossa un modello e me lo mostra ndr]. Cioè se porti già gli occhiali ha senso che abbiano anche tecnologie tipo la realtà aumentata. I device che la gente già possiede e usa sicuramente diventeranno sempre più smart, come gli auricolari, c’è chi ci fa passare la musica, c’è gente che li compra e li modifica così da sentire la realtà diversamente, bloccando magari i rumori.
Non parliamo nemmeno poi delle applicazioni per gli atleti professionisti poi.

Quando Apple presentò l’Apple Watch ricordo che tra i giornalisti che l’avevano testato per primi ce n’era uno di una testata di orologi, disse che era molto buono e ben costruito ma che in definitiva non era un vero orologio nè poteva sostituirli, perché gli orologi sono oggetti che teniamo con noi per molto tempo, beni che ci regaliamo a vicenda e a cui ci affezioniamo, che piacciono perché durano, mentre un device tecnologico per sua natura è passeggero.

BS: Certo! E sono sicuro che alla Apple se la sono risa per tutta la strada fino alla banca.
Il punto è che puoi dire lo stesso dei telefoni, un vero telefono ha un cavo che entra nella parete e dura 30 anni! Ma chi lo ha più!? Questo è parte di una trasformazione più grande, nessuno si può più permettere orologi da trasmettere ai nipoti mentre ci sono orologi smart molto economici (non come l’apple watch) che costano intorno ai 180€, come questo anche se non voglio fare pubblicità necessariamente a questo.

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