Venezia 71 - Intervista: Gabriele Salvatores ci parla di tutto il progetto Italy in a Day

Le strategie, le idee, le difficoltà e le responsabilità di montare uno dei documentari più affascinanti e unici sull'Italia e gli italiani

Critico e giornalista cinematografico


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È un progetto grande ed affascinante quello che la Scott Free di Ridley Scott ha messo in piedi con Life in a day, non solo un documentario collettivo distribuito nel 2011 con contributi da tutto il mondo e montato da Kevin Macdonald, ma anche una serie di filiazioni nazionali tra le quali Italy in a day arriva dopo Britain in a day e Japan in a day.

Il braccio nazionale a cui la Scott Free si è affidata è la società di produzione Indiana la quale, assieme a Rai Cinema, ha confezionato una call for action clamorosa in grado di radunare 44.000 video (4 volte quelli ricevuti in Inghilterra e 5 volte quelli del Giappone). Ultimo terminale di questa gigantesca catena è stato Gabriele Salvatores, regista e montatore di un materiale sconfinato che ora arriva a Venezia fuori concorso poi passserà in sala un giorno (il 23 Settembre) e infine sarà trasmesso in prima serata su Rai Tre (il 27 Settembre).
Una volta tanto l’intervista con il regista aveva un sapore diverso, più rilassato e appassionato (era lui a non voler smettere) perchè l’argomento sembrava sempre oscillare tra il suo operato (come è di consueto) e quello che invece anche lui ha notato di ciò che avevano fatto gli altri.

Il film monta contributi ricevuti da 44.000 persone ma la tua selezione pare prediligere alcuni temi
Si ci sono dei fili rossi che uniscono tutto come la ragazza sotto il lenzuolo (che torna più volte) o Luca Parmitano che ci gira spora, una visione ampissima da una parte e una ripiegata su se stessa dall’altra. Ma poi anche il viaggio sulla nave con i container che è anch’essa come un'astronave, tutti temi che mi sono cari da sempre in fondo…

C’è qualcosa che hai potuto fare di clamoroso?
In un esperimento del genere ci sono cose che non avrei mai potuto ricreare in un film di finzione. Per esempio io mi commuovo sempre alla signora che non ricorda i nomi dei figli ma in un film nemmeno il miglior regista e la migliore attrice la potrebbero fare una scena simile senza scadere nel kitsch. Ad un certo punto ci sono anche immagini di cagnolini, neonati, tramonti e di O sole mio, in quei casi il rischio "filmino amatoriale" è dietro l'angolo e spero davvero di aver lavorato bene di accostamenti per non essere risultato banale e aver valorizzato al meglio il materiale che mi avevano affidato.

Rispetto a Life in a day come ti sei mosso?
Il format originale andava nella direzione di Koyaanisqatsi, cioè un montaggio rapido e più da videoclip, mentre noi volevamo stare legati alle storie delle persone con alcuni elementi che ritornano, avremmo potuto avere mille effetti montaggio ma era roba secondo me tutta già vista.

Come siete riusciti a ricevere così tanto materiale?
Grazie al gran lavoro di preparazione fatto da Lorenzo Gambarossa per Indiana. Loro hanno creato la campagna ma anche contattato le carceri per avere le liberatorie, contattato Luca Parmitano e le scuole o gli ospedali.

Immagino che non sia stato facile scegliere che giorno dare per le riprese, il 26 Ottobre cioè un sabato, anch’essa alla fine è una scelta di regia.
Esatto. Scegliendo un sabato sapevamo che avremmo perso un po’ di immagini di lavoro ma almeno la gente sarebbe stata più libera, anche se non è esattamente la domenica, più un momento di pausa in cui magari hai tempo di raccontare qualcosa di te.

Tu non ne hai girato uno?
Ci avevo pensato, in quella data ero sul set di Il ragazzo invisibile e sarebbe venuto carino (anche perchè mi è dispiaciuto che tra i tanti video non ce ne fosse nemmeno uno di un set o di un regista al lavoro), ma poi per un pudore personale ho preferito di no. Lo stesso motivo per il quale ho tagliato sempre le parti in cui le persone si rivolgevano a me personalmente.

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