Più grande, efferata e carnale: Matteo Rovere spiega il salto di qualità di Romulus 2 | EXCL
Romulus 2 ha un impatto produttivo maggiore rispetto alla prima stagione ma non un costo maggiore, Matteo Rovere spiega come hanno fatto
Romulus 2 doveva uscire un anno dopo la prima stagione (del 2020), all’americana. Di mezzo però c’è stata la pandemia e anche Matteo Rovere si è dovuto fermare, tutto è scalato e così la serie torna ora, a chiusura del 2022, in un altro scenario. Presentata alla Festa del cinema di Roma, arricchita nel cast, sempre focalizzata a raccontare le origini di Roma cercando di trovare la storia dentro al mito ma non dimenticando mai di fare un po’ di finzione. Questa volta i tre protagonisti sono alle prese con uno scontro di civiltà con i sabini, lottano per tenere il fronte interno e dare una forma politica a quell’ideale che li muove.
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Sì ci sono battaglie lunghe, grandi e importanti ma c’è anche una maggiore efferatezza, è proprio più dura questa stagione.
“La cosa che mi piace sempre andare a cercare è un certo realismo, centrare quel codice. Qui avendo i sabini che sono più perturbanti dei protagonisti ci spingiamo naturalmente in quella direzione”
“Eh è cambiato il mondo nel frattempo. Oggi piattaforme e OTT cercano un pubblico largo e quindi contenuti più semplici. Per fortuna continuano ad avere passione a sufficienza per progetti come Romulus, cioè una serie in protolatino con elementi di carnalità”.
Questa stagione mi pare anche più politica della prima…
“In realtà io volevo farla più d’azione, politica forse lo è nelle prime puntate [all’epoca dell’intervista erano stati mostrati i primi due episodi ndr]. Questa ha tantissima azione con uno scontro evidente tra due fazioni nette. Da una parte quelli che sono diventati i romani, dall’altra i loro vicini più limitrofi, cioè i sabini, che sentono che si sta costruendo qualcosa di nuovo e tentano una finta alleanza che sfocia in un’imboscata e porta al ratto delle sabine e quindi alla guerra”.
Ecco quello è un momento che colpisce perché fa quel che la prima stagione accennava soltanto con la storia della lupa: mettere in scena in maniere realistiche e plausibili, quello che di solito ci arriva nella forma del mito.
“Esatto. Devo ammettere che la prima stagione di Romulus era anche la prima serie che facevamo (anche se Cattleya è più esperta di noi). Ho capito che su quello dovevamo essere più chiari e diretti. In questa credo che il rapporto con il mito sia più preciso e dia allo spettatore qualcosa di più diretto: c’è Romulo, la fondazione, Tito Tazio, le sabine…”.
I sabini sono caratterizzati benissimo sia visivamente che nei caratteri del popolo e del suo leader, avete inventato o c’è del plausibile?
“Un mix, abbiamo fatto uno studio con Valentino Nizzo, che è il direttore del museo di Valle Giulia ma anche un archeologo molto importante, uno dei massimi esperti italiani della disciplina che studia gli oggetti che sono appartenuti alla vita delle persone. Quindi rispetto al mondo sabino abbiamo evocato delle cose ma poi è pieno di spunti fantasiosi. Il rapporto con la divinità sicuramente è reale, era un mondo con un misticismo diverso da quello dei romani. Così abbiamo potuto lavorare sull’incarnazione del re in terra, figlio diretto del Dio, che è forte pensare ad un ragazzo di 18 anni senza padre che sa che suo padre è Dio. Poi le vestali romane sono divinità del focolare e religiose, invece le sabine hanno una sessualità più pronunciata, anche pan sessuale e gli abbiamo fatto intrattenere una relazione complicata con questo ragazzo”.
Tu come lo vedi l’arco narrativo di questa serie. Dove sta andando?
“Quando abbiamo iniziato l’idea con Filippo Gravino e Guido Iuculano era di arrivare alla morte di Romolo. Dunque prima di tutto dobbiamo capire chi dei nostri protagonisti è Romolo (lo scopriremo in questa stagione) e poi raccontare il momento in cui viene ucciso e i suoi resti sparpagliati in 30 diverse province. Il piano iniziale era di tre stagioni, poi bisogna capire gli elementi finanziari per sapere se faremo la terza, io la vorrei fare”.
Il tuo impegno però si va diradando, sei sempre più supervisore e meno sul campo?
“Eh sai non proprio. L’ho scritta meno della prima questa ma l’ho prodotta di più. Il livello di impegno che serve per progettare questo tipo di prodotto richiede uno studio e una progettazione molto alte, motivo per cui accanto alla regia ho dedicato tanto alla produzione. Volevo cogliere l’occasione dataci da Sky di un budget per puntata maggiore per avere dell’azione in più che fosse vera. La prima stagione non aveva grandi grandi battaglie come quelle che vedi in questa. Sai alla fine le serie sono dominate dagli sceneggiatori e allora i registi, anche internazionali, sperimentano e danno fondo al proprio mestiere proprio con le scene d’azione”.
Dopo due stagioni ti sei innamorato della serialità o come molti registi italiani di serie che ho sentito in realtà vuoi tornare ai film?
“È molto complicato fare le serie e ti rovina la vita, che è una cosa importante, gli devi dedicare moltissimo tempo. Però i film sono i film e non vedo l’ora di fare un lungometraggio”.
Parte la produzione di Il sergente nella neve, il film di guerra che avevi in progetto?
“Non lo so. Il romanzo parla della campagna di Russia durante la seconda guerra mondiale, era tutto pronto produttivamente ma mentre eravamo in Russia per i sopralluoghi è scoppiata la guerra”.
E per forza in Russia la dovete girare?
“Ci abbiamo provato a trovare location alternative ma se vuoi fare il film in un certo modo, con una certa grandezza, devi fare in modo di trovare un posto in cui sia fattibile per il finanziamento che pensi di poter avere. In Russia coincideva tutto: ci sono i luoghi giusti, c’è un costo che possiamo permetterci e ci sono i service locali molto buoni. Abbiamo studiato la fattibilità in paesi simili come la Lituania o il Canada ma non troviamo una quadra tra finanziamento e costi di produzione che ce lo consenta”.
E quindi?
“Quindi ho scritto un altro film”.
Di che tipo?
“Non te lo posso dire”.
Vabbè ma dimmi almeno il genere, giusto per sapere se mi devo preparare al film drammatico o siamo su altri terreni!
“Eh vediamo… È un film…. È un film sempre su una guerra ma non c’entra niente con Il sergente nella neve. Il genere non è facile da identificare. È un film su un evento reale, la storia di un evento storico, forse potrebbe comunque essere considerato un film di guerra guarda”.
Trovate tutte le informazioni su Romulus nella nostra scheda.