LuccaCG18, Editoriale Cosmo: intervista a Samuel Spano, autore di Nine Stones
A Lucca Comics & Games 2018 abbiamo intervistato per voi Samuel Spano, autore di Nine Stones
Abbiamo discusso con l’autore del suo rapporto con l’editoria tradizionale e con i suoi personaggi:
Ciao, Samuel, e benvenuto su BadComics.it!
"Nine Stones" è nato come webcomic, pertanto ti chiedo: com’è il tuo rapporto con le scadenze? Preferisci quelle dell’editoria tradizionale, oppure quelle imposte (o autoimposte) dalla pubblicazione sul web?Diciamo che sono due cose totalmente diverse. La scadenza che si ha con un editore ha un termine più lungo, perché verranno raccolte le tavole in un’unica soluzione, mentre su Internet, almeno per come ho impostato io il lavoro – volendo imitare un po’ le serie televisive – ho scelto una cadenza settimanale.
È possibile rendere il fumetto interessante solo se la quota minima di tavole è sei - che comunque sono poche e si finisce di leggerle in un attimo - per riuscire a dare l’hype sufficiente e spingere il lettore a continuare a seguire la storia ogni settimana. Sei pagine a settimana sono toste, soprattutto se sono io a scriverle, a curarne la regia, il disegno e il colore. Una pagina a colori al giorno è un ritmo molto serrato da sostenere.Quindi, direi, meglio l’editoria classica per quanto riguarda le fasi di lavorazione, mentre, per come lavoro io su Internet, deve quasi essere un "buona la prima". Con l’editore c’è anche la fase di confronto con l’editor, che consente di correggere gli errori e andare a intervenire se ci sono delle parti che è meglio modificare, mentre sul web il ritmo è molto serrato e mi devo affidare all'istinto. In genere, correggo tutto da solo, e certe cose sono quasi improvvisate.
Uno degli ospiti di Lucca Comics & Games 2018 è il mangaka Shintaro Kago, che, durante un’intervista rilasciata qui lo scorso anno, ha affermato che grazie a Internet è diventato molto più semplice mostrare i propri lavori e diventare fumettisti. Visto che la tua opera è nata in rete, credi che oggi sia effettivamente più facile farsi notare dagli editori rispetto a una volta?È relativamente più semplice. Dipende dalla persona e da cosa sta proponendo. Nel caso di “Nine Stones”, è stata l'unica via, perché se avessi proposto il mio format a un editore, il primo ostacolo che avrei trovato è: a chi? A quale editore? “Nine Stones” è sì violento e spinto - sebbene esistano opere anche più estreme - ma è l’insieme che non ha una collocazione a livello editoriale, in Italia o nel mondo.
Il problema di “Nine Stones”, come di altri fumetti che stanno uscendo adesso, è che ha uno stile molto cartoon (anche a livello di character design), che quasi strizza l’occhio a quello Disney, e quindi visivamente potrebbe essere dato in pasto ai ragazzini di quattordici anni. Certi personaggi sembrano adatti a un film d’animazione – e non sto parlando di bellezza dei disegni, ma proprio di stile – quindi un editore si troverebbe in imbarazzo: dal punto di vista estetico sarebbe perfetto per i ragazzini, ma la storia è troppo violenta.
Quindi, per quanto riguarda il disegno, proporre un lavoro come il mio a una casa editrice underground che pubblica horror, lo farebbe rigettare in quanto troppo "infantile"; non è nemmeno quel genere di storia in cui vengono utilizzate immagini legate all’infanzia per generare un horror. È una cosa che ha un target di riferimento che non esiste e, nel mio caso, Internet è stato l’unico modo per agganciare il mio target, che l’editore ha poi deciso di fare suo.
Molto progetti validi muoiono online. Alcuni hanno bisogno di cura e tempo, non possono vivere nell’immediatezza di Internet. Un “Nine Stones”, per esempio, non è raccontato in modo lento: è frenetico e lascia senza fiato. Te ne rendi conto nel momento in cui leggi il volume intero: pur essendo abbastanza lungo (circa duecento pagine), ha un ritmo serrato e nella storia succedono davvero un sacco di cose. Questo accade perché Internet è veloce e alcune storie invece hanno bisogno di una certa lentezza. È sicuramente il contesto ideale per coloro che propongono qualcosa che risulti controverso per il mercato editoriale.
Vorrei farti una domanda più relativa al tuo percorso creativo. Occupandomi prevalentemente di news dal Giappone mi capita di leggere di mangaka che hanno bisogno di prendersi pause dalla serializzazione dei loro lavori perché sopraffatti dalle storie che stanno raccontando. Alcuni affermano di alternare archi narrativi più leggeri a momenti più pesanti per poter riprendere fiato. Essendo “Nine Stones” un’opera frenetica, violenta e che affronta tematiche emotivamente molto forti, ti sei mai sentito troppo coinvolto dalle vicende dei tuoi personaggi?
Parecchio. Nel senso che tutto quello che prova il lettore di fronte a una scena che funziona, lo sente solo se chi l’ha realizzata ha provato per primo quella sensazione. Quindi tutte le emozioni che qualcuno prova leggendo “Nine Stones” le ho provate prima di tutto io e… le ho subite da me stesso, in qualche modo.
Di conseguenza, c’è bisogno di disintossicarsi. Per certe cose non ho avuto il tempo di prendermi il tempo necessario e riflettere. Probabilmente, alcune scene che avrei voluto più cariche sono state smorzate proprio per questo motivo: una scena in particolare mi aveva coinvolto troppo, e mi ci sono distaccato a livello emotivo.
Mi piacerebbe lavorare come i mangaka. A livello tempistiche folli quasi mi ci avvicino, anche se sono da solo e non ho un team, nonostante alcune amiche mi abbiano aiutato a mettere le basi. Mi piacerebbe avere la libertà che talvolta hanno i mangaka di poter dire: “Mi fermo”. Oppure mi piacerebbe poter fare solo il layout e poi dare agli assistenti il compito di finire il lavoro. È un problema, perché quando la carica emotiva è forte, è davvero necessario disintossicarsi e non arrivare al burnout.
Quando ho consegnato questo volume di “Nine Stones”, volevo disintossicarmi talmente tanto che non ho più letto fumetti o guardato serie televisive e sono stato un paio di settimane ad appassionarmi ai segnali radio a onde corte! Mi fa ridere questa cosa, ma spiavo le conversazioni dei radioamatori, perché non riuscivo più a seguire nient’altro, e piuttosto andavo ad ascoltare quelle che si chiamano number station, i segnali criptati di origine sconosciuta che si sentono solo a determinati tipi di orari e frequenze. C’è davvero un sottobosco immenso di informazioni a riguardo.
Interessante, potrebbe essere il punto di partenza per un nuovo lavoro!
Potrebbe, anche perché mi ha fatto fare un sacco di viaggi mentali. Proprio quando uno ha bisogno di staccare, si apre altre strade creative su tutt'altro.
Il problema di “Nine Stones” non è solo il fatto che è angosciante o drammatico, è che è eccitante. E non sto parlando di eccitazione sessuale, ma eccitazione nel senso di “agitare le persone”, smuoverle. Ci sono persone che mi hanno detto che "Nine Stones" ha dato loro la spinta per fare qualcosa. Quindi non è una storia che ti fa solo piangere o fare congetture, ti agita anche in senso positivo. Ma è un sentimento che va gestito: chi soffre di patologie, più o meno gravi, di sbalzi umorali, potrebbe ricevere quasi un’ipereccitazione.
Dopo la lettura, alcuni tendono a cercarmi, come se fossi la fonte della loro uscita della fase depressiva: non sono molti, ma ci sono lettori hanno vissuto questa problematica. Ho dovuto prendere le distanze da tutto ciò per capire che non è stata davvero colpa mia. Diciamo che ho compreso la natura del mio fumetto e capito a fondo cosa genera. Anche a me “Nine Stones” ha dato una fase esplosiva, che adesso sta scemando. Non avendo questi problemi di umore, per me è una cosa positiva, perché ora posso rilassarmi. Il fumetto ti dà delle cose, quindi è necessario rendersi conto di quando è il momento di staccare e prendersi una pausa.
Visto che hai citato i tuoi lettori, so che hai una fanbase molto solida. Com’è vedere i fan in cosplay interpretare i personaggi del tuo fumetto?
Una meraviglia! È bello, e adesso sto iniziando davvero a rendermene conto. All’inizio era strano, perché questa storia l’ho creata quando avevo circa quattordici anni. È una storia adolescenziale, e vivo quello che vedo come se dovessi tornare indietro nel tempo e dirmi: “Guarda, c’è gente che si vestirà come i tuoi personaggi!”. Personaggi che, tra l’altro, non avevo neanche intenzione di mostrare.
C’erano solo poche persone nella mia vita che avevano visto “Nine Stones”, quando aveva addirittura altri titoli e prima che cambiasse tanto nel corso del tempo… quindi l’idea che dal provare vergogna nel condividere questi personaggi assurdi, io sia arrivato al punto in cui non solo ho fatto il fumetto, ma addirittura ci sono lettori che si vestono come loro, è incredibile!
Una volta sono rimasto scioccato perché una ragazza coreana, su Tapas [app con cui è possibile leggere webcomic - NdR], mi ha mandato le foto dei disegni che ha fatto dei miei personaggi. Non era una disegnatrice professionista, ma proprio una persona che ha investito del tempo per disegnare i miei personaggi sul suo quaderno. È strano, è come se li avessi fatti viaggiare! Quasi fossero dei figli che ho mandato in giro per il mondo. Vedere la gente che si impegna, si emoziona, ha un suo personaggio preferito o quello che odia, è ogni volta una grande emozione!
Ultima domanda: progetti futuri?
Per quanto riguarda il Fumetto ce n’è uno di cui ancora non posso parlare, poi ho dei progetti di illustrazione. Uno con Edizioni BD e un personaggio famoso di cui parleremo qui a Lucca. Poi il terzo volume di "Nine Stones" e l’artbook di Alistar, dopo che è uscito quello di Christopher. Questi sono i progetti imminenti, ma nella mia testa ce ne sono ancora una marea che devono essere concepiti e partoriti!