Le fate ignoranti: lo sceneggiatore Gianni Romoli ci parla del passaggio dal film alla serie
Lo sceneggiatore Gianni Romoli ha parlato con Francesco Alò della serie Le fate ignoranti, spiegando le differenze del progetto con il film
La serie ripropone lo spunto di partenza del film, per espanderlo in diverse sotto trame: quando Massimo, il marito di Antonia, rimane ucciso in un incidente, la donna scopre che questi aveva una relazione con un giovane uomo, Michele. Devastata dalla notizia, Antonia si ritrova a indagare sulla vita segreta del marito e stringe un’amicizia inaspettata con Michele e la sua cerchia di amici eccentrici.
Nella chiacchierata, Romoli si è soffermato in particolare sulla sua esperienza nel passaggio tra i due media:
Scrivendo Le fate ignoranti: la serie, all'inizio avevo paura, perché mi sembrava di aver detto tutto nel film, poi mi sono reso conto che potevo andare dove mi pare. La serie è infatti un iper lungometraggio: il racconto si allarga talmente tanto che rispetto al film è come un romanzo. Il film è più compatto, misterioso, perché non può dire tutto, e per questo motivo in qualche modo più affascinante. La serie si può concedere tutto e troppo: la sua ampiezza ti allarga anche lo spazio della sperimentazione narrativa, permettendoti inoltre di andare fino in fondo a certe cose che nel film sono lasciate in sospeso. Come ad esempio i personaggi: se nel film Le fate ignoranti alcuni sono rimasti in chiaroscuro, nella serie li ho approfonditi quasi tutti.
Rispetto a vent'anni i tempi sono cambiati. Allora era tutto nuovo, per cui il film era narrato interamente dal punto di vista di Antonia, una donna borghese che coincideva con lo spettatore, tramite la quale entrava nel mondo di Michele. Ora questo mondo non è più nuovo e così la serie è raccontata dalla prospettiva di tutti i personaggi. Ed è per questo che ora possono partecipare al funerale senza che nessuno, tranne la madre, ci faccia caso.
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