LuccaCG18, BAO: intervista a Elisa Macellari, autrice di Papaya Salad
A Lucca Comics abbiamo intervistato per voi Elisa Macellari, autrice di Papaya Salad
Ringraziamo per la collaborazione lo staff di BAO, in particolare Daniela Mazza e Chiara Calderone.
Ciao, Elisa! Benvenuta su BadComics.it!
Vieni dal mondo dell’illustrazione e questo è il tuo primo romanzo grafico. Hai incontrato delle difficoltà nell’approcciarti al medium Fumetto durante la lavorazione?Sicuramente sì. L’inizio è stato un po’ difficoltoso perché non avevo un metodo già testato. Ho cercato di organizzare la storia dividendola in blocchi narrativi. Ho scelto una struttura semplice e una griglia che mi permettesse una narrazione lineare. Poi in corso d'opera sono cresciuta insieme a Sompong, il protagonista, e ho acquistato maggiore consapevolezza del mezzo.
Hai esordito con una storia molto personale, sia per quanto riguarda le tue origini culturali sia perché parla direttamente della tua famiglia. Pensi che questo ti abbia aiutata a entrare maggiormente in contatto con le tue origini?Questa era una delle finalità. Sono nata in Italia, per cui mi manca per metà la conoscenza della Thailandia. Non parlo il thai e, pur avendo dei parenti lì, volevo approfondire le due storie, quella familiare che si intreccia con quella dalla esse maiuscola. Ho raccontato qualcosa che ho sentito fin da bambina. Il mio prozio adesso non c’è più, ma ci ha lasciato un diario [dal quale è tratta la storia di “Papaya Salad” - NdR], che è stato lo spunto per scavare un po’ più a fondo nelle mie origini.
Al centro della tua opera c’è la cultura del cibo, che mi è sembrata per certi aspetti molto simile a quella italiana.Sì, in Thailandia il cibo rappresenta un momento molto conviviale, forse anche di più che in Italia. Da noi ognuno ordina per sé, lì ci sono dei piatti centrali da cui tutti prendono, quindi c’è ancora più condivisone. Tutti assaporano lo stesso cibo.
Sempre parlando di cibo, un momento che mi ha particolarmente colpito del fumetto è quello in cui Lek dà a Sompong una bustina di curry. Mi sarei aspettata che gli consegnasse un oggetto più comune da tenere come ricordo…
Secondo me il cibo è un elemento potente per veicolare la memoria. Sia l’olfatto sia il gusto sono degli attivatori fortissimi. Gli oggetti si possono conservare, ma il cibo ti entra dentro. Quando Lek regala il curry a Sompong diventa parte di lui, della sua struttura, e diventa vita.
A questo proposito, ho un’altra curiosità. “Papaya Salad” nasce dal ricordo del sapore del piatto omonimo thailandese: hai altri ricordi particolari legati al cibo?
Le cene con la famiglia a Bangkok in cui mi facevano provare piatti tipici con ingredienti del tutto inusuali in Europa, le uova di tartaruga, la medusa, le pinne di pescecane. Quando tornavo a scuola a Perugia quei momenti assumevano un alone magico, quasi mitologico.
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Il fatto che lavori molto con l’estero ha influenzato la tua crescita artistica? Doversi rivolgere a un pubblico che ha una cultura diversa dalla tua ha influenzato il tuo modo di esprimerti artisticamente?
In realtà direi di no. Quando ho iniziato a fare l'illustratrice avevo ben chiaro che volevo far emergere nel mio lavoro due aspetti: che sono italiana e che sono thailandese. In questo momento a livello internazionale ci sono tantissimi illustratori molto bravi che hanno delle origini miste, e molti di quelli che piacciono a me sono per metà asiatici. L'influenza estetica di queste provenienze si riflette nei loro lavori: pur vivendo in Occidente, c'è una componente orientale nello stile, che crea una commistione molto interessante. Ogni Paese ormai sta diventando multi-etnico ed è più aperto a ricevere stimoli visivi da culture altre. In questo modo si può portare la propria diversità ed essere accolti.
Hai qualche nome, tra questi artisti, che ti senti di condividere con noi?
Mi piace molto Jillian Tamaki, che è per metà canadese e per metà giapponese. Jun Cen, cinese, e Victo Ngai di Hong Kong, entrambi hanno studiato negli Stati Uniti.
Credi che il Fumetto possa essere un mezzo per aiutare l’integrazione culturale?
Senza dubbio. La storia che ho raccontato per esempio parla di una cultura orientale ancora poco conosciuta in Italia, rispetto alle più indagate di Giappone e Cina. Conoscere altre tradizioni ci aiuta a comprendere meglio l'altro e il fumetto è un linguaggio popolare che permette la circolazione di idee, parole e immagini che vengono da lontano.
Il tuo fumetto ha infatti anche questo punto di forza: dà delle informazioni sulla Thailandia sia dal punto di vista storico sia da quello folkloristico. Per esempio, non tutti conoscono quale sia stato il ruolo della Thailandia durante la Seconda Guerra Mondiale.
Infatti! È una cosa che non conoscevo neanche io a fondo. Della Seconda Guerra Mondiale si conosce il ruolo del Giappone, ma si sa poco o niente delle alleanze che ci sono state nel sud-est asiatico. E poi volevo far vedere anche la parte tradizionale e folkloristica della Thailandia che la gente vive quotidianamente. La natura che cresce molto velocemente grazie al clima tropicale, la superstizione, il buddismo e l'animismo.
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A proposito di colori. Ti va di parlarmi un po’ dello studio del colore di “Papaya Salad”?
All’inizio è stato un po’ difficoltoso, perché da illustratrice sono abituata a studiarlo sulla tavola singola o al massimo su un numero molto inferiore di immagini rispetto al graphic novel. Volevo dare il ritmo a livello narrativo e arrivare a differenziare il colore, perché ovviamente ci sono momenti diversi del racconto – la prima parte in Thailandia, poi in Europa dove c’è la guerra. Erano necessarie tonalità diverse, ma allo stesso tempo dovevano essere armoniche, quindi ho optato per una luce rosata che riscalda tutto e dà sempre la sensazione, anche nelle parti ambientate in Europa, che ci sia un sole tropicale. Il rosa violaceo è un colore tipico della Thailandia: la Thai Airways ha come simbolo un’orchidea che ha quel colore, i taxi a Bangkok sono fucsia e anche tanti cibi sono di quel colore. Quindi volevo che fosse quella la tonalità dominante.
Hai già in cantiere qualche altro romanzo grafico?
In cantiere no, ma ce l’ho in testa. Quella della narrazione è una strada che mi piacerebbe continuare a percorrere. Ho una storia in mente, un po’ più complicata. Tutti mi dicono che quella di “Papaya Salad” è una storia difficile perché è molto personale, ma in realtà avevo già un canovaccio, il diario da cui ho preso spunto, il racconto diretto del prozio, delle vecchie foto a cui ispirarmi. Il prossimo libro vorrei che fosse sempre un viaggio più psicologico che geografico.