Romain Gavras su Athena: come si coordinano 50 persone a scena e perché quel finale | EXCL

Per girare Athena come ha fatto Romain Gavras ha lavorato quasi come si sarebbe potuto fare 50 anni fa: poca tecnologia, molta pianificazione

Critico e giornalista cinematografico


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Da qualche settimana è piombato su Netflix Athena, il nuovo film di Romain Gavras, dopo essere stato presentato in concorso a Venezia. È una produzione Netflix imponente per gli standard europei (15 milioni) e imponente per quello che poi si vede sullo schermo, l’apice di un genere (quello delle banlieue violente) che da decenni attraversa il cinema francese. Ma l’apice anche per Romain Gavras che una sua poetica visiva l’ha creata in circa 20 anni di attività come regista di videoclip (fatta di protesta, ragazzi molto giovani, abbigliamento coordinato, molotov, palazzi aggressivi e masse) e qui la porta ai massimi livelli. Forse un punto dal quale non si torna più indietro.

Dei tre film che hai fatto questo è il primo che riflette il mondo visivo che hai creato negli anni. Finalmente!

“Questo è il film che davvero volevo fare. I videoclip per me non sono palestra semmai sono come dei singoli mentre questo è un album. Ho formato uno stile alla fine e Athena chiude un’era per me, tutte le mie ossessioni in un film solo”.

Quindi da ora in poi non te ne occuperai più?

“Almeno non così. È difficile da dire. Penso che porterò avanti il mio stile ma su argomenti diversi”.

Hai già dei dati da Netflix sull’andamento?

“Ancora no, i dati me li danno alla fine della settimana [quando è stata realizzata l’intervista non era terminata la prima settimana online ndr.] ma dal sorriso sulla faccia di tutti ho capito che sta andando bene. Anche a Venezia la reazione mi è sembrata molto buona, specialmente considerato che questo è il tipo di film su cui tutti ti possono saltare addosso e già che ci sia stata gente che l’ha capito mi pare molto positivo”.

A proposito di capire, io il film l’ho visto due volte per capire come è stato possibile girarlo così. Mi sembra di capire che come già nei video hai usato moltissimo i droni…

“È il contrario. Non li ho usati mai, solo in due scene”.

Beh per forza alla fine della prima lunga sequenza…

“Sì quella è una delle due volte. L’altra è per il finale in cui si vede il palazzo da fuori. Ma considera che io ho girato con una Alexa 65 IMAX, che è una videocamera grossa, proprio non ci entra sui droni, per quelle poche scene infatti ne abbiamo usata un’altra più leggera”.

Come avete fatto allora?

“La risposta è “Con molte prove”. Prima capiamo da dove parte la videocamera e dove dovrà finire, poi come ingegneri studiamo che problemi ci sono e ad esempio come passare da una steady alla camera a mano o quelle poche volte ad un drone. Ad ogni modo abbiamo fatto uscire un making of in cui si vedono tutte le soluzioni adottate. Ad esempio abbiamo aggiunto delle torrette alla struttura dei palazzi in cui abbiamo girato, che erano su rotelle e si poteva spostare”.

Ma scusa quando nella sequenza iniziale la videocamera segue la camionetta della polizia lanciata sulla strada, poi entra dentro la camionetta della polizia, gira là dentro e poi di nuovo ne riesce, sempre in corsa continuando a seguirla, quello non è un drone?

“No, di nuovo nel making si vede che c’è qualcuno che segue con la moto e passa la videocamera ad un altro dentro la camionetta e viceversa all’uscita. Devi immaginarti che questo film lo si poteva fare così, bene o male, anche 50 anni fa, sono trucchi più che altri meccanici”.

Come mai hai girato con videocamere IMAX un film che poi va su Netflix?

“L’IMAX non è solo una questione di proiezione particolare, ha proprio un sensore di cattura delle immagini particolarmente grande, questa cosa cambia anche il rapporto tra persone e sfondo, fa sì che nel frame il personaggio sia molto presente e la location sia allo stesso tempo immensa”.

A proposito di sfondo e primo piano, nel film c’è sempre qualcosa che succede nello sfondo ma come provi con 50 persone?

“Abbiamo visto il film come un’opera teatrale. Ovviamente le prove non si possono fare con 50 persone ogni volta, quindi usavamo una piccola videocamera e qualche attore negli spazi in cui poi avremmo girato per stabilire la loro relazione con l’obiettivo. Fatto questo aggiungevamo strati su strati di complessità. Poi per gestire tutte le comparse avevo un capo per ogni 20 di loro. Questo vuol dire che esiste una versione del film di prova, tutta girata, solo con gli attori in borghese, vestiti normali, nelle location vuote con magari una persona (cioè il capogruppo) che corre avanti e indietro come un matto. Noi però sapevamo che quel singolo sarebbe diventata 20 persone”.

Perché hai voluto farlo con tutti piani sequenza?

“È stata la decisione più difficile di tutte da prendere. Il mio direttore della fotografia mi ha pregato di non farlo, perché non ci saremmo potuti coprire con altre inquadrature che in caso ci fossero stati problemi scoperti in fase di montaggio sarebbero state una rete di salvataggio. Invece siamo andati senza rete, se non funzionava quel che avevamo girato ero fottuto”.

Ma perché non coprirsi?

“Perché non appena cominci a farlo perdi tutta la squadra. La troupe inizia a pensare: “Tanto lo sistemiamo al montaggio”. Se invece ognuno sa che non c’è rete e se la scena non è perfetta sarà una merda, allora cambia tutto. Ma bisogna crederci e quello è il difficile”.

Alla fine tu vedi errori nel film?

“Sarò arrogante ma ti dico di no. Non ci sono. Non c’è nemmeno un momento in cui sento di aver sbagliato o che potevo fare meglio”.

So che con Lady Lj vi conoscete fin da ragazzi che avete creato con altri il collettivo Kourtrajmé. Athena parte dove I miserabili finisce?

“Ci sono similitudini tra i due film perché li abbiamo scritti insieme ma in questo abbiamo tentato di usare il simbolismo. Anche se è ambientato in Francia, oggi, abbiamo cercato di portare tutto al di sopra della realtà, come in una tragedia greca, come se in realtà fosse ambientato durante la guerra di Troia. Ingredienti francesi ma dettagli narrativi e personaggi da tragedia greca o shakespeariana, il lutto e la rabbia che alimentano un paese intero”.

Una cosa così la potevi fare solo con Netflix?

“Sì. Quando abbiamo finito lo script lo abbiamo portato a vari distributori convenzionali e poi a Netflix. Loro lo hanno amato e voluto là dove i distributori invece si tiravano indietro per via del budget importante e anche perché non avevamo star”.

I quattro fratelli hanno un look molto specifico e sono estremamente “disegnati”, specialmente Karim. Di nuovo come gli artisti musicali dei tuoi videoclip, estremamente caratterizzati. Sono dettagli che metti a punto scrivendoli o sono nati normalmente con il reparto costumi?

“È pazzesco guarda, dopo due mesi di prove poi ci è voluto un minuto per mettere a punto Karim, vestito solo di nero come un angelo della distruzione. Invece per Abdel abbiamo lavorato proprio con in mente di aiutare il racconto. Lui cambia diversi vestiti lungo il film, prima ha la divisa militare poi gli mettono l’abito per il lutto, poi diventa quasi John McLane con la t shirt. Sai questo è un film che ha troppo tempo per sviluppare i personaggi, è tutto giocato in tempo reale, quindi ciò che indossano sono indizi cruciali per capire chi sono. Diversi personaggi si muovono attraverso i loro costumi”.

Punto più controverso di tutti: il finale. Ritieni che per un film come Athena sia importante essere controverso? Cioè pensi che il suo contenuto incendiario debba scatenare quel tipo di discussione e presa di posizione nel pubblico per dirsi riuscito?

“La controversia in sé non era una cosa che cercavo ma so anche che è così che funziona il mio cervello, non appartengono a nessuna corrente mainstream quindi se mi metto a creare intorno a questi argomenti verrà fuori qualcosa di controverso, visto che non sto né con polizia né con manifestanti. Un finale così nasce però dall’idea che ci sia talmente tanta brutalità da parte della polizia in Europa che una cosa del genere sia possibile, cioè che qualcuno possa avvantaggiarsi della situazione e spingere la gente al conflitto. Credo sia la nuova via che già vediamo in molti casi: falsa informazione, inganni che spingono le persone al caos. In Athena vedi questo conflitto gigantesco e poi scopri alla fine che c’è qualcuno che usa quella rabbia per spingere la gente a scontrarsi. Ovviamente la brutalità della polizia esiste, non lo nego, ma credo che esistano anche persone che con il caos ci vanno a nozze e spingono verso il conflitto”.

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