Roma 2014 - Rooney Mara e Stephen Daldry parlano del Brasile e di Trash
Regista e attrice del film presentato al Festival di Roma raccontano il perchè di una scelta così strana per entrambi e come si sono relazionati ai giovani non attori del luogo
Lei è la fidanzatina d’America che non vuole essere tale, la ragazza dal viso pulitissimo e i lineamenti gentili che interpreta anche punk come Lisbeth Salander; lui è il regista britannico che viene dal teatro, emerso con Billy Elliot e poi finito sotto qualsiasi radar d’interesse con The Hours e The Reader. Per entrambi Trash è un film strano: Stephen Daldry si cimenta nell’action esotica e Rooney Mara accetta un ruolo di totale comprimaria ad un cast di non-attori per una produzione di certo non grande quanto Her (nel quale comunque era la spalla di Joaquin Phoenix).
Rooney Mara: Oddio non so. Forse si. O almeno lo spero! Ad ogni modo facevano molto finta di niente in mia presenza, erano in quell'età in cui mettono in questione ogni cosa, non li puoi manipolare e ci devi lottare per tutto. Erano carinissimi però, mi facevano un sacco di complimenti e flirtavano molto. Erano decisamente precoci.
Stephen Daldry: É stata la parte più dura di tutta la lavorazione. Se non avessimo trovato tre ragazzi così non avremmo proprio fatto il film. Per fare scouting ci ha aiutato Fernando Meirelles, lui è bravissimo con i non professionisti, insieme abbiamo condotto lunghi workshop con tantissimi ragazzi diversi, perchè non sai mai come e dove troverai i tuoi. Il problema era che li volevamo davvero di quei luoghi quindi avevano tutti un background difficile e dovevamo essere sicuri non solo che fossero buoni per la parte ma anche che non si sarebbero stufati dopo poco ma avrebbero portato a termine tutta la lavorazione.
RM: Sono andata lì in Brasile circa un mese prima dell’inizio delle riprese e per due settimane ho provato con loro tre, è stato tutto molto naturale.
In qualità di attrice professionista quando recitavate insieme gli davi una mano?
RM: Loro avevano un proprio coach di recitazione che li aiutava ma alla fine era come se non recitassimo. Cioè interpretavamo persone che fanno fatica a capirsi per la diversa lingua, cosa che poi era vera. Loro sono veri brasiliani che non sanno l’inglese e io una vera americana che non sa il portoghese. É la cosa migliore di lavorare con i ragazzi: non sono consci della videocamera. Poi con il procedere del film sono diventati più professionali e si lamentavano di quello di cui si lamentano tutti gli attori, tipo: “Il mio personaggio non direbbe una cosa simile!”
Quanti dei posti che si vedono sono veri e quanti ricostruiti?
SD: Le location sono molte e molto diverse, abbiamo cercato sempre di usare posti reali ma ad esempio non potevamo girare in una vera discarica a causa delle esalazioni chimiche. Le abbiamo anche girate per vedere com’erano, poi però ne abbiamo ricostruita una da zero e chiamato a fare le comparse le vere persone che ci lavorano.
Per le favela invece avete avuto problemi nel girare?
SD: No, sono stati tutti molto gentili, addirittura alcuni poliziotti ci hanno spiegato come non picchiano mai i bambini ma li mettono nel retro della macchina legati e poi sbandano apposta per fargli male (l’abbiamo inserito nel film). É incredibile ma le brutalità del luogo sono dichiarate e note.
Ad ogni modo per quei ragazzi la favela è un posto fantastico, dove stanno in famiglie molto grandi e sono pieni di amici. Al contrario ci sono posti di Londra in cui io non andrei di notte perchè non mi sentirei sicuro. Per questo non mi piace parlare delle favela come di un brutto posto perchè è dove vivono, hanno i loro problemi e le loro gioie o sogni per il futuro. La cosa forte era la chiara percezione morale che avevano.
Molte persone nel mondo vivono in strutture familiari non borghesi, anzi forse la maggior parte vive così, come loro e non mi sento di dire che è meglio o peggio. Loro non si sentono di certo svantaggiati.
Come mai hai accettato un ruolo comprimario?
RM: Volevo davvero lavorare con Stephen, mi piaceva la storia e inoltre siccome ho viaggiato molto in vita e ho fatto un po’ quello che fa il mio personaggio [lavorare con i ragazzi del luogo ndr] mi interessava fondere vita e finzione.
Sarà stata una passeggiata dopo aver lavorato con Fincher…
RM: Tutti dicono che è faticoso lavorare con David per la storia dei molti ciak ripetuti ma io non me li ricordo nemmeno quanti ne ho fatti, mi è sembrato di lavorare con qualsiasi altro regista. Certo ha un suo approccio ma non è più duro degli altri. Cioè fare 70 ciak non è più duro di non farne per nulla come con Terrence Malick!
Farai un altro film d’azione?
SD: Non lo so. Lo volevo fare perchè non l'avevo mai fatto. Di certo ora mi dedico ad una serie tv di cui sarò sia regista che show runner