Laura Samani parla di Piccolo corpo: "Sono un archetipi narrativi eterni" | Cannes 74

I riferimenti ad Andrea Arnold e Laszlo Nemes ma anche le favole dei Grimm per arrivare alla strana fusione di miti di Piccolo corpo

Critico e giornalista cinematografico


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È la vera sorpresa del festival di Cannes 2021 Piccolo corpo. Film italiano presentato alla Semaine de la critique che ha catturato l’attenzione di tutti nei primi giorni di festival. Non è andato a premi alla fine ma ha raccolto grandissimi favori. È l’esordio di Laura Samani e vista la maniera in cui racconta una trama che flirta con il fantastico senza affermarlo mai, che pare estratta da un romanzo fantasy ma in realtà è molto radicata nella realtà rurale dell’Italia del 1901, è stato impossibile non cercarla e farle qualche domande su come è nato ed è stato scritto questo film.

Domande insistenti.

Quando hai ideato il film che riferimenti avevi? A quali altri film pensavi potesse avvicinarsi?

“Non ne avevo. Che è un mio problema, me lo dicono tutti, non ho le reference. Perché non guardo film quando ho un’idea. Adesso che il film è fatto e finito c’è chi mi dice L’albero degli zoccoli, che ovviamente adoro. Posso dire che per il linguaggio della macchina mi sono ispirata molto ad Andrea Arnold e Laszlo Nemes”.

Capisco perché ti dicano L’albero degli zoccoli ma onestamente è molto più The Witch o una versione nerissima di Willow...

“In un certo senso The Witch è un po’ una reference, perché anche per Piccolo corpo abbiamo seguito la letteratura, tipo Il libro rosso di Jung o le favole dei Grimm. Per il resto considera che molto di quello che raccontiamo affonda le radici in mitologie antichissime che sono comuni a tanti racconti, sono archetipi narrativi alla fine e ci sono già nelle storie dell’antica Grecia. Agata ad esempio è un’Antigone al contrario, non deve seppellire ma semmai disseppellire per rendere giustizia a qualcuno che non può farlo da sé”.

piccolo corpo velo

Il film è tutto una ricerca di un miracolo, proprio il viaggio di Agata parte perché spera di poter far avvenire un miracolo. La tensione riguardo l’esistenza o meno di questo possibile miracolo guida il film. Avevate chiaro da subito se alla fine sarebbe avvenuto o no?

“Ne abbiamo discusso davvero tanto e animatamente. C’era chi diceva che se parliamo di un luogo in cui avvengono i miracoli allora li dobbiamo mostrare per forza e c’era chi diceva che mostrandolo avremmo inevitabilmente dato ragione a certe storie o religioni o miti. Pensa che alla fine anche il montaggio delle ultime scene (la parte dopo la barca e quella che viene dopo di essa) era diverso, era invertito rispetto a come lo vedi. Solo dopo ho capito che era più giusto così”.

A prescindere da quel che accade c’è un senso di sovrannaturale che pervade il film e non sta negli eventi ma nei paesaggi. Sono ricerche lunghe o in loco sanno già come indicarti?

“È tutto Friuli Venezia Giulia, più una capatina in Veneto e due giorni a Roma per la piscina. Ci sono voluti quasi due anni per trovarli e mentre li cercavo provavo anche a trovare comparse e contemporaneamente scrivevo la storia. Ovviamente mi hanno aiutato molto gli scout della film commission ma sono stati decisive anche alcune comparse che mi hanno indicato (e accompagnato!) in posti pazzeschi”.

Ad un certo punto esce fuori una lampadina gigante, un oggetto per loro magico. Ma come ti viene?

“È uno dei pochi elementi storici del film. Non è dichiarato ma tutto è ambientato nel 1901 (solo perché amo una canzone dei Phoenix che si intitola 1901) e nel fare un po’ di ricerca ho visto che in quel periodo era in corso l’elettrificazione delle strade, quindi abbiamo pensato fosse bellissimo mettere la lampadina”.

piccolo corpo lince

Un altro momento che mi colpisce è quando Agata racconta a Lince il mare. Lo descrive come una cosa sovrannaturale, che cura le ferite e dalla grandezza inconcepibile.

“Il racconto nel buio è un monologo scritto la notte prima di girarlo, di getto. Eravamo appena usciti da un micro lockdown interno al set che io e Celeste [l’attrice protagonista ndr] l’avevamo passato in stanze adiacenti con il terrazzino comunicante. Così tutta la notte ne abbiamo parlato e poi l’ho scritto e consegnato. Era frutto della necessità di entrare un po’ in Agata. Noi sappiamo quale sia la sua missione ma è un personaggio freddo che trattiene dolore e rabbia trasformandolo in determinazione. Volevo che ad un certo punto si sentisse che in lei c’è poesia. E poi era bello vedere, tramite un altro personaggio, che madre sarebbe potuta essere”.

Che personaggio è Lince? Pare venire dal nulla, si presenta come un Hobbit, la sua natura è enigmatica e capiamo che ha lasciato tutto quello che era il suo mondo di provenienza.

“È uno che non ci sta alle regole e mi piace che nella sua fluidità, che appositamente non è spiegata perché si cerca sempre di inscatolare e spiegare le ragioni delle scelte, tu lo stesso capisci che si è ribellato a qualcosa ma non il perché o come mai lo porti avanti, se sia così da sempre o se sia qualcosa di momentaneo. È un personaggio molto contemporaneo visto anche quanto discutiamo di omofobia”.

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