Lucca 2017, Panini - Nomen Omen: intervista a Jacopo Camagni e Marco B. Bucci
A Lucca abbiamo intervistato per voi Jacopo Camagni e Marco B. Bucci, i creatori di Nomen Omen
Ringraziamo sentitamente lo staff di Panini Comics per la collaborazione.
Ciao, ragazzi! Benvenuti o bentornati su BadComics.it!
Bucci - Ciao!!!Camagni - Ciao ragazzi!
Vi vedo belli sorridenti, per quanto stanchi. Come sta andando questa Lucca Comics & Games che vi vede impegnati su un duplice fronte, con il primo volume di "Nomen Omen" e con il gioco "Memento Mori"?Camagni - Diciamo innanzitutto che siamo contentissimi dei risultati ottenuti: "Memento Mori" è praticamente esaurito e "Nomen Omen" sta andando altrettanto bene.
L'accoglienza da parte del pubblico è stata fantastica, specie perché alle signing session si è presentata molta gente che aveva già letto ed evidentemente apprezzato il volume. I feedback, dunque, sono tutti positivi, sia da parte degli addetti ai lavori che da quella dei lettori. Il fumetto sta piacendo.
Bucci - C'è stato subito un grande coinvolgimento emotivo del pubblico con questa storia, cosa che abbiamo cercato e voluto fermamente.
Credo che "Nomen Omen" possa essere il tipo di storia di cui abbiamo un po' bisogno in Italia.
Non mi sorprende, è un progetto di cui avete curato ogni singolo dettaglio con grande attenzione, anche in modo piuttosto anti-convenzionale sotto certi aspetti. Ma torniamo per un attimo indietro nel tempo: come e quando è nato "Nomen Omen"?
Bucci - Tutto è nato da un'esperienza che io e Jacopo abbiamo condiviso quando lui ha vinto il Chesterquest della Marvel nel 2008. In seguito, andammo a New York, e da quel viaggio - in cui abbiamo anche conosciuto Becky Cloonan, l'artista che ha realizzato la variant cover del volume - si è venuta a formare l'idea di ambientare una storia in una Manhattan sovrannaturale.
Da lì in poi il progetto ha preso vie stranissime, e la storia che abbiamo poi raccontato nel fumetto è solo una parte recente di tutto quello che abbiamo immaginato in tutti questi anni.
È difficile parlare di questo universo narrativo, tanto che tra il primo e il secondo volume di "Nomen Omen" - che uscirà verosimilmente a Lucca Comics & Games dell'anno prossimo - abbiamo in mente di far uscire a cadenza mensile dei capitoli in prosa, come di un romanzo, che vadano a completare la storia.
Camagni - Precisiamo che questi non sono i capitoli successivi della storia raccontata nel volume, ma spin-off che vanno a espanderne l'universo narrativo. Sono di fatto dei capitoli bonus, e se non fossero ufficiali potrebbero essere definiti come fan fiction.
Ci siamo spesi moltissimo nel creare una storia che sia ricca, coerente e completa. Assieme a Diego [Malara - NdR], il nostro editor, abbiamo fatto grandissima attenzione al controllare che sia a livello testuale che artistico non ci fossero dei buchi narrativi. Volevamo che tutto fosse fatto in maniera perfetta.
Bucci - L'unica altra cosa che voglio aggiungere sul discorso dell'espansione del nostro universo narrativo in senso crossmediale è che, da un anno a questa parte, la protagonista ha un profilo Instagram attraverso il quale lei stessa ha condiviso tutto ciò che ha vissuto in questo anno. Inizialmente, l'account era privato perché viveva una vita più riservata; da quando invece ha iniziato a frequentare un corso di fotografia, la sua vita è cambiata, e attraverso le sue foto cerca di ricostruire i propri sogni: ciò che si trova sulla sua pagina è dunque una specie di diario dei sogni, che insieme all'immaginazione sono il cuore pulsante della nostra storia.
Sono stati tanti coloro che hanno accostato "Nomen Omen" ai grandi titoli della Vertigo degli anni Novanta. Voi parlate di sogni e inevitabilmente la mia mente va a "Sandman". Quanto avete guardato a quella cultura e a quei titoli di un'era gloriosa del Fumetto mondiale?
Camagni - Entrambi siamo grandi lettori della Vertigo da sempre, e Neil Gaiman è uno dei nostri autori di maggiore riferimento.
Quando abbiamo presentato il progetto, noi stessi non abbiamo nascosto di guardare a quel tipo di fumetti, del quale cercavamo di imitare atmosfere e tematiche: protagonisti adulti, magia e sovrannaturale, e un certo modo di reinterpretare il fantasy. Si tratta di un genere che in Italia ha ancora tanto mercato, ma noi faticavamo a trovare prodotti che corrispondessero a queste caratteristiche.
Quanta difficoltà avete avuto, quindi, a cercare di dare completa credibilità a un progetto che, stando a quanto dichiarato, non ha corrispettivi contemporanei?
Bucci - L'idea dietro "Nomen Omen" è rimasta sostanzialmente inalterata, dalla sua origine alla pubblicazione del volume. Ovviamente da parte nostra c'era un po' di titubanza nel proporre una storia che non è né un fumetto americano mainstream, né un fumetto tradizionale italiano, e nemmeno una graphic novel. Come lo si poteva catalogare?
In realtà, siamo stati fortunatissimi, perché il fumetto ha raccolto subito tanto entusiasmo da parte di Panini Comics.
Camagni - E soprattutto abbiamo trovato un gruppo editoriale i cui componenti sono loro per primi grandi appassionati di fumetti Vertigo, quindi è stato facile cogliere il vero spirito di "Nomen Omen". E, con il dovuto rispetto, guardando a come il nostro fumetto sia un ibrido, l'unico paragone che mi viene in mente è proprio "Sandman", da un punto di vista concettuale.
Facciamo ora un excursus nel campo dei giochi, di cui mi intendo pochissimo, per presentare "Memento Mori".
Bucci - Questo gioco è stato scritto, come game design, da mio fratello, Andrea Felicioni, che ce lo ha proposto facendoci giocare direttamente. Dopo averlo giocato, abbiamo deciso subito di metterci al lavoro per svilupparlo in ogni aspetto.
"Memento Mori" è un gioco di narrazione che si colloca a metà tra la produzione mainstream e quella più indie. L'idea era quella di creare un dark fantasy che richiamasse un po' "Darks Souls" o "Berserk". È un'esperienza abbastanza provante per il giocatore, perché sono affrontati dei temi molto pesanti e duri, come intuibile dallo stesso titolo.
Si interpreta il ruolo di una persona che nel 1347 ha appena scoperto i primi segni della peste su di sé. Questa premessa apre a un mondo horror fatto di stregoneria, fiabe nere e suggestioni del folklore medioevale. Per creare questa ambientazione, che ho scritto personalmente, ho fatto moltissimo lavoro di ricerca, collaborando anche con un mio amico che ha scelto di fare il medievalista nella vita.
Camagni - Per quanto riguarda il mio coinvolgimento, inizialmente dovevo avere un ruolo più importante nello sviluppo del gioco, ma i tanti impegni presentatisi mi hanno tolto molto tempo. Sono però riuscito a creare assieme a Marco e ad Andrea l'estetica di base, dal logo alla scelta di creare un manuale, all'impronta stilistica dei personaggi.
Torniamo al fumetto e parliamo ora del vostro "Grouchino", intitolato "La caduta di Gro-uk-oh". Come è stata questa collaborazione con Sergio Bonelli Editore?
Camagni - Quando siamo stati coinvolti direttamente da Roberto Recchioni è stato incredibile, perché è stato un onore essere inclusi in una rosa di autori così illustri e in un progetto così rilevante. È stata una soddisfazione grandissima. Lavorare in Bonelli è stata, in questo caso, un'esperienza molto positiva: pur essendo supervisionati, ci è stata data carta bianca poiché volevano fermamente che mantenessimo inalterato il nostro stile.
Apprezzo enormemente il lavoro che Roberto sta facendo in Sergio Bonelli Editore, e ciò che la casa editrice stessa sta facendo per evolversi e mutare: credo che si stiano vedendo i risultati.
Bucci - Quando ci è stata data carta bianca, abbiamo deciso di osare dando vita a una storia davvero delirante. È stata un'esperienza davvero liberatoria: abbiamo preso Groucho e l'abbiamo portato in un mondo assurdo.
In conclusione, dato che di recente ha fatto "scalpore" l'invettiva contro il Family Day presente in un albo di "Dylan Dog", vorrei toccare questo argomento con voi, che siete uomini e autori dichiaratamente omosessuali. La comunità della Nona Arte è un'oasi abbastanza felice in un mondo in cui l'intolleranza e la discriminazione sono sempre all'ordine del giorno: secondo voi, il Fumetto può e deve sensibilizzare i lettori anche su questi temi?
Bucci - In tutti i lavori che abbiamo fatto, io e Jacopo abbiamo cercato sempre di contemplare il più possibile la questione dell'omosessualità come qualcosa di già affrontato e risolto in passato. Per esempio, la protagonista di "Nomen Omen" ha due madri, ma mai nella storia si accenna a questo dettaglio come fosse qualcosa di strano o innaturale.
Oramai siamo alla generazione di nonni omosessuali, perlomeno in America, con i figli di coppie dello stesso sesso che hanno avuto a loro volta dei figli. Quindi, questa componente di normalità che noi per primi viviamo ogni giorno - io per primo sono sposato - cerchiamo sempre di portarla nelle nostre storie. Siamo in un mondo diverso, anche se c'é ancora chi non lo accetta.
Camagni - Credo che il Fumetto, come qualunque altro medium che riesce a raggiungere delle realtà giovani, abbia la responsabilità di educare, cosa che gran parte della società non fa. Può farlo in maniere diverse, sofisticate o meno, ma è importante che ci siano storie che affrontino direttamente l'argomento e che facciano un po' di casino. E siccome non c'é una sola generazione, va sempre ricordato a quelle più nuove, in modo tale che non si possa dimenticare. Vale per l'omosessualità così come per tutte le altre tematiche importanti.