Michel Gondry: "Non ci sono troppe differenze tra come si lavora a Hollywood e in Francia"

In giro per l'Italia per la presentazione di Il libro delle soluzioni, Michel Gondry ha parlato di come lavora

Critico e giornalista cinematografico


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Nell'incontro Michel Gondry parla di come crea, dei suoi prossimi film e della sua vita onirica

Michel Gondry è in Italia per la promozione di Il libro delle soluzioni, al cinema dal 1 novembre. La Festa del cinema è una delle sue tappe e lì l’abbiamo incontrato dopo la proiezione del film (che era stato presentato la prima volta a Cannes) e del documentario su di lui, In Bed With Gondry. Nel film una versione di finzione di sé interpretata da Pierre Niney scappa in campagna con il suo film per cercare di finirlo insieme alla montatrice, recuperando artefatti, diari e idee di quando era bambino e inventando metodi di lavorazione e altri oggetti nel frattempo.

Lo abbiamo incontrato in una roundtable con altri giornalisti.

In Il libro delle soluzioni il protagonista è palesemente un suo alter ego, effettivamente quanto nel film ha messo di fatti veri e quanto ha inventato?

“Ci sono alcune questioni personali, alcune cose ovviamente non sono successe ma molte ammetto che sono successe davvero”. 

Si capisce dal film anche che ha una difficoltà a concentrarsi. Come rimedia?

“Quello che mi aiuta a concentrarmi nel processo creativo è la mia voglia di vedere il risultato finale. C’è un premio nobel che ha lavorato all'istituto Pasteur alle cultura batteriche che alla sera metteva in coltura i batteri e il giorno dopo vedeva il risultato. Ecco io mi ritrovo molto in questo processo, perché quando ho un’idea lancio il processo creativo, lascio che segua il proprio corso e poi mi diverto con il risultato finale”.

Tutto il film propone di risolvere grandi problemi con soluzioni semplici. Quanto ci crede?

“Non penso per forza che queste soluzioni possano aiutarci a far fronte ai problemi nella vita quotidiana, oddio forse un po’, chi lo sa… Però il punto è che mi sembra che spesso scartiamo delle soluzioni ai problemi che abbiamo perché ci appaiono in prima battuta troppo semplici ed evidenti. Ci viene un dubbio sul senso di metterle in pratica. Quel che volevo fare allora era mostrare che effettivamente a volte è possibile trovare soluzioni più semplici di quel che pensiamo”.

Quando ha cominciato a girare film in Francia dopo essere stato un regista hollywoodiano per diversi anni ha trovato differenze grosse nel sistema di lavoro e nel processo produttivo?

“Non ci sono troppe differenze. Al massimo a livello politico, o magari dal punto di vista del rapporto con il direttore della fotografia. Ma il dietro le quinte di come si lavora in Francia e negli Stati Uniti è lo stesso. E poi ovviamente cambiano i budget”

Sul serio anche il rapporto con i produttori e quel che viene da loro richiesto in Francia è uguale a quello negli Stati Uniti?

“Bene o male sì, ma non va inteso in senso negativo. Il produttore non è sempre brutto e cattivo, spesso si tratta di scambi pieni di consigli e che prevedono un certo tipo di supporto”

Lei è molto condizionato dalla sua vita onirica, questa spesso entra nei suoi film. Da quando fa film è successo che poi questi influenzino i suoi sogni?

“Senza dubbio. È un po’ difficile forse descrivere che cosa succede nello specifico ma sono sicuro che un po’ tutti i dettagli della vita quotidiana abbiano una ripercussione nei nostri sogni. Se penso a un dettaglio della mia vita passata, lo posso ritrovare e riattualizzare nel mio cinema e poi effettivamente lo posso risognare. Sognandolo è come se lo riorganizzassi”.

Lei ha spesso scritto ottimi personaggi femminili ma non ha mai fatto un film in cui una donna sia protagonista. È qualcosa che le potrebbe interessare?

“A dire il vero è una cosa a cui sto pensando. Ho intenzione di fare un film con una protagonista femminile, ho proprio un progetto in ballo. E lo faccio per puro opportunismo. Del resto non è difficile, basta mettere una donna al posto di un uomo, ci sono solo differenze biologiche! No scherzo. Spesso lavoro al montaggio con delle donne, e mi sono sempre detto che loro portano una prospettiva diversa dalla mia, magari più lucida”.

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