Newness, la nuova società di sviluppo progetti spiegata dai fondatori Alessandro Borghi e Guido Maria Brera

Newness non è una società di produzione canonica, più un hub di sviluppo progetti che però avrà i contatti sviluppati negli anni da Borghi e Brera

Critico e giornalista cinematografico


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Poche settimane fa è stato annunciato che Alessandro Borghi e Guido Maria Brera hanno creato insieme una società di produzione chiamata Newness, che al momento è nella fase di recruiting.
Brera è amministratore delegato del gruppo Kairos (private banking), è stato consulente sulla serie Diavoli (tratta da un libro da lui scritto) e lì ha conosciuto Borghi. Ma anche prima Brera ha più volte investito e operato nella produzione culturale, ad esempio promuovendo la fondazione della casa editrice La nave di Teseo, o scrivendo altri due romanzi dopo Diavoli.

Li abbiamo sentiti telefonicamente per capire cosa sia esattamente Newness, come funzionerà, che obiettivi ha e soprattutto perché è stata creata, per supplire a quale vuoto.

Se non ho capito male non è una società di produzione come era stato annunciato ma più un laboratorio creativo giusto?

ALESSANDRO BORGHI: “Sì, Newness non fa produzione esecutiva, è un luogo di sviluppo soggetti e trattamenti da presentare a case di produzione. Questi progetti, se dovessero essere presi, poi potrebbero anche essere co-prodotti da Newness ma non è detto. Il punto è che non siamo veri produttori e lasciamo questo lavoro a chi lo sa fare sul serio. Newness è sostanzialmente una stanza in cui riunire una squadra di talento”.

Cosa ti ha spinto a fondarla? Vuoi più controllo nei progetti di cui fai parte?

AB: “In realtà devo ammettere che, in punta di piedi e stando attento a non mancare di rispetto a nessuno, il controllo un po’ l’ho sempre avuto, perché mi è stato consentito. Semmai dovrei mollarlo un po’... Newness nasce perché Guido nel suo mondo e io nel mio ci siamo costruiti una serie di contatti e percorsi, tuttavia io me la ricordo l’impossibilità di essere ascoltato dai piani alti quando avevo 25 anni. Per questo noi vogliamo azzerare la distanza tra talenti e punti di arrivo, facciamo da Caronte tra chi ha 22-27 anni e produttori che non li prenderebbero sul serio. Poi magari in alcuni di questi progetti sarò attore, o magari ci saranno colleghi che stimo, non lo so. Il punto è che, prendiamo per esempio un produttore che conosco bene come Matteo Rovere, invece di fare la trafila e passare per molti intermediari se io ho un soggetto in cui credo dopo 2 settimane sta sulla scrivania di Matteo e lo so perché ce lo porto io! E lo stesso vale per Gianani di Wildside, per Mieli di The Apartment, o Netflix, Prime, Disney….”.

Ma tu hai le spalle grandi a sufficienza per far partire un progetto se lo desideri, non hai bisogno di creare una società per farlo. Perché invece l’hai fatto?

AB: “È vero, ho la fortuna di poter scegliere i progetti che mi interessano, ma ho il desiderio di entrarci dentro dall’inizio. Quando una grande produzione o un grande regista mi offre un personaggio il progetto è già fatto e finito, magari me ne innamoro eh, è capitato tante volte, ma ora vorrei seguire le storie dall’inizio, libere da compromessi produttivi come algoritmi, soldi, tax credit, tempistiche…”

Aspetta, in che senso “libere”?

AB: “Esistono una serie di misure canoniche tipiche di questo momento storico. Alle volte sono necessarie e altre un po’ contrarie allo spirito del racconto libero. Nella fase a cui lavora Newness invece, quella della concezione e scrittura non esistono paletti, esisteranno poi quando porteremo il progetto ad un produttore, ma a quel punto se ne può parlare. Cerco di essere più preciso: se un produttore mi dice “Guarda, ci stanno 40 maschi e 2 donne in questa sceneggiatura, va aggiustata” io gli posso rispondere “Sì, ma abbiamo quest’altro soggetto con 40 donne e 2 uomini, si possono fare tutti e due?” E magari mi dice di sì”.

Dove contate di reperire le storie? Saranno tutte concepite internamente o siete aperti a soggetti e sceneggiature esterne?

GUIDO MARIA BRERA: “Le storie ti vengono a cercare, ti bussano alla porta improvvisamente, spesso nel momento peggiore, quando non le puoi seguire. Io poi vengo dalla finanza, un lavoro che ti insegna l’importanza della contemporaneità, se non sei contemporaneo non puoi interpretare dove va il mondo. Per questo oltre alle storie che ci verranno a cercare cercheremo noi di raccontare quel che vediamo, ascoltando molti ragazzi che hanno le loro storie e le loro idee. Non hai idea di quante ce ne siano di semplici e interessanti che nessuno ha mai raccontato”.

Mi sembra di capire quindi che vedete intorno a voi molte storie e progetti validi che non trovano spazio. È possibile davvero anche in questi anni in cui la produzione è decisamente aumentata?

AB: “Posso dirti che sicuramente oggi è meglio di prima, le piattaforme hanno reso più semplice l’accesso dei più giovani. Eppure noi abbiamo ricevuto 520 proposte non appena annunciato Newness, e molte anche da gente con un curriculum e una storia già formata. Questo mi ha fatto pensare che se questi che hanno studiato e fatto accademie di scrittura anche a Los Angeles vengono da noi è perché non hanno trovato modo di realizzare le loro sceneggiature. Poi non stiamo a prenderci in giro bisogna fare i conti con il talento eh, molti sono bravi, molti invece potranno fare questo lavoro ad un altro livello perché non possiedono un talento incredibile e possono magari fare parte di una squadra o cose di un livello più commerciale, dimensione che si è molto uniformata soprattutto nel mondo delle piattaforme dove la qualità scende ogni giorno di più”.

Ovviamente sui progetti che poi si fanno avrete un margine no?

GMB: “Guarda io non ho mai creduto alle cosiddette no profit, o sei una Onlus oppure devi fare dei profitti per stare in piedi sulle tue gambe, devi poter reinvestire per essere forte. Il punto semmai è che tipo di profitto vuoi fare e che orizzonte temporale hai. Newness non lo facciamo per soldi, ma come forma di give back, dare qualcosa indietro alla comunità, tuttavia non si può rinunciare ad essere un’attività economica che rispetta i canoni economici, selezionando i progetti migliori ad esempio, perché se vuoi stare in piedi per tanto tempo devi essere ordinato e solido”.

Nel lungo periodo contate di diventare una casa di produzione tradizionale? Una che fa anche la parte esecutiva da sé?

AB: “Ti posso dire che ne abbiamo parlato ma per ora non ci pensiamo perché davvero ci sono tanti che lo fanno meglio. Tuttavia, per spiegarti l’approccio che abbiamo, ti dico che se troviamo due ragazzi che scrivono un bel soggetto e lo portiamo fatti conto a Mario Gianani di Wildside e se a lui piace quindi fa un accordo con i ragazzi per la sceneggiatura ad un certo punto io o Guido possiamo diventare co-produttori, perché a quel punto sappiamo di essere assistiti da qualcuno che ci può guidare. In anni di questo poi contiamo di sviluppare una competenza per poterci buttare in quella direzione. Ma ad ora ci interessa meno”.

Che film volete sviluppare? Film da festival?

AB: “Magari! Sarebbe un sogno essere presi da un grande festival con uno dei nostri film. Eravamo partiti pensando solo al cinema e al grande schermo, poi ci siamo messi paura della situazione e quindi abbiamo pensato anche alla dimensione seriale per il 30% delle storie che andiamo a trattare. Ad ogni modo quando parliamo di film io e Guido abbiamo punti di riferimento simili, ci piace un certo cinema fatto di cose piccole ma pure ambizioso se puoi permettertelo. Non so se faremo film da festival ma ti garantisco che non ne faremo per il box office”.

Che squadra avrete all’inizio?

AB: “Circa 6-8 persone per poi cercare di capire se possiamo allargarla. Mi piacerebbe ma il mio problema è che io subito parto con: “Prendiamo 20 persone!!”, solo che la capacità di produrre al momento non è così forte da assorbire un simile lavoro e insomma rischieremmo di rimanere con storie sul gruppone. Quindi partiamo piccole capendo qual è la domanda e l’offerta
Il mio problema è che penso troppo. C’ho troppe idee. Molti mi chiedono quando farò il mio esordio alla regia, però io vorrei fare una storia diversa ogni giorno. Spero che i ragazzini di Newness mi aiuteranno a fare una scelta”.

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