Lake Como Comic Art Festival 2018: intervista a Olivier Coipel

Olivier Coipel ha risposto alle nostre domande in occasione del Lake Como Comic Art Festival

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Lo abbiamo preso al volo, mentre stavamo uscendo dai cancelli di Villa Erba. Pensavamo di non fare in tempo a intervistarlo e invece eccolo lì, appena in tempo. Iniziamo la rassegna delle nostre interviste al Lake Como Comic Art Festival con Olivier Coipel.

Il disegnatore è stato così gentile da concederci un rapito walk and talk alla Aaron Sorkin. Ecco cosa ci ha raccontato, rispondendo alle nostre domande:

Parliamo di Thor. Sei tornato al personaggio con "Unworthy Thor". Credo che il tuo nome sarà sempre legato a lui, per quanto riguarda la tua carriera Marvel. Sei stato felice di poter lavorarci nuovamente?

Sì, eccome. Amo il personaggio e, come dicevi, gli sono legato in maniera indissolubile. Quando ho iniziato il mio incarico su di lui, ai tempi, non avevo la minima idea del successo che avrebbe rappresentato. Sono stato molto felice di disegnarlo di nuovo e soprattutto in una versione molto diversa rispetto allo status che aveva quando ci incontrammo.

Spesso succede di riguardare il proprio lavoro, ad anni di distanza, e di avere delle nuove idee sul personaggio. Ho avuto, con questa nuova serie, l'opportunità di metterne qualcuna in atto, lavorando sul suo volto e su alcuni dettagli, ma, allo stesso tempo, di raccontare una storia completamente diversa con lui.

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E con uno sceneggiatore molto differente. Jason Aaron. Forse hai lavorato con i due migliori scrittori di Thor degli ultimi vent'anni: lui e J.M. Straczynski. Che paragone puoi fare tra queste due esperienze?

Io sono sempre concentrato sul personaggio, che vorrei fosse il più interessante possibile, e sulla qualità delle storie. Non faccio molto caso al nome e alla fama dello sceneggiatore che ho al mio fianco. Ho sempre grande rispetto per i miei colleghi e per la loro professionalità, ma per me il lavoro cambia poco, devo dire. Il mio compito è sempre quello di trarre il meglio possibile dalla sceneggiatura, qualunque essa sia. Quindi non ci sono state molte differenze. Entrambi sono grandi scrittori.

Mark Millar ha recentemente detto al mondo che tu sei il migliore in circolazione.

Eh eh! Sì, è stato gentile.

Come ti senti al riguardo? Ha ragione?

Oh, io non credo. Ma, ovviamente, è bello sentirselo dire.

Be', Mark Millar è un grande fan di voi disegnatori. 

Sì, ovviamente non me la sento di commentare, ma devo dire che sono anni e anni che io e lui parliamo della possibilità di fare qualcosa assieme. L'ho incontrato un sacco di volte durante le convention americane e ogni volta, o quasi, abbiamo parlato della nostra voglia di fare coppia per qualche progetto. Solo che io sono stato per tanto tempo in esclusiva con la Marvel e non potevo. Recentemente l'ho contattato e lui è saltato sulla sedia, dicendomi di avere per le mani questo progetto, "Magic Order", che era perfetto per me. Abbiamo iniziato a parlarne e mi ha convinto molto in fretta.

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Come ogni lavoro con Millar al fianco, c'è una possibilità molto concreta che finisca al Cinema o in TV. Potrebbe questo essere il momento in cui Olivier Coipel si impone all'attenzione del pubblico anche in altri media?

Ah ah! Non ne ho idea. Sai, a me piace disegnare e raccontare storie nel medium dei comics. Non faccio altro che cercarmi situazioni in cui sentirmi a mio agio, seguire il mio istinto e fare del mio meglio.

Hai detto poco fa di essere stato in esclusiva con la Marvel, con cui hai una storia lunghissima alle spalle, e di non esserlo più. Quindi, sentiamo... andrai alla DC per lavorare con Brian Michael Bendis?

Oh, guarda, non so proprio cosa mi aspetta in futuro. Sto pensando a Magic Order, che mi impegna moltissimo e poi valuterò cosa fare della mia vita.

Ma è una prospettiva che ti attrae?

Sì, certo. Non so se avrei voglia di firmare un nuovo contratto in esclusiva, però. Non sono sicuro di volermi legare così profondamente, dato che sto iniziando proprio adesso ad apprezzare la mia libertà ritrovata. Lavorare con DC e Marvel nuovamente è qualcosa che voglio fare senza dubbio, comunque.

E ti attira anche il mercato indipendente?

Sì, assolutamente. Ci sono così tante possibilità di fronte a me, che non saprei dirti in questo momento. E non posso rivelarti di più, altrimenti qualcuno si arrabbierebbe molto.

In passato, però, hai lavorato con Bendis, e ciò a cui avete dato vita assieme è sempre stato speciale. C'è qualcosa che vi fa funzionare particolarmente bene assieme?

Probabilmente, sì, ma non so cosa sia. Ho un ottimo rapporto con lui, anche se è passato un po' di tempo dall'ultima volta che abbiamo parlato assieme e ancor più dall'ultima in cui abbiamo collaborato. Viviamo molto distanti l'uno dall'altro, ovviamente, quindi ci vediamo solo in occasioni di lavoro, soprattutto alle convention. Non ci vediamo da un po' e non so nulla di questa sua nuova esperienza. Chi lo sa... forse un giorno torneremo fianco a fianco.

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Lavorando con Mark Millar a "Magic Order", invece, hai avuto l'occasione di capire qualcosa sulla connessione che ha con Netflix in termini editoriali. Ovvero: hai avuto modo di entrare in contatto direttamente con loro?

No. I miei rapporti sono con Millarworld. Passo attraverso l'etichetta, anche se ora appartiene appunto a Netflix, di cui ho incontrato solo qualche avvocato, per discutere i termini del contratto. Mi dispiace, quindi, ma non ho indicazioni da darti.

Ultima domanda: sei decisamente uno dei volti più noti oltreoceano per quanto riguarda il novero dei fumettisti europei. Credi di aver portato qualcosa del nostro continente, con il tuo stile e con la tua influenza stilistica, nel mondo del Fumetto americano?

Devo essere onesto. All'inizio della mia carriera negli Stati Uniti, moltissimi mi indicavano delle singole cose che facevo che testimoniavano la mia eredità europea. Devo dire di non aver mai colto questa differenza, anche se me lo dicono in tanti. Io non credo molto a queste distinzioni, al concetto stesso di "stile europeo".

Penso semplicemente che ognuno di noi porti qualcosa di sé nel modo in cui lavora. Sara Pichelli, che è italiana, porta certamente una visione personale. Ovviamente, abbiamo un background diverso, forse più vario, e una formazione che comprende la BD francese e il fumetto di casa. Forse questo ci permette di cogliere degli elementi di varietà più ampia rispetto a un artista americano cresciuto sempre nel suo ambiente.

Ti rivedremo in qualche evento italiano di Fumetto?

Sicuramente. Questa esperienza a Como è stata grandiosa. Ma non so dirti quando.

Una futura Lucca Comics?

Venire a Lucca è decisamente qualcosa che voglio fare in futuro.

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