Il fondatore della Pixar di cui non avete mai sentito parlare, raccontato da Christine Freeman

Abbiamo intervistato Christine Freeman, Senior Historian alla Pixar. Ci ha raccontato di un fondatore della società che in pochi conoscono

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Ci sono lavori che trascendono la semplice descrizione della mansione. Sono perle rare, spesso sconosciuti ai più ma che, una volta raccontati, non possono che venire ammirati. È il caso di Christine Freeman, Senior Historian presso i Pixar Animation Studios.

In occasione dei 25 anni dall’uscita di Toy Story e per festeggiare il festival virtuale Pixar Fest ci è stata concessa la possibilità di intervistarla, per un viaggio tra aneddoti su questo particolarissimo lavoro e segreti della storia dello studio.

Ecco la nostra intervista!

Ciao Christine, la descrizione del tuo lavoro è affascinante, ma certamente non comune… di cosa si occupa un Senior Historian alla Pixar? E soprattutto come hai scoperto (o creato) questo lavoro?

Sono stata così fortunata! Sono riuscita a fare il lavoro che desideravo; che, se visto nel suo senso più ampio, è aiutare le persone. Lavoro con un un grandioso team di persone negli archivi. Il mio compito è rispondere alle domande sulla produzione e sulla nostra storia, verificare le informazioni e offrire consigli sui manoscritti che ci arrivano tra le mani. Aiuto anche a sviluppare raccolte storiche che, credo, potranno essere utili per le persone o di interesse storico nel futuro. Recentemente abbiamo acquisito una piccola collezione dagli inizi della Pixar che ci è stata donata dal primo addetto stampa dello studio.

Io sono stata inizialmente assunta dalla Pixar come archivista. Proprio mentre stavo finendo la mia laurea in biblioteconomia, la Pixar cercava qualcuno che si occupasse dell’archivio. In quel tempo era collocato lungo due uffici nella nostra struttura a Point Richmond. La collezione era formata dai materiali delle prove e dei nostri primi tre lungometraggi. Tre mesi dopo ci saremmo spostati nel nuovo campus ad Emeryville. Gli impiegati stavano sgomberando i propri uffici per prepararsi al trasloco, e la collezione è cresciuta esponenzialmente. Da qui, nello stesso momento, ho imparato la storia Pixar, l’animazione e come spostare i materiali d’archivio. Con il tempo il nostro dipartimento è cresciuto, e ho potuto unire nel mio lavoro le mie competenze e le mie passioni. Amo la Pixar, le persone che la formano e la sua storia.

Abbiamo molte informazioni riguardo ai fondatori della Pixar: John Lasseter, Steve Jobs, Edwin Catmull e così via… C’è una figura chiave che ha contribuito al successo della Pixar come la conosciamo oggi e che, per qualche ragione, è rimasta sconosciuta? Qualcuno di cui nessuno parla ma che merita di essere scoperto dal pubblico…

La storia delle società tende spesso ad essere raccontata attraverso la lente di una manciata di persone. Potrei parlarti di tantissime persone le cui storie non sono raccontare, ma il cui contributo è stato fondamentale per il nostro successo. Una di queste è Alvy Ray Smith.

Nel 1975 lui e David DiFrancesco iniziarono a collaborare con Ed Catmull e Malcolm Blanchard nel Computer Graphics Laboratory del New York Institute of Technology, diretto da Ed stesso. Condividevano il sogno di Ed Catmull: creare il primo lungometraggio animato a computer. Quando Ed andò alla Lucasfilm nel 1979, Alvy e gli altri dell’NYIT l’hanno pian piano raggiunto e hanno costruito insieme le fondamenta che, poco più tardi, aiutarono a rendere il sogno realtà. Alvy ha creato un avanguardisti programma di disegno computerizzato. Ha introdotto il concetto di Alpha Channel (il processo attraverso cui, tramite la combinazione di un’immagine e uno sfondo, si crea l’impressione di trasparenza) e, al momento della fondazione della Pixar, era Executive Vice President non ché uno dei direttori della compagnia. Ha lasciato la Pixar per formare la sua startup dopo che abbiamo firmato l’accordo per produrre i film con la Walt Disney Company.

Pixar Animation Studios - Aprile 2017

Quasi tutta la prima generazione di artisti Pixar sta passando il testimone a nuovi autori. Come si sta svolgendo questa transizione dal tuo punto di vista? È difficile per i nuovi registi fare fronte alle alte aspettative degli standard dii qualità impostati dallo studio? E che cosa è importante per te, come storica della Pixar, per rispettare l’eredità dei primi registi?

Molte società hanno periodo di transizione dove i fondatori lasciano e la nuova generazione prende le redini. È una storia importante da osservare perché è parte integrante della vita dell’azienda. La sfida degli archivi è quella di convincere che il lavoro di ora è la storia che ispirerà le persone in futuro.

Gli archivi Pixar contengono gli strumenti per realizzare i racconti di domani. Conserviamo artwork dal dipartimento dedicato all’arte e a alle storie, così come le sceneggiature, e tutta la documentazione (come le note e i programmi di lavoro dei vari dipartimenti). Questi ci aiutano a dare un contesto temporale al materiale che abbiamo raccolto e alle produzioni che l’hanno realizzato. Abbiamo artwork e note di produzione dai primi lavori come Le avventure di André & Wally B (1984) e lavoriamo con i registi durante la produzione, per aiutarli a capire che cosa conserveremo.

Siamo stati molto fortunati a lavorare fianco a fianco con i fondatori dello studio e ad avere una collezione che ci aiuta a raccontare la storia della Pixar. Una delle cose più difficili è riconoscere che la storia viene scritta ogni giorno e che ognuno di noi è parte di essa.

Personalmente devo ammettere che i film Pixar mi hanno aiutato a crescere. Sono una parte importante della mia infanzia (e anche del presente). Dal vostro punto di vista, come è cambiata nel tempo la risposta del pubblico verso i film Pixar?

Quando sono arrivata alla Pixar nel 2000 dovevo spiegare agli amici che cosa fosse, perchè si trovava nel Nord della California, e di cosa ci occupavamo. Ora abbiamo intere generazioni di persone (incluso te, immagino) che non hanno conosciuto un mondo senza i nostri film. Persone che attendono i nostri film e non vedono l’ora di fare conoscere ai loro figli i personaggie i film che si sono presi cura di loro da piccoli. Vederli attraverso gli occhi degli altri è il massimo. Molti ci scrivono per raccontarci come i film tocchino loro e le loro famiglie. Si vestono come i loro personaggi preferiti al D23, la convention dei fan Disney. All’ultimo D23 ho visto due versioni di Mr. potato di Toy Story 3. Uno con i suoi lineamenti attaccati a un cetriolo, un’altro a una tortilla.  Durante un altro D23 ho potuto addirittura fare un selfie con il ragazzo immaginario di Riley di Inside Out. Fantastico!

Pixar Animation Studios - Aprile 2017

Toy Story 2 ha avuto una produzione complicata, è stato riscritto molte volte, e addirittura cancellato dal computer… Che cosa rimane del primo montaggio e delle prime idee rispetto a quello che abbiamo visto?

Toy Story 2 è stato riscritto moltissime volte, come succede per ogni nostro film. È parte del processo che ci porta dell’idea iniziale al film finito. Per rispondere alla tua domanda sono andata a guardare al trattamento originale del film. Ha molti elementi che riconoscerai nel film che hai visto, e il primo atto è molto simile. Andy va al campo estivo, Woody viene rapito dal collezionista e riportato nella sua stanza dove capisce di essere un giocattolo di valore. C’è anche la scena del ritocco da parte del “restauratore”, ma la sequenza, rispetto a quella vista nel film, è più simile a una sequenza di tortura. Buzz si nasconde nella stanza, guarda con orrore e impotenza mentre Woody viene ripulito a forza.
Una delle prime curiosità Pixar che ho imparato grazie a Jonas Rivera, è che lo shader (l’algoritmo usato per delineare le caratteristiche di un materiale) per il cotone è lo stesso utilizzato per i capelli del restauratore Geri.

Oltre al primo Toy Story c’è un altro film che rappresenta un punto di svolta nella storia dello studio? Un film che ha cambiato tutto nella Pixar…

Probabilmente! A volte questi “punti chiave” si rivelano con il tempo, e non sempre accadono nel contesto di un film. È un mio parere personale, ma uno di questi punti cardine è l’impatto del Cooperatiive Film Program, iniziato da Jim Morris nel 2007. Ha permesso a molti Filmmaker di portare avanti i loro progetti personali nel tempo libero, con il pieno supporto dello studio. Due film che sono stati prodotti nel contesto di questo programma sono The Dam Keeper (2014) e Weekend (2017). Entrambi i cortometraggi hanno fatto guadagnare la nomination all’Oscar ai registi. Ora stiamo assistendo a un fiorire di progetti personali e indipendenti nei cortometraggi nati dal programma SparkShorts. È fantastico vedere quello che stanno creando queste persone.

Vi ricordiamo che i film Pixar sono tutti disponibili sulla piattaforma Disney+

Che cosa ne pensate della storia della Pixar raccontata e archiviata da Christine Freeman? Fatecelo sapere nei commenti!

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