Maria Carolina Terzi da Mad Entertainment a Cartoon Italia: “Anche noi siamo bravi a fare animazione”

Maria Carolina Terzi ci parla del suo percorso da development producer per MAD Entertainment a presidente di Cartoon Italia

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Continuiamo il ciclo di interviste industry, iniziato con Roberto Proia, stavolta parlando con Maria Carolina Terzi, ex Capo Comunicazione e Marketing di Cinecittà Luce dal 2003 al 2010 e Development Producer per Mad Enterteinment dal 2012 a oggi (dove assiste al successo inaspettato di lungometraggi d'animazione come L'arte della felicità e Gatta cenerentola, N.d.R.). Recentemente Terzi è diventata anche nuovo Presidente di Cartoon Italia ovvero l'associazione nazionale dei produttori di animazione.

Innanzitutto come nasce la passione per questa cosa qui che ancora chiamiamo “cinema”? Anno, film, personaggio, tematica?

Prima del cinema c'è la passione per la narrazione. A 18 anni a Udine lavoravo con il CSS, Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia. Eravamo un centro di ricerca e produzione teatrale e lì ho avuto esperienze essenziali come interagire con la compagnia teatrale della Gaia Scienza di Giorgio Barberio Corsetti. Fummo i primi in Italia a portare gli Stomp che stavano spopolando all'estero così come gli spettacoli di Pina Bausch. Io vengo da queste esperienze molto sperimentali che sono prima del cinema. La prima grande folgorazione cinematografica è stata Roma di Federico Fellini.

Che cos'è il prodotto audiovisivo per te?

Per me in un certo senso è stata la sopravvivenza del mio amore per la narrazione perché una volta arrivata a Roma, mi sembrava che la città non avesse un grande amore per il teatro. La sentii come una città molto più interessata a cinema e televisione. Roma di Fellini mi aveva portato nella capitale e capii subito che l'audiovisivo avrebbe per me rappresentato la sopravvivenza professionale, artistica ed economica.

Quand'è che la passione ha battuto il raziocinio nella tua carriera?

I primi anni con Luciano Sovena all'Istituto Luce sono stati passionali e stupendi. C'era un gruppo di persone fantastico come Claudia Bedogni, Andrea Paris, Carla Cattani, Maria Antonietta Curione. Con loro mettevamo sempre la passione oltre il raziocinio. Ma devo dire che anche con Mad, e con Luciano Stella in particolare, la passionalità tende a superare sempre il raziocinio.

Un grande errore compiuto in carriera?

Niente di specifico, più che altro oggi ricordo quanto fossi arrogante e presuntuosa da giovane. Spesso pensavo che quelli che non avevano la mia vocazione fossero dei poveracci. Era difficile per me capire che gli altri avessero una vita perché per me la vita era solo quello. E ho capito, anni dopo, la cazzata che ho fatto. Era assolutamente inutile quel pensiero anche perché da giovane ti sovradimensioni sempre mentre invecchiando ti accorgi che il mondo può tranquillamente andare avanti anche senza di te.

Un grande colpo assestato?

Gatta cenerentola (2017) e L'arte della felicità (2013) per Mad. Esperienze legate a momenti in cui combatti così tanto che le cose poi cominciano letteralmente a volare. Ed è sempre un gioco di squadra. Mi ricordo anche quando con Cinecittà Luce facemmo 4 milioni di euro al botteghino italiano con Il mercante di Venezia (2004). Era una delle prime volte che Cinecittà Luce faceva un grande incasso benché il box office non fosse all'epoca la nostra missione aziendale. Quello fu un colpaccio. Ma anche L'arte della felicità e Gatta Cenerentola non posso dimenticarli.

Cos'è la cosa più importante che hai imparato del mestiere in questi anni?

L'umiltà. Bisogna imparare ad ascoltare e crescere con gli altri.

Cos'è che ti piace di più in questo momento? Quella “cosa” che quando la vedi pensi: “È perfetta”?

Non c'è niente di più bello e perfetto degli incontri con gli autori quando sviluppi la sceneggiatura. Questa è la cosa che mi piace di più. Anche per via di una malattia che ho avuto per due lunghi anni, oggi per me è “perfetto” stare con gli altri e ascoltarli.

Anche tu Carolina hai attraversato 20 anni decisivi nella storia dell'audiovisivo, dai primi anni 2000 a oggi. Cosa succederà secondo te ancora a questa “cosa” nata nel 1895?

Ce ne sarà sempre più bisogno. Ci sarà sempre più bisogno di artisti e non penso che l'intelligenza artificiale possa mai essere arte. L'arte è riconoscibilità e visione. Io penso che l'audiovisivo sia una grande forma d'arte pop come pop era anche Giotto quando affrescava le chiese per comunicare al popolo. Penso che in futuro avremo sempre più bisogno di artisti dell'audiovisivo come Paola Cortellesi e Mario Martone.

Qual è il regista che ti ha colpito di più con cui hai collaborato e la star che ti ha sorpreso di più da vicino?

Dentro l'animazione non posso che dire Alessandro Rak perché quando lo vedi lavorare ti sembra sempre che sia in grado di animare un universo davanti a te. Poi devo dire Mario Martone per la sua capacità di concentrazione e di sapienza. Non c'è mai una sbavatura nel suo lavoro. Ha la capacità di togliere l'inutile. Mi ricordo anche un tour in Italia con Wong-Kar wai e Tony Leung quando dovevamo promuovere 2046 (2004). Di star mi ha colpito molto Pierfrancesco Favino perché non hai di fronte un ego dilatato ma una persona di profondissimo pensiero. Mi piace la sua complessità dentro di sé. E poi non posso non citare Valeria Golino. Donna stupenda e grande artista.

Si produce troppo secondo te in Italia?

Secondo me non si produce mai troppo. Io mi chiedo, ma la Francia fa 250 film all'anno e li senti mai lamentarsi? Noi italiani siamo troppo lamentosi e soprattutto siamo sempre pronti a dare bastonate al nostro sistema.

Pensi che l'Italia debba avere una connotazione geopolitica precisa in chiave autoriale e di cinema del reale ancorati alla tradizione neorealista amata e premiata da Hollywood per tuto il '900 o sogni che si torni alla decade dei '60 in cui eravamo fortissimi anche nel cinema di genere tra fantascienza, western, polizieschi, gialli, erotici e horror?

Noi siamo profondità e intrattenimento da sempre. Roma città aperta (1945) è tutto. Dramma e commedia insieme. La scena della padella con Aldo Fabrizi in quel film, tu non la consideri commedia all'italiana? Io sì.

Chiudiamo con la tua nuova carica di Presidente di Cartoon Italia. Obiettivi?

L'idea è collettiva. Siamo in 40 aziende di animazione associate. È una grande famiglia e non bisogna mai dimenticare che il mondo dell'animazione non è glamour o composto da artisti che cercano la copertina di Vanity Fair. È un mondo di pazzi creativi, ironico e divertente. Quello che sogno di fare io come Presidente, dopo l'ottimo lavoro dell'ex Presidente Anne Sophie Vanhollebekeche, è quello di lavorare per la cosiddetta “sottoquota” italiana e ci vorrà del tempo, compattezza e grinta per far capire al mondo delle piattaforme e dei broadcaster quanto siamo bravi, come ha fatto Movimenti quando ha prodotto le serie di Zerocalcare per Netflix. Ci sono tantissime aziende che possono sfondare in Italia e nel mondo perché un film d'animazione family può andare ovunque, dal nonno al nipotino. È un comparto fondamentale.

In copertina: Maria Carolina Terzi e Luciano Stella con il David di Donatello per “Gatta Cenerentola” / Mad Entertainment

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