Real Steel - La round table virtuale con John Rosengrant
Esce oggi in home video il riuscito e intimistico blockbuster di Shawn Levy con Hugh Jackman; abbiamo incontrato l'animatronic supervisor John Rosengrant...
Esce oggi in home video Real Steel, la pellicola sci-fi diretta da Shawn Levy e interpretata da Hugh "Wolverine" Jackman. Il film, liberamente ispirato al racconto di Richard Matheson "Steel" ha ottenuto un buon riscontro critico/commerciale. Fra i più grandi pregi che gli sono stati riconosciuti c'è, soprattutto, il suo riuscire a essere una storia "vecchio stampo" in stile Over the Top condita da effetti speciali all'avanguardia.
D: Qual è stata la parte migliore del lavorare a Real Steel?
R: La parte più bella è stata il dare vita ai personaggi, con la speranza di averli resi iconiciD: Quali sono le sfide che nascono dal mixare animatronic e computer grafica?
R: Vuoi che tutto venga fatto senza difetti di sorta. Shawn Levy, i produttori e la squadra alla Digital Domani, capeggiata da Erik Nash... tutti noi ci siamo avvicinati al progetto con questa mentalità. Volevamo che il film fosse credibile, anche in quelle riprese coi soli elementi in computer grafica. I robot animatronici ti davano una luce grandiosa e degli ottimi riferimenti per le dimensioni. Inoltre, nelle riprese in cui dovevamo usarli, tutto diventava più comodo anche per gli attori che avevano “qualcosa” cui reagire.
D: Quanto ci vuole a preparare degli animatronic come quelli che avete usato?
R: Il processo ha richiesto 5 mesi di lavoro. Sei settimane per il design, le sculture digitali e il successivo “rompere” ciascun robot in tanti pezzettini virtuali da usare come prototipi per la produzione di quelli reali. Ognuno di essi e formato da circa 300 pezzi. Il resto del tempo è stato utilizzato per costruirli materialmente.
D: Avete dovuto affidarvi a qualche nuova tecnologia per far funzionare al meglio i movimenti dei robot?
R: Abbiamo usato una tecnologia chiamata “stealth control system”, una speciale pompa idraulica molto portatile e leggera che, insieme a un sistema di controllo intuitivo, ci consentiva di preparare i robot per le riprese in circa dieci minuti.
D: Quanto è difficile lavorare con gli animatronic piuttosto che con gli attori?
R: Con gli animatronic devi rendere credibile la performance di una macchina. A prescindere dal nostro essere artisti e ingegneri, dobbiamo anche essere performer e marionettisti. Dobbiamo incanalare l'energia necessaria al dare vita ai personaggi.
D: Qual è il tuo robot preferito?
R: Sono tutti come dei figli. Impieghi tanto tempo e forza per farli. Ma penso che Atom dimostri davvero tutto il suo cuore e la sua anima, nonostante il suo essere un robot. Quindi forse le mie preferenze vanno verso di lui.
D: Qual è stata la sequenza più complessa da affrontare?
R: Come ogni film pieno di effetti special ce ne sono state parecchie. Ma la prima che mi viene in mente è quella in cui potenziano Atom dopo averlo recuperato dalla discarica. Dovevamo coprirlo di fango e farlo sedere. Non avevamo tutto il tempo che avremmo desiderato per allestire la scena, ma alla fine è venuta davvero bene. E sono molto orgoglioso di essa.
D: Di cosa sono fatti i robot?
R: La parte esterna è fatta di fibra di vetro e un mix realizzato ad hoc di uretano. La struttura meccanica interna e fatta di acciaio e alluminio. Diversi robot hanno i meccanismi fatti di alluminio. Gli Eroi sono una combinazione di sistemi idraulici e animazione con bastone in stile marionetta.
D: Hai lavorato a stretto contatto con gli attori?
R: Decisamente. I tre eroi robotici che abbiamo fatto, dei 27 esemplari complessivi, erano quelli coi quali Hugh Jackman e Dakota dovevano interagire. E' stato molto utile, specie per Dakota che al tempo delle riprese aveva solo 10 anni; avere un riferimento concreto con cui relazionarsi nella recitazione lo ha aiutato. Penso che la scintilla fra i due sia abbastanza evidente.
D: Secondo te, Stan Winston cosa ha portato al mondo del cinema? Qual è l'essenza della sua eredità?
R: L'essenza risiede nel fatto che mi ha insegnato che il succo del nostro lavoro alberga nel creare dei personaggi. Non è anto una questione di effetti speciali, quanto di personaggi memorabili. Stan era un make up artist e un raffinato artista, ma originariamente venne ad Hollywood per iniziare la carriera d'attore, quindi teneva particolarmente a questo aspetto. A prescindere che si trattasse della Regina Aliena, di Terminator, o dei dinosauri di Jurassic Park hanno sempre avuto quest'attitudine che li faceva sembrare vivi.
D: Quanto è cambiato il tuo lavoro dai tempi di Terminator?
R: In questo film abbiamo costruito dei veri robot, in Terminator abbiamo costruito robe che fingevano di essere dei veri robot. Poi l'avanzamento della tecnologia ci ha permesso di realizzare dei prototipi digitali da mettere subito in produzione e, più generalmente, di fare cose impossibili all'epoca.
D: Quando hai preso parte al film, avevi in mente fin dall'inizio il design dei robot?
R: Il design è stato elaborato da Shawn Levy e da Tom Meyer, il production designer. Quello che abbiamo fatto è stato tradurre in termini pratici i disegni di Tom e del suo team. Poi abbiamo aggiunto le nostre migliorie, i nostri abbellimenti, ma si è basato tutto sui disegni di tom e dei suoi.
D: Steven Spielberg, Shawn Levy, Hugh Jackman e Evangeline Lily: cosa pensi del lavoro con loro?
R: Ho avuto l'onore di lavorare con Steven in due Jurassic Park e nell'ultimo flm d'Indiana Jones. E' un piacere lavorare con Shawn Levy, amo la sua energia creativa. Hugh è un grande attore e un vero gentleman.
D: Quale fra i tuoi film precedenti ti ha preparato meglio a Real Steel?
R: E' come se mi stessi preparando per Real Steel fin dal primo Terminator. Abbiamo realizzato il nostro bel quantitativo di robot. Dal punto di vista tecnico ci sono stati passi in avanti incredibili specie negli ultimi quattro anni che ci hanno permesso di raggiungere dei livelli qualitativi altrimenti impensabili.
D: Nella featurette “Costruendo i Robot” il regista sottolinea come Spielberg abbia voluto enfatizzare l'impiego di veri robot animatronici. Gli effetti pratici hanno ancora spazio nell'industria? Siete per caso coinvolti nel nuovo film di Spielberg, Robopocalypse?
R: Gli effetti animatronici hanno un ruolo importantissimo in questo genere di film. Alcuni giovani registi non sono molto pratici della cosa, ma non appena vedono quello che possono portare al film, ne afferrano appieno la portata. Quanto al nuovo progetto di Spielberg sarebbe grandioso fare parte.
D: Real Steel è una storia molto intima, una vicenda padre-figlio con elementi sci-fi, oltre che un blockbuster con grandi effetti speciali. Quale fascino particolare ha esercitato su di te dato che altri film cui hai lavorato, come Avatar o Terminator 2 avevano degli elementi similari...
R: Amo creare personaggi integrali alla storia. E' la cosa più importante dato che è la storia che andrà a toccare gli animi delle persone. Se con gli effetti possiamo aiutare questo processo, penso di aver dato il gusto contributo. E' questa la chiave per un gran film. Tutti gli effetti speciali del mondo non sarebbero in grado di fare un bel film se alla base non troviamo una storia ben orchestrata.