Pantafa, intervista al premio Oscar Gabriella Pescucci: "Michelangelo, Raffaello, loro creavano… Io faccio"
In occasione dell’uscita dell’horror Pantafa, abbiamo incontrato Gabriella Pescucci, costumista premio Oscar che ha lavorato al film
Ecco la nostra intervista alla grande Gabriella Pescucci, costumista vincitrice di un Oscar che ha progettato i costumi di Pantafa, il film di Emanuele Scaringi al cinema dal 30 marzo
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Discrezione e semplicità
”C’è un sottile mistero, in Pantafa, che però doveva rimanere tale. Ho usato quindi un approccio molto discreto, per nulla invasivo, per i costumi. Detesto quando il mio lavoro si vede troppo,” spiega la signora Pescucci. Un approccio che, lo ripete spesso, è sempre al servizio dell’attore. “Il mio compito è aiutare l’attore o l’attrice a entrare nel personaggio,” prosegue la costumista, precisando che la scelta del guardaroba della misteriosa protagonista, Marta, è stata concordata con la sua interprete Kasia Smutniak. “L’attore non è un pupazzo; è una persona pensante, ha le sue idee sul personaggio. Si lavora assieme a lui e al regista, per trovare un punto di vista condiviso. Il cinema è un lavoro di squadra.”
Riguardo il suo coinvolgimento nel film, racconta: “Sono stata contattata da Domenico Procacci per questo progetto, che mi è subito parso molto interessante. Non è stato semplice,” ci rivela, “abbiamo tentato molte strade diverse per raccontare la storia della Pantafa. Alla fine, il regista ha deciso giustamente di vedere questa vicenda attraverso la lente dell’incubo e della fantasia di una bambina, concentrandosi sul rapporto tra una madre e sua figlia [Smutniak e la giovanissima Greta Santi, ndr], un legame in un certo senso sempre complesso e difficile.” Proprio per questa madre e per la sua bambina Nina, Pescucci ha optato per un’estetica semplice e sottotono.
Lo studio della tradizione
Controparte ideale rispetto alle “forestiere” Marta e Nina, il paese di Malanotte dipinto da Pantafa si anima di figure legate alla tradizione locale, in primis l’anziana Orsa (Betty Pedrazzi). Nell’ infondere la vita a personaggi immaginari, Pescucci (così come il regista Scaringi) ha attinto a piene mani proprio dal folklore reale; la spettrale figura della pantafa (o pantafica) vive da secoli nelle leggende abruzzesi e marchigiane, sublimazione fiabesca della paralisi del sonno. “Abbiamo riadattato alcuni elementi nel girare la scena della festa in costume, ma è tutto basato su una tradizione che esiste realmente.”
“La pantafa viene infatti ancora celebrata in un piccolo paese abruzzese, ci siamo documentati approfonditamente,” continua Pescucci. Anche il paese immaginario di Malanotte è basato su un luogo reale; esiste infatti un piccolo centro con questo nome, sito in provincia di Chieti. Tuttavia, il vero Malanotte è abbandonato da molti anni; Scaringi ha invece ricreato il nebbioso villaggio nel Lazio, tra Guidonia Montecelio e la Valle dell’Aniene.
Una vocazione innata
”Posso ritenermi molto fortunata,” ci racconta Gabriella Pescucci, “perché ho sempre voluto fare questo mestiere. Fin da piccola, mi è sempre piaciuto disegnare l’abito antico, dicevo io. Ero una bambina piuttosto solitaria, e passavo molto tempo a disegnare; la mia insegnante di disegno delle scuole medie convinse i miei genitori a mandarmi a Firenze, all’Istituto d’Arte. Poi feci l’Accademia, ma nel mio cuore ho sempre desiderato fare cinema. Ho fatto molto teatro, molta lirica, certo; in ogni caso, il mio interesse era comunque sempre legato all’abbigliamento del passato.”
L’emozione le colora la voce nel ripercorrere gli albori di una vocazione che dura da tutta la vita; la passione per l’abito d’epoca non ha però impedito a Gabriella Pescucci di collaborare a molte opere ambientate ai giorni d’oggi, come appunto Pantafa. A tal proposito, la costumista riflette: “Credo sia molto difficile fare un film contemporaneo, la moda oggi è spesso ripetitiva. Da quanti anni ormai ci vestiamo di nero? Io per prima: è una tinta comoda, si ravviva subito con una sciarpa colorata…”
L’umiltà del talento
A dispetto delle tante sfide affrontate nella sua lunga carriera, Pescucci confessa di archiviare rapidamente le difficoltà. “Ce ne sono state, per carità, ma io dimentico e vado oltre. Cancello le cose negative.” Un atteggiamento che, lo percepiamo, è la chiave di un successo che continua ad arriderle oggi come dieci, venti, trenta, quarant’anni fa. Successo più che mai meritato e, al di là dell’ottimismo, certo guadagnato con un impegno che non è mai venuto meno, anche una volta consacrata da una fama mondiale.
Ma quando si accenna alla creazione dei costumi per Pantafa, Gabriella Pescucci quasi si ritrae. “Io non ho creato niente,” precisa divertita. “Michelangelo, Raffaello, loro creavano… Io faccio. Detesto questo uso continuo della parola creare. Ormai si crea anche una zuppa di verdure.” Non ce ne voglia la celebre costumista, ma ripercorrendo passo dopo passo il contributo che ha dato ai film cui ha preso parte, parlare di arte ci pare non solo doveroso, ma estremamente naturale. Alla faccia di un mondo che, quest’è vero, parla a sproposito di creatività e confonde spesso la fama col talento, Pescucci continua a stagliarsi al di sopra della mediocrità con la bonaria umiltà che è propria dei veri talenti.
Vi ricordiamo che Pantafa sarà al cinema dal 30 marzo.