Roma 2010: BadTaste intervista Piera Detassis
Abbiamo incontrato Piera Detassis, direttore artistico del Festival di Roma, e parlato con lei del futuro di questa manifestazione, così come delle polemiche con Marco Müller e del suo possibile approdo a Venezia...
A cura di Robert Bernocchi (alias ColinMcKenzie)
E' stato quindi molto interessante poterla incontrare prima dell'inizio del Festival di Roma (l'intervista si è svolta lunedì 25 ottobre) e discutere con lei di tante cose che bollono in pentola, come le polemiche innescate da Marco Müller, la questione del nuovo direttore del Festival di Venezia dal 2012 e i problemi delle manifestazioni al Lido e a Roma.
Iniziamo dall'eterna questione sulle date del Festival romano. Non pensi che la manifestazione potrebbe avvantaggiarsi da uno spostamento di data? Peraltro, non avreste la possibilità di poter scegliere tra più film italiani, considerando quanti se ne è presi Venezia quest'anno?
(Fine prima parte - La seconda uscirà nei prossimi giorni)
Credo che la data di quest'anno sia penalizzante perché troppo in là nel tempo, in effetti sarebbe molto meglio rimanere al 15 ottobre, come avverrà di nuovo l'anno prossimo. Tenete conto che per noi è importantissimo il mercato, la Business Street e in questo modo ci sovrapponiamo all'American Film Market. In realtà, io non mi sento in competizione con Venezia, anche se per i mass media magari è così. Forse erano queste le intenzioni originarie, ma eventualmente non dipende da me che non ho fondato la manifestazione. Comunque, devo dire che non ho avuto questa impressione quando sono arrivata qui e credo che sia una polemica un po' creata ad arte. Di sicuro, Piera Detassis non vuole fare concorrenza a Venezia e pensa che Roma sia e debba essere un modello completamente diverso, metropolitano, di rassegna. Per quanto riguarda gli italiani, quello che abbiamo cercato erano film che volessero veramente venire a Roma, tanto che alcuni erano già stati scelti nel periodo del Festival di Cannes. In effetti, ho preferito togliermi dalla competizione, sapendo che era difficile avere titoli come La solitudine dei numeri primi. La mia regola è stata di dire a tutti che, se volevano andare a Roma, dovevano scegliere Roma con decisione e alcuni lo hanno fatto consapevolmente per togliersi dalla competizione, così come altri hanno preferito Roma a Locarno. Devo dire comunque che diversi titoli italiani scelti personalmente a Roma hanno avuto un buon successo, non solo il caso dell'anno scorso de L'uomo che verrà (che è difficile ripetere), ma anche titoli come Giorni e nuvole e Si può fare.
Cosa hai pensato quando sono uscite le dichiarazioni di Müller da Venezia? E visto che è stato fatto il tuo nome, come vedi la possibilità di diventare direttrice del Festival al Lido?
Beh, Müller forse aveva in mente qualcosa, anche se non era chiaro esattamente cosa, ma ha la libertà di dire quello che vuole. Può darsi, come si dice in giro, che abbia cercato di 'sminare' alcuni suoi possibili successori, che peraltro magari neanche lo sapevano, come nel mio caso, che non ho avuto nessun contatto in questo senso. Normalmente quando ci sono queste situazioni, i primi nomi che vengono fatti di solito non ottengono l'incarico. Quindi state sereni e tranquilli, è molto improbabile che vada a Venezia.
Tuttavia, devo ammettere che mi ha stupito il discorso sui conflitti di interesse fatto da Müller, perché allora dovremmo mettere in discussione anche i suoi collaboratori, alcuni dei quali, quando sono stati presi, già scrivevano su Ciak o hanno diversi incarichi istituzionali. E' molto difficile fare questo lavoro e non svolgerne altri tre. Quindi, mi è sembrato un po' forte questo discorso sul conflitto di interessi applicato solo a me. Ha fatto una splendida operazione delle sue, ha mostrato che non si rivolge alla critica 'paludata', ma direttamente al popolo di Internet, che in parte l'ha ascoltato, ma in parte francamente l'ha travolto, perché all'uscita dal Festival il risultato non è stato certo elegante e in più si sono aggiunte le parole del ministro Bondi. Ho trovato tutto molto divertente e non mi sono neanche arrabbiata, ho visto di peggio nella mia vita. Credo che Marco se la sia presa molto proprio per le date del Festival di Roma, ma non riesco a capire perché. Visto che Venezia è unica, speciale e meravigliosa, cos'è che preoccupa di Roma?
Mi sembra che forse abbia fatto uno strano effetto un articolo su Repubblica di Natalia Aspesi, in cui si lamentava l'assenza di capolavori al Lido, e nello stesso momento si è scoperto che la Aspesi sarebbe stata giurata a Roma...
Non so se sia stato quello, comunque per me era una scelta naturale, considero la Aspesi una delle grandi firme italiane del giornalismo, certo è più di un semplice critico. Non avrei mai immaginato questa reazione, ma so che Marco era infastidito già da prima, non so perché non fosse venuto in mente a lui. Va detto comunque che è stata la Aspesi a rendersi disponibile, con grande curiosità. Peraltro, sono convinta che per noi sia una perdita, perché così la Aspesi non potrà scrivere nulla sul festival. Insomma, io amo Natalia e le voglio bene, la considero una delle migliori giornaliste e commentatrici italiane...
Forse gioca tanto su alcune cose senza troppe verifiche...
Fa un altro mestiere, è un'opinionista. Ma i giornalisti cinematografici in generale non fanno molte verifiche, e questo richiederebbe una seconda intervista visto quanto è ampio il tema...
Tornando all'argomento principale, faresti il direttore a Venezia?
Non nego che per chi fa questo mestiere e si occupa solo di cinema, sia un punto di arrivo ed è difficile rifiutare. D'altro canto, credo che Venezia sia in un momento difficile per diverse ragioni, e anche se mi hanno sempre chiamata a risolvere situazioni in bilico, non credo che sia in un momento facile. D'altronde, c'è un buco al posto del palazzo, l'amianto nel sottosuolo, gli albergatori che se ne fregano, gli americani che giudicano la manifestazione troppo costosa e fanno storie per portare le star, più le tempeste politiche che sono collegate e che magari non conosciamo. Non so se Bernocchi andrebbe a fare il Direttore di Venezia...
Bernocchi andrebbe sicuramente a fare il direttore di Venezia se glielo offrissero, però è anche vero che Bernocchi ha opzioni diverse a sua disposizione rispetto alla Detassis...
Allora, è ufficiale, Bernocchi andrebbe e si sta proponendo...
A Bernocchi va benissimo anche il posto di vicedirettore, se qualcuno dei nomi ancora non bruciati è in ascolto (risate). Seriamente, nel caso, abbandoneresti il lavoro a Ciak?
Il Lido rappresenta una scelta molto importante, definitiva. Lo è anche Roma, ma non è un lavoro a tempo pieno ed è una collaborazione, quello di Venezia invece sarebbe un impiego che dura 12 mesi all'anno. E' una dimensione diversa.
Quali sono le scelte che dovrebbe fare il nuovo direttore di Venezia, chiunque sia?
Credo che bisognerebbe spostare in fretta il Festival a Venezia dal Lido, per via dei problemi al nuovo Palazzo del cinema e alla sua costruzione. Altrimenti, bisognerebbe dar vita a un accordo degno dei patti lateranensi, un patto di stabilità con tutte le realtà al Lido, perché molto spesso ai veneziani non importa nulla del Festival. Ci vuole un patto chiaro con le istituzioni. Non è possibile che Venezia sia diventato il Festival più costoso, quando magari manifestazioni che arrivano subito dopo come Abu Dhabi si offrono di pagare tutte le spese, compresi gli aerei privati. Insomma bisognerebbe ripensare la logistica. Capisco anche Müller e il suo nervosismo, perché è una situazione pesante gestire il miglior Festival del mondo dopo Cannes (che peraltro forse non ha lo stesso fascino di Venezia). Cosa sono quei 100 metri di strada desolati, il triangolo delle Bermude (ci si riferisce al cantiere del nuovo Palazzo del cinema, ndr)? Gli hotel e i ristoranti dai prezzi inauditi? E quello che prima era l'unico bar dove poter prendere un caffè che diventa uno spazio sushi dove bisogna togliersi le scarpe per entrare? Sono cose da pazzi, scelte contro il pubblico.
Nel caso alla fine la scelta cadesse su di te, ti aspetteresti polemiche per via del tuo lavoro a Ciak e del fatto che verresti vista come una scelta berlusconiana?
Mi affido per ogni giudizio alla mia storia personale e professionale. Posso avere le mie idee, ma sul lavoro non scherzo, sono e mi considero un tecnico. Già nel 2001, non ho accettato la posizione di direttore del Festival perché non mi sembrava ci fossero le condizioni politiche. Tuttavia, appena uscito il mio nome, Maselli, pur non conoscendomi personalmente, urlò alla lunga mano di Berlusconi sulla Mostra di Venezia. Magari fosse così, credo che Berlusconi non sappia neanche chi è la Detassis. E alla Mondadori devo il fatto di aver difeso e sostenuto, anche in tempi di crisi, un mensile di cinema, che rappresenta una piccola nicchia dal business sano ma certo non determinante per un'azienda.
No, non ho mai sentito Berlusconi né nessuno dei suoi collaboratori, non fatevi fantasie. Per il resto, ho un rapporto ottimo con le case di distribuzione, compresa Medusa, che non ha mai cercato di fare richieste fuori luogo, grazie anche alla equilibrata gestione di Letta. In realtà, parliamoci chiaro, noi non contiamo niente, non siamo noi a ricevere offerte e pressioni. Cosa contiamo noi del cinema? Nel caso questo può succedere per i giornali politici e di attualità. Credo che sia molto semplice rimanere indipendenti nella vita, intanto non avendo scheletri nell'armadio ed essendo accurati, perché quello che fai te lo ritrovi. Sono serena e infatti ho un mutuo da pagare...
E non hai un appartamento di fronte al Colosseo pagato da altri...
E neanche di fronte alla Madonnina! (risate).
Torniamo al Festival di Roma 2010. C'erano dei film che volevi assolutamente e che non siete riusciti ad avere? Invece, dei titoli che hai molto apprezzato e che potrebbero rappresentare una sorpresa, a parte i film più noti?
Sicuramente, il film che volevo avere a tutti i costi e per cui ho lottato fino all'ultimo era Tree of Life di Terrence Malick, ma semplicemente non è ancora pronto. Credo che sia io che Müller abbiamo tentato in tutti i modi di averlo. Comunque, ho visto dieci minuti ed erano assolutamente splendidi. Un altro che volevo è 127 Hours di Danny Boyle, che però passa al London Film Festival, che quest'anno era in anticipo su di noi. Peraltro, è abbastanza naturale che un regista inglese decida di andare lì. Fino all'ultimo, poi, pensavamo di avere Conspiration di Robert Redford, ma ha rinunciato ai festival dopo Toronto. Poi capitano situazioni in cui rifiuti cose che potresti avere facilmente, perché magari sono passate in troppi Festival, come è capitato con Tabloid di Errol Morris, che mi è stato proposto in questi giorni dal produttore in una sneak preview a sorpresa. In alcuni casi ci sono delle regole da Festival da rispettare, anche se stupide.
Per quanto riguarda le cose migliori, ma che rischiano di sfuggire perché piccole e poco promozionate, mi sento di consigliare Dog Sweat, il film iraniano in concorso, così come la pellicola australiana Little Sparrows, forse più adatta al pubblico femminile, che voglio sostenere molto visto che ancora non ha una distribuzione, senza dimenticare il belga Kill Me Please e il cinese Bei Mian. Fuori concorso, trovo che Animal Kingdom sia un capolavoro, mentre un titolo che avrei visto bene in competizione è L'homme qui voulait vivre sa vie, che è molto interessante, ma che non ha voluto essere in concorso. Nella sezione Alice segnalo Leila, oltre a Waiting for Superman che ovviamente conosciamo, mentre in Extra, oltre a Inside Job, mi è piaciuto molto Yves Saint Laurent, che farà discutere, forse perché non è quello che si attenderebbe. Preferisco non parlare dei titoli italiani per ovvie ragioni.