#LuccaBAD 2016 - Intervista a Frank Miller: Mi danno del fascista, ma non ha senso
A Lucca Comics & Games 2016 abbiamo avuto l'onore di intervistare una leggenda del fumetto: Frank Miller!
Sì, non c'è bisogno che ci facciate notare nel fantomatico “spazio dei commenti” che esistono anche altri Autori – con la A maiuscola – che nelle ultime tre decadi hanno contribuito ad arricchire il mito dell'Uomo Pipistrello. Ma non c'è nessuno che, come Frank Miller, sia stato capace travalicare così drasticamente i "confini" della carta, fin dal momento in cui una major come la Warner Bros. decise di affidare a un giovanissimo filmmaker coi capelli perennemente spettinati il compito di trasformare Batman in un'icona cinematografica con un lungometraggio figlio dell'amore provato dal filmmaker di cui sopra per Frank Miller (e Alan Moore, ovviamente).
Frank, la mia prima domanda ruota tutta attorno allo scontro di civiltà che viene proposto in Cavaliere Oscuro III - Razza Suprema: è un'allegoria dell'America di oggi, o magari del mondo nel suo complesso?
Penso proprio di sì. L'intero mondo deve in qualche modo sentirsi chiamato in causa... Con Batman puoi avere a che fare con storie che si svolgono in una sola nazione, mentre Superman è un personaggio troppo grande in tal senso.A me è sempre piaciuto prendere questi personaggi e osare con loro, spingerli in territori inesplorati. Anche per quel che riguarda la rivisitazione delle loro origini, che è un processo sempre molto complicato quando hai a che fare con questi personaggi che sono noti in tutto il mondo.
Uno dei fattori che apprezzo della saga del Cavaliere Oscuro è che riporta la politica nel mondo del fumetto, un medium che per me si sposa benissimo con questo tema. Perché dovremmo lasciar fuori la politica dai fumetti? Perché siamo ancora dell'idea che siano roba per bambini? I lettori sono persone intelligenti e sono perfettamente in grado di capire quello che si trovano davanti. Quindi andiamo avanti per questa strada e fidiamoci di chi si ritrova le nostre opere fra le mani.
Parlando di politica, nel fumetto compare anche Donald Trump...
[Miller, ridendo rivolto alla sua assistente - NdR] Ecco, vedi? Ti stavi chiedendo quando sarebbe arrivata la domanda su Trump? Eccoti accontentata! Vuoi sapere per chi voterò?
No, assolutamente. Per me sei uno dei più grandi artisti americani in circolazione proprio per il vigore con cui affermi le tue idee: voglio sapere la tua opinione in relazione a quanto affermato tempo fa da un altro grande americano, ovvero Clint Eastwood: “Le persone cominciano a stufarsi del politicamente corretto”. Credi sia davvero così?
Sono annoiato dal politicamente corretto dal giorno in cui è nato. Per me potremmo definirlo come una specie di controllo delle menti. Personalmente è una cosa che non mi è mai piaciuta. Ma sai, questo mio modo di pensare si riflette nei fumetti che faccio, sulla stessa percezione della mia persona. Ormai sono stato brandizzato come un fascista, e per me è una cosa davvero strana. Posso capire l'etichetta perché c'è questa sorta di biblica giustizia in quello che fa Batman. E la cosa assurda è che non rappresenta proprio la mia idea politica.
Per me, a prescindere da come una persona si possa schierare politicamente, la cosa più importante è la libertà. Ed è per questo che impiego questi personaggi, per perseguire e raccontare il più possibile questo ideale. Ma nello specifico di Batman... lui è letteralmente ossessionato dal combattere il crimine. Per cui da lui non dobbiamo aspettarci dei discorsi e delle elucubrazioni. Da lui avremo sempre l'azione.
Parlando di Batman, cosa ti affascina di questo supereroe che, umanamente, invecchia?
Mmmmh, sì. È semplice. Perché quando ho iniziato a lavorare a Il Ritorno del Cavaliere Oscuro avevo 49 anni ed ero terrorizzato dall'idea di superare i 50. No, cioè, scusami: ne avevo 29 e stavo per superare la boa dei 30. Per cui mi sono vendicato decidendo di dare vita a un Batman più vecchio di me. Poi mi è venuto in mente di farlo così vecchio, sui cinquanta anni di età. Mi sono immaginato questo supereroe in stile pugile ormai fuori tempo massimo, segnato e provato dalle numerose battaglie. Doveva obbligatoriamente sentire il dolore fisico, avere la consapevolezza della sua età.
Trattandosi di un tema che mi sta molto a cuore, hai recentemente parlato del tuo interesse su una storia “ebraica” di Superman ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale: cosa puoi dirmi?
Non molto, in realtà. Non perché non voglio, ma perché, più concretamente, non si tratta di un progetto attualmente in fase di effettivo sviluppo. Ho degli editor alle calcagna, devo finire un mucchio di altre cose.
Come ultima domanda: il cinema ha attinto a piene mani dal tuo Batman, a cominciare dal film di Tim Burton del 1989 fino a Zack Snyder passando, logicamente, per Christopher Nolan...
Sai, stiamo parlando di Batman e Superman. Quindi tanto io, quanto gli altri autori, stiamo tutti collaborando a una specie di opera collettiva. Un lavoro in cui ti becchi tutti i benefit di quelli che ci hanno messo mano prima di te. E lo stesso accadrà a quelli che verranno dopo di me e gli altri che ci stanno lavorando adesso. È questo il concetto principale.
Non posso mettermi a guardare il Batman di Tim Burton e gli altri e pensare: “Oh, hanno fatto un rip-off dei miei lavori!”. Perché io stesso ho lavorato con icone che non sono farina del mio sacco. Creare avventure per Batman o Superman equivale a stipulare questa sorta di patto. La prima cosa che mi passa per la testa quando entro al cinema per vedere questi film è: “Spero proprio che sia valido e che non faccia sì che le persone pensino qualcosa di negativo sui fumetti!”.
Ma quindi ti sono piaciuti questi film?
Assolutamente sì! Penso che Wonder Woman abbia letteralmente rubato la scena [in Batman v Superman: Dawn of Justice - NdR]
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