Lucca 2017, saldaPress: intervista a Sean Mackiewicz, Editor-In-Chief di Skybound
A Lucca abbiamo intervistato per voi Sean Mackiewicz, Editor-In-Chief e sceneggiatore di Skybound
Ringraziamo sentitamente lo staff di saldaPress per l'occasione concessaci.
Ciao, Sean! Benvenuto su BadComics.it. È un piacere averti con noi!
Mackiewicz - Ciao a voi, il piacere è tutto mio!Ho letto in rete che la tua carriera nel campo dell'editoria non è iniziata nel settore dei fumetti, bensì in quello dei romanzi con la casa editrice Harlequin. Cosa ricordi dell'esperienza e quanto è diverso quel ramo dell'editoria rispetto a quello della Nona Arte?
Mackiewicz - Quello che mi ha sempre affascinato è il grande attaccamento dei lettori di romanzi, che sono forse persino più appassionati rispetto a coloro che leggono fumetti. Ho incontrato gente che acquistava in modo spasmodico romanzi di tutti i generi - che hanno mediamente un costo più alto rispetto ai fumetti - per divorarli in poche ore e poi acquistarne altri e altri ancora. Sono dei veri consumatori.Alla Harlequin lavoravo all'editing di due collane che pubblicavano mediamente dieci romanzi al mese. In questo senso, la tabella di marcia lavorativa è molto simile a quella delle case editrici di fumetti. I miei compiti consistevano sostanzialmente nel dialogare con gli scrittori, soprattutto per far sì che rispettassero le loro scadenze. Tutto ciò che ho imparato mi è servito molto nelle mie esperienze lavorative successive.
Dopo la Harlequin, sei approdato all'industria dei fumetti, nello specifico alla DC Comics, poco prima che la casa editrice desse il via al reboot de I Nuovi 52.
Mackiewicz - Sì, sono arrivato appena prima che l'uscita di "Flashpoint" cambiasse tutto per la DC Comics. Ero assistente editor di Brian Cunningham, e ho lavorato su titoli come "Aquaman", "Suicide Squad", "Green Lantern: New Guardians", "Blue Beetle", "Earth-2", "Green Arrow" e "Stormwatch".
Oh, ho sofferto moltissimo nel leggere la serie di "Stormwatch" de I Nuovi 52, da grande fan della WildStorm.
Mackiewicz - Sono anche io un grande appassionato dei fumetti WildStorm, con i quali sono cresciuto. Quando appresi che i personaggi di quell'etichetta sarebbero stati integrati nell'Universo DC ero a dir poco entusiasta. Ma, sai com'é, gli errori fanno parte della natura umana.
Ad ogni modo, sono molto orgoglioso di alcuni dei titoli ai quali abbiamo lavorato: con "Aquaman", ad esempio, è stata un'esperienza magnifica, anche perché Geoff [Johns] e Ivan [Reis] sono due degli autori più talentuosi che abbia mai incontrato. Ricordo ancora quanto risi durante la lettura della sceneggiatura del numero #1 di quella serie, specie nella sequenza in cui Aquaman si trova seduto alla tavola calda e c'é la battuta sul fatto che, nonostante parli con i pesci, mangi prodotti di natura ittica. L'obiettivo era quello di rendere questo personaggio più umano, e credo proprio che ci siamo riusciti.
E poi sei arrivato alla Skybound. Cosa rende questa etichetta della Image Comics così unica, a tuo modo di vedere?
Mackiewicz - In passato, lavoravo mensilmente a sette serie di genere supereoistico, mentre alla Skybound ho ogni giorno la possibilità di confrontarmi con storie di natura più eterogenea, dalla fantascienza all'horror, agli stessi supereroi: è sicuramente una situazione più congeniale e appagante. Lo è per me, ma credo lo sarebbe per chiunque.
Inoltre, il nostro obiettivo principale è quello di mettere gli autori al centro di tutto il processo di lavorazione, più che le storie. Alla Marvel o alla DC Comics si lavora per dei colossi del settore, delle vere e proprie corporazioni, con un parco di personaggi e storie che possono prescindere da qualsiasi autore. Alla Skybound, invece, siamo tutti al servizio degli autori, per aiutarli a tirar fuori dalla loro mente le migliori idee e plasmarle nelle migliori storie possibili.
Il nostro intento, inoltre, è sì quello di produrre fumetti, ma anche creare dei veri propri brand attorno a loro: dal merchandising al potenziale adattamento delle opere in altri media, come il Cinema o la Televisione, siamo tutti specializzati nel potenziare al massimo i nostri prodotti. E credo che The Walking Dead sia il migliore esempio, in questo senso.
Quali sono i requisiti che Skybound cerca dagli autori con i quali poi va a collaborare?
Mackiewicz - La ricerca è il processo più difficile. Siamo ancora una piccola compagnia, con una dozzina di pubblicazioni mensili. Certo, ne abbiamo circa una ventina già in lavorazione, e i prossimi due anni sono già praticamente tutti programmati, ma ripeto, il costante lavoro di ricerca è difficile. Proviamo quotidianamente a trovare autori validi con buone idee, i quali, una volta saliti a bordo, possono vedere con i loro stessi occhi come lavoriamo: diamo loro totale libertà creativa e sostegno finanziario, cose assolutamente non scontate, che fanno sì che si leghino a noi come noi ci leghiamo a loro. Si crea un rapporto lavorativo molto stretto, che spesso evolve in amicizia.
Un esempio calzante è Joshua Williamson: lui è sotto contratto in esclusiva con la DC Comics, eppure ha fatto ottenuto di portare avanti anche la nostra collaborazione, come testimoniato dalla continuazione di "Birthright". Sa bene quello che Skybound può offrirgli, e noi non abbiamo alcuna intenzione di limitarlo: finché sarà felice, lo saremo anche noi.
Tornando alla domanda iniziale, cerchiamo personalità, originalità e propensione a rimboccarsi le maniche. Siamo al lavoro anche qui, a Lucca: ho perso il conto di quante portfolio review ho fatto finora.
Veniamo ora al prossimo grande titolo Skybound: "Oblivion Song", la nuova serie di Robert Kirkman, Lorenzo De Felici e Annalisa Leoni che prenderà il via nel 2018. Ho avuto modo di leggere il primo numero in anteprima, ma non posso dire nulla, causa embargo. Per cui, chiedo a te di parlarcene.
Mackiewicz - "Oblivion Song" è una storia nella quale dieci anni nel passato rispetto al presente della narrazione un intero quartiere di Philadelphia è stato misteriosamente teletrasportato in un'altra dimensione, con un "pezzo" di questo mondo alieno, chiamato appunto Oblivion, giunto sulla Terra al suo posto. È stato l'evento più catastrofico di sempre.
Un decennio dopo, nel presente, gli abitanti della Terra sono andati avanti: hanno accettato quello che è successo fino quasi a dimenticarsene. A eccezione di una persona, il nostro protagonista, di nome Nathan.
Lui è ancora alla ricerca dei sopravvissuti su Oblivion e si reca in questa dimensione per salvarli, uno ad uno. Ha ovviamente delle motivazioni molto personali per fare tutto ciò.
Onestamente, quanto successo vi aspettate da questa serie, dato che Kirkman è un autore sempre in grado di spostare gli equilibri del mercato? Ci potrà mai essere un nuovo "The Walking Dead"?
Mackiewicz - "The Walking Dead" è un fenomeno di tale portata che, onestamente, non saremo mai in grado di replicare. Però, come hai detto giustamente, Robert è un autore in grado di fare sempre la differenza, anche perché i lettori sanno bene cosa aspettarsi da lui: storie divertenti e appassionanti, piene d'azione e colpi di scena, motivo per il quale dopo quindici anni una serie come "Invincible" è diventata un cult. Speriamo tutti, e io ci credo con tutto me stesso, che con "Oblivion Song" saremo in grado di dare ai lettori un'altra grande storia, alla quale non sarà difficile affezionarsi.
Allo stesso tempo, l'industria del Fumetto è in continuo mutamento: si pubblica tanto, ma non sempre ciò che esce merita di essere pubblicato. Tante volte, paradossalmente, valide storie non vedono la luce perché si ha paura di prendere dei rischi, proponendo qualcosa di forse troppo particolare per incontrare il favore del pubblico, e ripiegando sull'usato sicuro.
A Robert non frega niente di tutto questo: lui segue la sua passione. E ha sempre ragione.
A questo punto, accade qualcosa di inaspettato: Robert Kirkman in persona entra silenziosamente nella green area dove stiamo registrando l'intervista a Sean Mackiewicz, e la sua reazione sorprende un po' tutti.
Kirkman - Oh, ciao a tutti!
Ciao, Robert!
Kirkman - Ehi, ma che ci fate qui?
Mackiewicz - Stiamo registrando un'intervista, e si parlava proprio di te.
Kirkman - Sai come si dice, parli del diavolo...
Discutevamo proprio di "Oblivion Song"...
Kirkman - Che stavate dicendo di "Oblivion Song"?
Mackiewicz - Non ho svelato nulla, presentavo la serie.
Tranquillo, ho letto il primo numero ma sono sotto embargo.
Kirkman - Ah, bene, bene. Qual è la prossima domanda a Sean?
Stavo proprio per chiudere l'intervista, so che siamo un po' in ritardo. Volevo chiedere a Sean qualcosa della serie che sta scrivendo, "Gasolina".
Kirkman - Oh, certo, ne ho sentito parlare.
Io ammetto di non averla ancora letta.
Kirkman - E cosa aspetti?
Che arrivi in Italia...
Kirkman - La devi leggere, però.
Lo farò, promesso. Dato che di certo ne sai più di me, vuoi fare tu una domanda a Sean?
Kirkman - Certo. Sean, come ti è venuta in mente una roba del genere?
[ridono tutti]
Kirkman - Va bene, ho disturbato fin troppo. Non fate caso a me e andate pure avanti!
Allora, Sean, riprendiamo da quanto ti ha chiesto Robert: parliamo di come è nato "Gasolina".
Mackiewicz - "Gasolina" è la storia di due fuggitivi, Randy e Amalia, che non desiderano altro che poter sopravvivere un giorno alla volta. Trovano un rifugio temporaneo presso l'abitazione di alcuni lavoratori di una piantagione del Messico, e a quel punto le cose prendono una brutta piega, con i due protagonisti che finiscono nel mirino di un cartello che negli ultimi tempi è divenuto il più potente di tutti. Il motivo è dovuto a una causa sovrannaturale, grazie alla quale sembra essere invincibile.
È una serie dalle premesse molto realistiche, ma nella quale sono presenti anche mostri e creature di ogni genere. Se dovessi descriverla con una sola frase, è "Sicario" che incontra "Alien".