LuccaCG18, Edizioni BD: Intervista a Faith Erin Hicks, autrice di La città senza nome

A Lucca Comics & Games abbiamo intervistato per voi Faith Erin Hicks, autrice di La città senza nome

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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A Lucca Comics & Games 2018 abbiamo avuto il piacere di incontrare l'autrice canadese Faith Erin Hicks, vincitrice nel 2014 di un Eisner Award grazie a The Adventures of Superhero Girl e ospite alla fiera toscana di Edizioni BD, che ha tradotto e pubblicato nel nostro Paese la sua ultima fatica: La città senza nome, trilogia di graphic novel fantasy tra le più amate negli Stati Uniti dai lettori di ogni età.

Ringraziamo la casa editrice milanese, in particolare Anna Spena e Daniel De Filippis, per la collaborazione. Ecco cosa è scaturito dalla nostra chiacchierata con la fumettista:

Ciao, Faith, e benvenuta su BadComics.it!
Com'è nata la tua passione per il Fumetto? È qualcosa che ami fin da quando eri piccola?

Demonology 101, anteprima 01

Si, credo di aver sempre amato i fumetti. Sono canadese e ho iniziato prestissimo a leggere fumetti e quindi webcomic. Ero soprattutto affascinata dal medium e desiderosa di creare io stessa delle storie. Così, a diciott’anni, ho iniziato a realizzare il mio primo webcomic, “Demonology 101”, ispiratomi fondamentalmente dalla serie TV “Buffy l'ammazzavampiri”. Non era il massimo, ma mi ha permesso di prendere confidenza con il mezzo espressivo e di imparare molte cose al riguardo. In realtà, devo ammettere che allora non pensavo affatto al Fumetto come a un mestiere. Ero interessata all’animazione e a realizzarmi in quel campo. Oggi mi ritrovo a festeggiare il mio decimo anniversario di carriera come autrice di fumetti ed è davvero fantastico, sono così felice per il lavoro che posso fare! È un miracolo.

Quali sono, a tuo avviso, i punti di forza del Fumetto digitale?

La cosa più interessante dei webcomic è che tutti possono farne uno, amatori e professionisti. Non ci sono vincoli o dinieghi. Non c’è un editore da conquistare, politiche di mercato da soddisfare né obiettivi da raggiungere. Inoltre, i fumetti digitali sono accessibili a tutti, soprattutto alle giovani generazioni e, non dimentichiamolo, sono gratuiti. Rappresentano una nuova frontiera per aspiranti artisti, e sono oggi sostanzialmente il modo di intendere il Fumetto in Canada. Sono, insomma, il modo più semplice ed economico per chiunque voglia cimentarsi nel creare il proprio fumetto e diffonderlo. Per me è stata un’esperienza meravigliosa, che mi ha formato e mi è servita a farmi diventare una fumettista professionista.

Hai dei maestri, dei titoli o dei generi che ami particolarmente e che ti hanno influenzata?

Oh, sì, certamente. Adoro Jeff Smith e la sua serie “Bone”. So che la conoscete bene anche qui in Italia. Io l’ho letta quando avevo vent’anni e mi ha lasciato a bocca aperta. Leggo e amo molto anche i manga. Direi tra i tanti autori che mi hanno influenzata c'è certamente Hiromu Arakawa con il suo “Fullmetal Alchemist”, mentre, parlando di titoli per un pubblico adulto, direi Naoki Urasawa, autore di opere come “Monster”, “Pluto” e “20th Century Boys”.

The Adventures of Superhero Girl, copertina di Faith Erin Hicks

Il tuo tratto e il tuo stile hanno effettivamente delle contaminazioni provenienti dai manga.

Sì, assolutamente. I manga hanno avuto una certa influenza su di me, a partire dallo storytelling, dal modo di narrare. Lo trovo squisitamente cinematografico, dinamico, essendo molto attento al movimento e alle emozioni dei personaggi.

Con la graphic novel “The Adventures of Superhero Girl” hai vinto un Eisner nel 2014. Ci puoi parlare di questo progetto e di com'è nato?

“The Adventures of Superhero Girl” è stato pensato come webcomic ed in seguito pubblicato su carta da Dark Horse. È certamente dovuto al fatto che mi piace molto il genere supereroistico, che conosco bene anche come lettrice, avendo letto centinaia di albi. L’idea alla loro base, quella legata a sbalorditive avventure e imprese impossibili, è davvero assai suggestiva. Così anch’io ho voluto dire la mia. Diciamo che “The Adventures of Superhero Girl” è il mio punto di vista, fuori dai canoni, sui super eroi. E, sì, ha vinto un Eisner! Sono rimasta sconvolta dal successo ottenuto, è incredibilmente fantastico! Sono molto felice che sia piaciuto a così tante persone.

Leggi ancora fumetti di super eroi?

Sì, certo. Due recentemente mi hanno notevolmente colpito. Mi riferisco a “L'Imbattibile Squirrel Girl”, di Ryan North ed Erica Henderson, e “Ms. Marvel”, scritto da G. Willow Wilson. Ho adorato sia la serie disegnata da Adrian Alphona che quella illustrata da Takeshi Miyazawa.

Veniamo alla trilogia di “La città senza nome”, che Edizioni BD ha pubblicato in Italia presentandola proprio qui a Lucca Comics. Ciò che ti ha ispirato è certamente l'Oriente e soprattutto la Cina. Cosa ti attrae di più del mondo asiatico?

Avevo fatto delle ricerche sull’Asia Centrale e nello specifico sulla Cina del XIII Secolo. Mi affascina la geografia e la storia millenaria di quel paese, le centinaia di dinastie che hanno governato moltitudini di uomini. L’assetto geopolitico di quelle aree, inoltre, è rimasto quasi invariato per millenni. È un mondo con una storia totalmente diversa dal Canada, da dove provengo. Per questo motivo suscita in me così tanta curiosità. Inoltre, mi ha sempre interessato dal punto di vista architettonico e paesaggistico. Provare a tradurre tutto ciò in un fumetto è stata per me una meravigliosa avventura.

The Adventures of Superhero Girl, anteprima 01

Quindi ti sei documentata e preparata su opere specifiche per ricreare le atmosfere, gli ambienti e i paesaggi che ritroviamo nella graphic novel?

Sì, esatto. Il libro che mi è stato più utile è la biografia di Kublai Khan, scritta da Morris Rossabi. Kublai è stato il fondatore dell’Impero Cinese e della sua prima dinastia, quella Yuan, proveniente da una famiglia di grandi condottieri e conquistatori mongoli, nonché nipote di Gengis Khan. Inoltre, l'opera "Life Along the Silk Road", di Susan Whitfield, mi ha aiutato a comprendere i complessi rapporti economici e diplomatici di allora tra paesi molto diversi tra loro.

Hai dunque conosciuto anche Marco Polo, viaggiatore italiano e ambasciatore presso la corte di Kublai Khan.

Sì, è un personaggio che conosco ma che non rientrava nel tipo di ricerche che intendevo fare per il mio libro.

Com'è nata la necessità di raccontare “La città senza nome”?

Prima di tutto, con “La città senza nome” volevo affrontare la sfida di una serie e di una graphic novel ambientate in un mondo fantastico. Mi solleticava l’idea di creare un universo dal nulla, dar vita a civiltà e personaggi totalmente immaginari, frutto della mia fantasia. Ero galvanizzata dal solo pensiero. Avevo in mente le mie opere preferite al riguardo, “Bone” e “Fullmetal Alchemist”, e volevo dar vita a qualcosa che non avevo mai fatto prima.

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Tornerai su questo universo? La trilogia avrà un seguito?

Ad essere onesta, ancora non lo so. Amo questa storia e i suoi personaggi, ma credo che il racconto narrato nella trilogia, la vicenda dei suoi protagonisti, sia da ritenersi conclusa. Forse, in futuro, mi verranno buone idee da ambientare in questo universo, per cui non dico di no, ma per ora non ho nulla in programma.

Il protagonista, Kaidu, non ha mai conosciuto suo padre, e lo incontra per la prima volta arrivando in città. Ciò accade dopo aver abbandonato il proprio villaggio e la madre. È una famiglia divisa quella del ragazzo, che ricorda per certi versi quanto accade in tante famiglie moderne.

Sì, sono d’accordo. La famiglia di Kaidu non affronta un divorzio ma è comunque divisa, e Kaidu è cresciuto solo con la madre. Io adoro il fantasy, ma quando racconto dei personaggi, anche quelli di un mondo immaginario, non voglio descrivere figure bidimensionali: voglio individui il più reali possibile e con rapporti e sentimenti altrettanto credibili, persone con pregi e difetti. Ho bisogno di empatizzare con i miei personaggi, perché così accadrà anche al lettore.

Molto interessante è anche il comportamento della madre di Kaidu, che lo lascia libero di fare la sua scelta, quella di lasciare la sua casa, il suo mondo e quindi anche lei. È rischioso e doloroso per lei, ma così facendo esprime un amore enorme nei confronti del figlio. 

Adoro Kata, la madre di Kai. Mi è piaciuto scriverla e mi è piaciuto disegnarla. È una donna straordinaria e dal carattere molto forte. È un essere umano vero, per cui è sicuramente doloroso per lei perderlo, ma vuole il meglio per suo figlio ed è pronta a qualunque sacrificio. Credo che alla fine si comporti come ogni buona madre dovrebbe fare.

C’è un personaggio della storia che in qualche modo rispecchia il tuo modo di essere o nel quale hai messo qualcosa di te stessa?

Bill Watterson, grande cartoonist americano, creatore delle strisce di “Calvin and Hobbes”, sosteneva che in ogni personaggio che creiamo infondiamo una parte di noi, della nostra personalità. Sono totalmente d’accordo con lui. Io mi ritrovo in tutti i miei personaggi, ovviamente nei due protagonisti, Kai e Ratto, ma c'è qualcosa di me anche in quelli più crudeli, anche nei villain, che probabilmente possiedono aspetti, sfumature negative del mio carattere. È imbarazzante ammetterlo, ma è così!

Chiudiamo come da tradizione con la menzione di fumetto che stai leggendo e che ti va di consigliare ai lettori di BadComics.it

Un fumetto che leggo da anni e continua a entusiasmarmi è senza dubbio “Saga”, di Brian K. Vaughan e Fiona Staples. Se devo nominare un manga, suggerirei “A Silent Voice”, di Yoshitoki Oima. Infine, vorrei consigliare un titolo del mio paese, “Young Frances”, del canadese Hartley Lin: è una storia meravigliosa sull'amicizia tra due giovani donne di Toronto.

Faith Erin Hicks

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