Muccino spiega la disavventura americana di Quello che so sull'Amore

Alla presentazione italiana del suo nuovo film Gabriele Muccino fa chiarezza su cosa sia successo ad Hollywood e come sia andato il suo film... 

Critico e giornalista cinematografico


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Prima ancora dei trailer e delle immagini di Quello che so sull’amore in Italia era arrivata la voce che il film fosse andato malissimo in America. Un disastro, un ecatombe, un inferno.

Le foto di Gabriele Muccino ingrassatissimo alla Mostra del cinema di Venezia, la critica statunitense che si fa beffe del film, il pubblico che diserta le sale e l’idea che per lui fosse tutto finito, cacciato a calci nel sedere dalla Mecca del cinema.
Le cose ovviamente non sono così catastrofiche e oggi, alla presentazione romana del film, Gabriele Muccino si è presentato senza i chili di troppo, ridente, rilassato, pronto a rispondere e con accanto uno dei distributori italiani più potenti che fa uscire il suo nuovo film nella bellezza di 450 sale: “E’ il nostro film più importante di questa prima parte dell’anno” ha detto Giampaolo Letta di Medusa.

Finalmente dalle molte leggende metropolitane è possibile fare chiarezza e capire cosa ci sia di vero nell’avventura (di certo non fortunata) di Quello che so sull’amore in terra americana.

Innanzitutto questo non è un film prodotto dagli studio, ma un film indipendente, prodotto da 13 produttori diversi la gran parte dei quali italiani (tanto che la nazionalità del film l’abbiamo cambiata in italiana), e quando è arrivato il momento della release il distributore non riusciva ad incasellarlo. In America oggi quando dicono che un film è una “commedia” non pensano a Harry ti presento Sally o Notting Hill, ma a 27 Volte in Bianco, film che non hanno una componente drammatica, mentre il mio ce l’ha, per loro è un ibrido che non sanno come collocare.

E quando si tratta di piazzare un film per loro è questione di etichetta, di genere. La crisi e la paura conseguente hanno fatto sì che ragionino in maniera molto stretta. Mi hanno fatto levare una bella scena drammatica con Uma Thurman e cambiare il finale che io avevo previsto un po’ più aperto ed europeo.

Tutto questo è risultato in un’uscita sfiduciata e sbagliatissima nei tempi:

L’avevano promosso a livello di titolo, cartellonistica e trailer in maniera sbagliata, a me non piaceva, gli avevano anche dato un titolo assurdo che significa “giocare in ritirata”, non c'entra nulla con il film. Avrebbe dovuto essere indirizzato al pubblico femminile, ma è uscito nel weekend prenatalizio adibito allo shopping, quello che tutti sanno essere il migliore per le spese, in cui i negozi sono affollati, tant’è che il mio film era l’unico ad uscire quella settimana. L’UNICO. Avrebbe dovuto fare 15 milioni all’uscita e invece ne ha fatti 6, chiaro che a quel punto il weekend dopo vieni sbranato dalle nuove uscite che sono i filmoni che puntano all’Oscar.

Ad ogni modo è costato 20 milioni di dollari e al momento ne ha fruttati 13, se considerate che è ancora deve uscire in tutto il resto del mondo [solo in Italia, il suo ultimo film americano, Sette anime, fece 11 milioni di euro incasso ndr] capite che non è stata un’operazione in perdita

Il film è stato stroncato dalla critica americana e si è detto anche dal pubblico, sebbene Muccino la pensi diversamente:

Lì si fanno i test screenings per ogni film, sempre. Fai vedere il film ad un pubblico di prova che lo vota o dice cosa non gli è piaciuto, così da potersi orientare o fare modifiche. Se una commedia non piace almeno al 75% del pubblico non esce proprio al cinema, ma va in DVD, la mia è piaciuta proprio al 75%, segno che aveva potenzialità e difatti è andata al cinema. In più nei sondaggi che si fanno all’uscita dalle sale nel primo weekend il film aveva anche ricevuto una votazione generale di B+ (in un sistema dove A è il massimo e F il minimo) e pensate che la settimana prima Killing them softly con Brad Pitt e prodotto dai fratelli Weinstein aveva preso F. Per cui non è che non sia piaciuto, non è stato distribuito come avrebbe meritato.

Parlare dunque di porte chiuse ad Hollywood è molto azzardato:

Io non smetto di fare film in America. Di certo non me ne vado da sconfitto, se me ne andrò sarà perchè lo voglio io. In questi anni ho avuto moltissime offerte che ho anche rifiutato, perchè faccio i film che mi piacciono, non so fare quelli che mi dicono di fare. Forse ho fatto male a rifiutare, non lo so, è sempre difficile valutare la bontà delle scelte che prendi.

Ho un progetto che sto scrivendo in prima persona, penso ad un’attrice giovane e mi piacerebbe coinvolgere gli amici che mi sono fatto in questi anni come ad esempio Woody Harrelson. Però stavolta faccio come gli italiani che più hanno sfondato in terra americana, Sergio Leone e Bernardo Bertolucci, lo produciamo con produttori nostrani e lo giriamo in lingua inglese con attori internazionali, così da essere sia libero come dico io, sia avere appeal per il loro mercato.

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