Nick Hamm su Il Viaggio: "Scommetto che il 50% di quello che abbiamo inventato è accaduto davvero!"
Il regista di Il Viaggio spiega come mai inventare una storia fasulla su personaggi veri è meglio che raccontare la loro vera storia
Personalmente coinvolto nei fatti che Il Viaggio prende di petto, cioè la guerra civile nordirlandese, viste le sue origini, ma anche così ragionevole da non prendere necessariamente uno schieramento, Hamm, dopo una vita di cinema su commissione ha intrapreso il film personale per antonomasia che ora esce in sala anche da noi dopo essere passato a Venezia.
Il Viaggio è un film di politica immaginaria, che immagina cause immaginarie di eventi reali. Da dove ti è venuta questa idea?
Però anche quelle fallacità sono immaginarie...
“Parti dal presupposto che non è possibile fare un film politico con la politica, devi farlo con le persone. Come sono queste persone, come si comportano, che fanno... Insomma bisogna guardarli come esseri umani e non come argomenti politici. Perchè una volta levato il primo strato di ideologia quel che rimane è la persona, e scopri che quella persona è molto simile a te, ha gli stessi problemi che hai tu come essere umano, da lì realizzi anche le similarità tra diverse politiche”
Quella di Il Viaggio è la storia di cosa ha portato ad un accordo storico. Credi che la si potesse raccontare meglio così, con una storia fasulla, invece che tramite la cronaca dei veri eventi?
“Così ho più libertà e la gente ama l’idea della mescolanza di realtà e fantasia, non sapere cosa sia vero e cosa no. Del resto nessuno sa cosa si siano detti realmente, potrebbero aver detto metà delle cose che ci siamo inventati. Abbiamo chiesto qualche informazione ai vari partiti, abbiamo chiesto cosa si dissero in un noto viaggio in aereo ma una parte diceva una cosa e l’altra ne diceva un’altra. Quando hai a che fare con l’Irlanda Del Nord la “verità” è un concetto molto strano, per ognuna delle parti in causa ha un significato diverso. Sono pronto a scommettere che almeno il 50% di quel che abbiamo messo in scena è accaduto realmente”.
Werner Herzog dice che la realtà dei fatti è assolutamente insufficiente per giungere alla “verità” e che per farlo è necessario mescolarla alla finzione, lei concorda?
“Certo! Il mio lavoro è fare film, il tuo è dire alla gente di parlare del film e aiutarli a capire il contesto del film e l’unica maniera per farlo è elevando il nostro discorso. La vita vera è una cosa ma questa è fiction politica, è teatro. Io davvero vorrei vedere tutti i politici di opposti schieramenti confrontarsi in uno spazio piccolo, in un’automobile”
Avete fatto vedere il film a Martin McGuinness?
“AHAHAHAHA assolutamente no! Non mi importa cosa direbbe, non gliel’ho nemmeno chiesto, mi importa solo cosa ne dice la gente. Parliamo di due politici veri qui, realmente identificati con i loro ideali e con la causa per la quale combattono, non sono corrotti, non sono arraffoni che cercano la luce della ribalta, nessuno dei due sta lì per riempirsi le tasche, erano davvero dediti alla causa”.
Non ha nemmeno sottoposto il copione alle parti in causa per un parere?
“Non gli ho fatto leggere il copione ma mi sono confrontato con loro. Non mi serviva un appoggio, volevo solo che sapessero cosa stavo facendo. Mi sono sembrati a proprio agio con l’idea ma nemmeno loro hanno chiesto di poter mettere bocca. Tra due settimane però la famiglia Paisley ha organizzato una proiezione in parlamento.
Credo che l’attuale crescita del populismo (che poi in realtà è nazionalismo) stia creando un ecosistema in cui i politici sono inutili, il ruolo del politico sta diventando sempre più di basso grado, la gente ne ha una bassa opinione. Tutti li accusano di non fare niente e cercare di arricchirsi ma io non credo sia sempre vero, c’è chi cerca di fare il proprio lavoro. Questo film afferma che esiste un ruolo per i politici nella società”.
Alla fine più che di cattolici e protestanti voleva parlare di convivenza mi pare di capire...
“È una celebrazione di cosa sia la politica al 100%, una celebrazione del compromesso e della discussione. Del raggiungere una conclusione con qualcuno che non ami. Credo occorra farne di più di film simili”.
Essendo nato a Belfast immagino fosse coinvolto in particolar modo dagli eventi e dalle fazioni in gioco no?
“Non pensare fossi di parte, queste due figure sono così importanti per noi che vanno rappresentate a dovere. Questo non significa essere bilanciati, volevo che il pubblico stesse di volta in volta con un lato differente. Mi piace che tu stia lì e rimanga coinvolto nella discusse politica, che sia non solo intrattenuto ma anche che entrambe le fazioni alla fine del film abbiano la possibilità di dire la propria. In una situazione come questa bisogna rappresentare due voci, altrimenti non funziona”.
Da dove viene l’idea di avere Tony Blair in una stanza a monitorare i due che parlano?
“Perché dava credibilità allo spunto che motiva la conversazione. Il viaggio che fanno da St. Andrews dura 45 minuti o un’ora, quindi ci serviva uno stratagemma per i due personaggi per stare nella macchina più a lungo, magari avversità da superare, e mi piace che quel che devono superare sia la natura, la strada, la foresta. Considera che quei due non si sono mai seduti in una stanza insieme, quando dovevano trattare c’era il governo irlandese a fare da tramite, raccoglieva le loro affermazioni in una stanza poi andava nell’altra e le riferiva all’altro".
Lo stesso avere Tony Blair in quella posizione è molto metaforico...
“Beh ha fatto molto per la questione dell’Irlanda Del Nord, ovviamente poi ci abbiamo infilato un po’ di commedia per dare al film anche un po’ di tocco leggero, perché se puoi riderne il film ha più senso”.