Luca Barbareschi da produttore vorrebbe le dimissioni di Rutelli, è scettico sui fondi statali in vigore e non crede nella sala

Luca Barbareschi come produttore è alla Mostra del cinema di Venezia con due film, di cui uno di Polanski. Lo stesso ne ha per tutti

Critico e giornalista cinematografico


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Intervistato da noi in qualità di produttore di due film presentati al Festival di Venezia, Luca Barbareschi ci ha spiegato i rapporti con Alberto Barbera, i costi di The Palace e la sua idea sul futuro del cinema...

Quest’anno a Venezia ci sono due film di cui Luca Barbareschi è produttore con la sua Eliseo Entertainment. Uno è The Penitent, diretto e interpretato dallo stesso Barbareschi e tratto da un testo di David Mamet, l’altro è The Palace, diretto da Roman Polanski. È quasi un coronamento dell’attività lunghissima di Barbareschi produttore, una delle sue molte identità oltre a quella (più nota) da attore, e quelle da uomo politico, imprenditore, gestore di teatri e via dicendo.

Negli anni Barbareschi ha prodotto per la televisione generalista come per il cinema, ha prodotto per registi internazionali (Polanski è il più noto e grande), ha prodotto altri italiani, ha raccolto fondi all’estero e venduto a piattaforme. L’abbiamo incontrato proprio a Venezia, per parlare di questa parte della sua attività, dei rapporti con i festival (spesso burrascosi) e di cosa cambi oggi per qualcuno che opera nell’industria come fa lui.

Se questa intervista fosse stata un film sarebbe stata girata in un unico piano sequenza tanto argomenti, risposte e collegamenti sono stati spontanei, vista anche la tendenza dell'intervistato a sapere dove andare con gli argomenti e a fare collegamenti che gli consentano di dire quello a cui tiene di più. Ve la riportiamo quindi esattamente come si è svolta, senza sintesi giornalistiche o un’organizzazione del testo che non sia quella di come si è svolta. A partire dall’inizio quando gli abbiamo spiegato che avremmo parlato solo della sua carriera da produttore e ha risposto:

“Grazie per il rispetto del lavoro di produttore”

Perché?

“Ma perché ho sentito ‘Non mi è piaciuto… Mi è piaciuto…' riguardo questo film. Oh parliamo di 22 milioni di investimento e due anni di lavoro, porca puttana. Mica si può liquidare così. Da certi giornalisti mi aspetto un po' di rispetto per quello che fai. Cioè non puoi liquidare tutto solo con una battuta di cattivo gusto. Vale per tutti i film sia chiaro, però eh…”

Il pubblico però solitamente è anche più netto e poco rispettoso se il film non gli piace

“Però quello ci sta. Perché pagano”

Secondo te il fatto che sei qui con due film come produttore, di uno dei quali sei anche regista, è merito di quel che è accaduto con L’ufficiale e la spia? Cioè il suo successo.

“Sai molte persone mi dicono ‘Ah non sapevo che facessi ancora il produttore!’ perché non notano, non vedono, non guardano. In questo festival c'è stata una fatwa su di me per vent'anni. Non potevo. Non esistevo. Ancora non esisto per tutto un certo mondo. Ma alla fine ho vinto. Perché esisto. Ho prodotto film come Il pianista [il cui credit ad oggi non risulta, Barbareschi in un'altra intervista di quattro anni fa ha spiegato che è per una questione legale interna alla Rai ndr], ho degli Oscar, 45 premi Caesar… Insomma ho fatto la mia carriera. Poi sono una persona banale, un tranquillo..”.

Insomma non direi… Mi pare che sei una persona che quando deve dire le cose le dice.

“A volte guardo con fascinazione alcuni miei colleghi perché riescono ad avere una prosopopea e anche un’arroganza senza aver fatto niente, dei miracolati. Io invece tendo a essere in questo molto ebraico. Ad ogni modo alla fine ha vinto il tempo, sono più anziano di tutti e quindi  mi chiamano ‘Maestro’”.

Arrivato a questo punto della carriera cosa vuoi fare? 

“Più di tutto vorrei insegnare. Ma più di tutto in assoluto”. 

Da come lo dici mi sembra di capire che non ci riesci. 

“Ma figurati! Non mi metteranno mai all’università! Non mi chiamano nemmeno per i convegni sul cinema! Quella è una banda di ladri che si autoalimenta da anni, si nominano a vicenda, molti hanno anche rubato. Quello che hanno fatto al Centro Sperimentale fa ridere i polli: la ribellione contro i raccomandati fatta dai raccomandati del governo precedente. Adesso arriveranno altri raccomandati tra i quali stai sicuro che non c’è Barbareschi. Ci sarà Castellitto. Giustamente. Quelli come me non sono mai utili perché io credo al potere delle idee. Non credo nell'idea del potere perché io tendo a farlo lo sberleffo al potere. Sono fatto così”.

Questa me l’hai chiamata: tu nel 2016 in un’intervista a Il Fatto Quotidiano hai raccontato di aver apostrofato Alberto Barbera ‘portatore sano di forfora’, tra le altre cose. Poi però alla Mostra ci sei tornato con Roman Polanski e L'ufficiale e la spia. Pensi che un tuo ritorno sarebbe stato possibile se non avessi portato un nome come quello?

“Quella roba è accaduta perché in quegli anni c’era talmente pressione contro di me che arrivò una lettera ufficiale della Biennale, su carta intestata (!), in cui era scritto che non facevo parte del ‘circolo degli amici’. E lì mi sono incazzato. Alberto però è molto simpatico e devo dire fa molto onore a lui e a me che ci siamo sfidati a duello e poi abbiamo rimesso le armi al loro posto”.

È il tuo modus operandi?

“Beh io ho buttato giù la porta di un funzionario RAI urlando delle cose terribili. Però dopo ho fatto sei dei loro più grandi successi da Olivetti a Mia Martini. Non sono ruffiano ma la schiavitù è finita tremila anni fa. Io non ho paura. Anche perché di cosa posso aver paura? Io vado a fare il barista!”. 

Ho capito ma parliamoci onestamente, ti stai descrivendo come un outsider totale ma sei uno che ha avuto ruoli politici pesantissimi. Hai contato molto di più di quelli della cerchia a cui sei esterno...

“Certo! Sono stato vice presidente della commissione Poste, trasporti e telecomunicazioni per cinque anni. Però anche lì poi è più forte per me la voglia di essere libero che essere complice”.

Lo stesso immagino che dopo cinque anni in una posizione del genere, come è normale, ti rimangano delle amicizie, delle conoscenze…

“Ma il produttore è un lavoro di rapporti e io ho rapporti bellissimi con le persone libere. Anche politici di destra e di sinistra e industriali. Ho fatto un'azienda informatica anche quotata con Colannino, gestivo Enel, Eni, Vaticano, tutto il gruppo Testa… Ma mantengo rapporti con le persone che hanno mantenuto la stessa curiosità verso la vita che ho io e che non hanno mai esercitato su di me il loro ruolo di potere, perché io non l’ho mai esercitato sugli altri. Ero imbarazzato quando mi trovavo in un ruolo di potere. Ho guadagnato tanto, miliardi! E rispondevo a tutti perché mi sentivo un privilegiato”.

In questo festival ci sono dei film italiani molto costosi. Budget solo pochi anni fa impensabili, e non sono i soli, mi pare che tutti i budget si siano alzati.

“La qualità dell'immagine costa. Almeno se vuoi rientrare nello standard internazionale”.

Però vuole anche dire che questi soldi da spendere ci sono.

“Ma lo chiedi a me? Io mica li ho presi in Italia i miei soldi. Sai quanto su 22 milioni di costo di The Palace è presente RAI? Il 10%”. 

Ma mi vuoi dire che non conosci la situazione produttiva in Italia? Non ci credo...

“È un comma 22 pericoloso quello di questa nuova legge cinema, Nel senso che da un lato c'è l'opportunità di fare una leva sul 40% di tax credit per un budget, dall'altro questo 40% se lo mangia il P&A [le spese di copie e lancio di un film ndr]. Quindi per lanciare un film ci vogliono un milione e mezzo/due milioni. Così questi soldi entrano da una parte ed escono dall’altra. Io avrò prodotto in questi anni una ventina di film e siamo andati in pari. E poi la sala è morta. Andrebbe cambiato tutto il sistema. Io avrei anche delle idee…”

Molti produttori rimediano alla fatica del box office italiano pensando i film per l'estero, cercando di trovare fuori quello che non si trova dentro. 

"Io io tutti i film che ho fatto li ho fatti in co-produzione con polacchi, francesi, tedeschi o con la Svizzera: dividi il rischio, ogni paese si tiene il film per numero di anni e poi dopo torna tutto tuo. L’ufficiale e la spia è costato 26 milioni di euro, come avrei potuto a farlo solo con l’Italia? Dovevo trovare i soldi fuori. Altri invece li fanno con gli OTT [le piattaforme di streaming ndr]”.

Scusa L’ufficiale e la spia è costato solo 4 milioni più di The Palace?? Com’è possibile?

"Roman è un po’ più vecchio e un po’ più lento, siamo andati parecchio in overtime. Là non c’erano star, gli attori prendevano 50.000€, qui ci sono le star, la Ardant, Cerlino, John Cleese, Mickey Rourke… Hai un sopra la linea più alto. È un film molto ben fatto dal punto di vista scenografico e di costumi, cadrete dalla sedia quando vedrete nel backstage i 30 truccatori al lavoro il mattino o Tonino Zera al lavoro”.

Pure tu produci pure con le piattaforme, come ad esempio i film di Brizzi...

“No quelli li ho fatti con Rai e Medusa e poi dopo li ho venduti ad Amazon, e quello mi copre un pezzo del P&A”.

...sei un produttore che tiene alla sala?

“Non c'è più la sala per me. E lo dico da anni, da quando per Novari dirigevo H3G e avevamo fatto degli studi di settore. Mi fa ridere Rutelli... Blatera a vanvera e dovrebbe dimettersi per il bene del cinema italiano. Mi fa ridere quando parla di Barbie. Ma Barbie è una bieca (e geniale) operazione di marketing! Adesso il cinema rinasce perchè c'è Barbie?! Il cinema rinasce se vedo un film della Rohrwacher che incassa 10 milioni”.

Ma i film come quelli di Alice Rohrwacher in nessuna epoca del cinema hanno mai incassato tanto.

“No, ma appunto! Il problema non è la Rohrwacher. C’è un problema prima di tutto demografico: i vecchi stanno a casa, punto. Fine. L’Europa è invecchiata. E i ragazzi vanno a vedere Me contro Te o robe invedibili. Non penso ci sia un cambiamento. Io non esco più e sono un cinefilo!”

Cosa andrebbe cambiato?

“Le finestre. Io farei un accesso al prodotto su tutte le piattaforme contemporaneamente. Così io il film me lo vedo a casa, mio figlio di 18 anni vuole andare a trombare non sta a casa e va a limonare con la fidanzata dove vuole, quella di 6 non esce, io forse non vado più, quello di 40 è un po’ più giovane con la moglie giovane ed escono ancora…”.

Non pensi che questi ragazzi che ora vanno al cinema poi diventeranno adulti e vorranno anche un altro tipo di cinema?

“No, non gli interesserà più il cinema. È come pensare che tu leggi per vent'anni il Corriere dei piccoli e poi improvvisamente a 40 anni leggi L'uomo senza qualità di Musil, o che ti ascolti i rapper in gran parte deficienti, tipo Sentimento o coso, e poi improvvisamente una mattina cominci a sentire Mahler. Non funziona. Tanto sarà un mondo in cui non ci sarò più. Felicemente”.

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