Com'è nato e con quali intenzioni è stato fatto May December, raccontato da Natalie Portman e Todd Haynes

È stata Natalie Portman a proporre la sceneggiatura di May December a Todd Haynes anche se i due ci vedevano dentro cose diverse

Critico e giornalista cinematografico


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Il resoconto della conversazione della stampa italiana con Todd Haynes e Natalie Portman per l'uscita di May December

Ci sono delle caratteristiche che rendono May December un film denso e complicato, anche se in apparenza molto chiaro: è la storia di un’attrice che deve interpretare il ruolo di una donna in una storia reale e va a vivere per un periodo con questa persona, cercando di capire qualcosa di lei, ma pieno di nuances e questioni perturbanti. La ragione per la quale questa donna merita un film su di sé è che anni prima è stata al centro di uno scandalo, una storia d’amore con un uomo molto più giovane di lei. Più l’attrice vive con questa persona e la sua famiglia più si complica il rapporto tra ciò che è finto e ciò che vero mentre i due personaggi si indagano a vicenda.

L’attrice è interpretata da Natalie Portman, la donna studiata da Julianne Moore, a dirigere c’è Todd Haynes, grande regista di storie femminili. Tuttavia il film non nasce da un’idea di Haynes, non è un progetto da lui interamente scritto, anzi è una sceneggiatura altrui che a lui è stata proposta da Natalie Portman. Una genesi che non è proprio la solita storia produttiva del cinema d’autore.

In un incontro con alcuni giornalisti italiani Todd Haynes e Natalie Portman hanno rievocato la storia di come questo film è stato messo in piedi e realizzato.

TODD HAYNES:  “Tutto è cominciato quando Natalie è venuta da me con questa sceneggiatura. È stata lei il motore intellettuale e creativo. È una temeraria, un genio, possiede un senso del piacere creativo nell’approccio al lavoro che ha infuso a tutta la produzione. L’ironia è che abbiamo raccontato una storia folle, su personaggi molto complicati che non è soltanto la storia dell'attrice che prepara il proprio ruolo, ma anche un film che racconta come vengono raccontate le storie e come si sopravvive ai momenti difficili della nostra vita attraverso le storie. Grace [una delle due protagoniste ndr] aveva già creato tutta una serie di storie per mantenere in vita la sua famiglia, cosa che è estremamente umana, e ti spinge a porti delle domande su come le storie vengano create per nascondere altre storie, per nascondere la verità. Non a caso il film stesso mette continuamente il dubbio il fatto che la storia che racconta riveli la verità”.

Cosa l’aveva colpita della sceneggiatura?

NP: “La sceneggiatura di Samy Burch mi ha sia sorpresa che commossa, perché è estremamente delicata e sottile. Si pone moltissime delle domande che io stessa mi pongo riguardo la recitazione e l'identità, come per esempio quale sia il confine della moralità”.

In che senso moralità? È perché la protagonista è un’attrice come lei e vi approcciate in modi simili ai personaggi da interpretare?

NP: “È facile vedere me in Elisabeth [il suo personaggio ndr], semplicemente perché siamo due attrici, però il mio modo di approcciare il ruolo è molto diverso. Il rischio che lei corre e che si corre effettivamente da attori è di interferire. È un rischio etico e morale che può ferire le persone che vengono raccontate. Ecco Elisabeth non fa niente per evitare tutto questo”.

È vero che è facile vedere lei nel personaggio perché avete un mestiere in comune, ma è pur vero che c’è un momento nel film in cui Elizabeth incontra degli studenti a cui racconta che quando aveva detto al padre di voler fare l'attrice, lui le aveva risposto che lei è troppo intelligente per quel lavoro. E anche lei ha avuto una discussione di questo tipo no?

NP: “È buffo perché mio padre non ha detto proprio le stesse parole ma quando avevo venticinque anni mi ha preso da parte e mi ha detto ‘Bene adesso è arrivato il momento di cominciare a pensare all'università’. Io non capivo come gli studi universitari potessero arricchire la mia carriera d'attrice, nella mente di mio padre recitare era una specie di hobby, e a venticinque anni forse era arrivato il momento di cominciare a pensare seriamente a cosa fare da grande nella vita. Lui pensava che io mi sarei forse iscritta a medicina, quello era un po' il suo sogno”. 

Quando ha accettato il film non ha pensato che sarebbe stata un’altra storia di personaggi femminili?

TH: “Rispetto agli altri personaggi femminili che ho affrontato e raccontato in altri film queste donne hanno un grande potere rispetto agli uomini della loro vita e alla loro famiglia. Sono donne che perseguono e inseguono desideri particolari e disturbanti. E poi c’è Joe, la figura più vulnerabile. La forza di questa sceneggiatura è come ci siano queste dinamiche di potere tra donne e poi entri Joe, un personaggio con cui possiamo davvero rapportarci”.

NP: Io sono sempre stata follemente innamorata dei suoi film del suo lavoro e per tutta la mia carriera. Non ho fatto altro che mandargli sceneggiature, idee, cose che speravo si potessero realizzare insieme, ma finora non c'era mai stata la possibilità e quindi sono stata felicissima e contentissima quando lui ha risposto con entusiasmo e interesse a questa sceneggiatura. Anche se poi avrebbe terrorizzato chiunque altro non fosse stato lui, chiunque altro l’avrebbe ritenuto non realizzabile perché l'abbiamo girato in ventitré giorni con un piccolissimo budget ma Todd non ci ha mai fatto sentire come se non avessimo tempo e soldi o che fossimo sempre di corsa, al contrario la sensazione che abbiamo avuto è di avere tutto il tempo del mondo e nessun limite, perché ha strutturato qualsiasi inquadratura con una tale precisione da lasciarci liberi di essere creativi. E come in uno sprint abbiamo dato tutti il meglio”.

Lo considera un film contemporaneo?

TH: “Si, è un film contemporaneo per un pubblico contemporaneo. Non ci siamo preoccupati più di tanto che l'ambiguità avrebbe potuto non essere presa bene dal pubblico. Abbiamo deciso che non ci importava granché. A sorpresa sia il pubblico, che i critici, che la stampa sono stati molto aperti. Ecco mi piacerebbe che anche la vita politica in America fosse un pochino più ambigua. Stiamo assistendo agli ultimi, fragili e deboli tentativi di un sistema democratico di mantenere delle vestigia di autoritarismo. Ed è molto chiaro dove sono le divisioni di questo mondo”.

Pensa che il cinema possa aprire le menti del pubblico in una fase storico-politica come quella in cui viviamo?

NP: “Sicuramente e per questo amo moltissimo il lavoro di Todd, perché lui si trova a proprio agio con l'ambiguità. Basta vedere come in questo film viene spostato di continuo il personaggio con il quale il pubblico si identifica o relaziona, la tua guida all'interno di questo paesaggio di emozioni proposto dal film. Todd si sente a proprio agio con l’idea di provocare il pubblico, ti scuote a tal punto che ti senti come se il pavimento si sollevasse sotto i piedi”.

May December esce al cinema il 21 marzo. Trovate maggiori informazioni sul film nella nostra scheda.

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