Hirokazu Koreeda ammette che Ritratto di Famiglia con Tempesta "è il mio film più autobiografico"

Intervista al grandissimo regista giapponese per Ritratto di Famiglia con Tempesta, film centrato sui piani temporali appena uscito in Italia

Critico e giornalista cinematografico


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Esce questa settimana l’ultimo film di uno dei maggiori esponenti del cinema giapponese contemporaneo: Ritratto di Famiglia con Tempesta di Hirokazu Koreeda.
Non si può prescindere dai film di questo genio per capire dove stia andando quel percorso iniziato da Kyoshi Kurosawa, quello che Koreeda ha gradualmente spostato dal fantastico al familiare, lavorando sui luoghi come fosse Hong Sangsoo e sul tempo come fosse Richard Linklater.
Chi non ha visto Father and Son o Little Sister dovrebbe cominciare con Ritratto di Famiglia con Tempesta da questa settimana in sala per capire cosa si è perso.

Abbiamo avuto la fortuna e il privilegio di incontrare il regista a Roma, venuto per promuovere l’uscita del film.

Com’è cambiato nel tempo la maniera in cui scrive i film dalla fantasia di Air Doll al naturalismo degli ultimi film?

"Non posso dare una risposta per tutto perché dipende da film a film, quindi parlerò nella fattispecie di Ritratto di Famiglia con Tempesta.
Quando avevo finito le riprese di Still Walking con protagonisti sempre Kiki Kirin e Abe Hiroshi, avevo iniziato a pensare di voler fare un altro film con loro due come protagonisti sempre con il tema della famiglia. Ho così cominciato a tenere un quaderno in cui appuntavo episodi possibili. Ed era il 2009. Per la sceneggiatura vera propria invece sono partito dalla scena in cui viene tolto l’incenso da un altare buddista e con i bastoncini viene preso quello non bruciato, che mi è davvero capitato ed è ciò che accade nei funerali giapponesi in cui dopo la cremazione le ossa del morto vengono prese con dei bastoncini appositi e messe in un’urna. Da qui è partito tutto”.

E’ partito da un suo ricordo ma il film ha a che vedere con la sua vita e i suoi ricordi?

Sì assolutamente, in questo film la percentuale di ricordi e vita vissuta è estremamente alta”.

Gli ambienti del film non sono molto particolari ma ordinari, non sono luoghi memorabili o parti iconiche della città ma posti che potrebbero trovarsi ovunque. E’ frutto di una grande ricerca o del suo contrario, del girare vicino casa?

Come dicevo in Ritratto di Famiglia con Tempesta ci sono molti elementi autobiografici, le case popolare che si vedono sono il luogo in cui sono cresciuto. Però è molto complesso avere permessi per riprenderle e caso ha voluto che sia riuscito ad avere i permessi solo per le case in cui effettivamente sono cresciuto io. Questo dettaglio ha fatto sì che per la prima volta nella mia carriera, l’idea originale e il luogo abbiano combaciato del tutto”.

E lo scivolo in cui si nascondono padre e figlio nel finale è stato costruito o l’avete trovato come vi serviva?

Lo scivolo che si vede è reale, anche se quando ero bambino io non aveva quella forma ma una a spirale circolare. Tuttavia è stato portato via, non era più lì. Quindi siccome non c’era più uno scivolo ne ho cercato un altro in altre case popolari e ho trovato quello con il polpo che abbiamo usato. L’esterno dunque è reale mentre l’interno è un set creato da noi. Poi però anche questo scivolo è stato levato”.

Nel film il protagonista ha problemi di gioco d’azzardo nella sua vita lei ha un rapporto con il gioco d’azzardo?

Io no ma mio padre lo aveva. Nel film c’è una scena in cui il protagonista compra un biglietto della lotteria con il figlio e quando tornano a casa la madre lo scopre e si arrabbia perché non vuole che coinvolga il bambino nel suo hobby d’azzardo. E’ una cosa che mi è capitata davvero da bambino quando con mio padre comprai biglietti della lotteria ad un chiosco e, tornati a casa, mia madre lei disse la stessa cosa a mio padre, di non coinvolgermi nel gioco d’azzardo. Il ricordo di lei che si arrabbia è molto forte nella mia testa, non pensavo di aver fatto qualcosa di male ma vederla così me lo fece pensare.
Cambiando ruolo nel film senza una narrazione troppo diretta ho sfruttato il ragazzino nel film per avere questa sovrapposizione di un episodio della mia vita”.

Ha visto Il Cattivo Tenente? Anche lì il gioco d’azzardo e i suoi rischi sono centrali e Abel Ferrara l’aveva voluto trattare perché anche lui aveva avuto un padre che si era rovinato con il gioco…

Conosco Ferrara ma questo film non so. Si tratta di uno di quelli recenti?

No è di inizio anni ‘90 con Harvey Keitel...

Forse non l’ho visto…. [cerca sul cellulare il titolo giapponese e una volta trovato capisce tutto e si illumina] Sì sì l’ho visto! Ma non ha influito su questo mio film. Tuttavia è un film splendido!

Nei suoi film più recenti sembra lavora con il tempo in modi molto particolari. Qui pare che padre e figlio stiano pochissimo insieme, nel precedente le tre sorelle stanno insieme solo un anno ma ci appare come tutta una vita. Le piace manipolare i personaggi tramite il tempo?

Il protagonista di Little Sister era proprio il tempo, perché ogni ragazza aveva un ricordo del padre che non c’è più e del tempo trascorso con esso. Così il tempo trascorso con il padre e condiviso con lui cambia a seconda dei ricordi che ciascuna di loro aveva.
Inoltre un altro elemento che tengo molto presente quando giro film come questi ultimi è che all’interno dei personaggi c’è una categorizzazione temporale. Ad esempio in Ritratto di Famiglia con Tempesta c’è il protagonista che è il padre che a sua volta ha un padre e poi un figlio. Il bambino quindi è quel che il padre era da giovane e il nonno quel che il padre è oggi. Sono più assi temporali usati e chi guarda può percepire che esistono assi temporali al di fuori di quel che si sta vedendo in quel momento. Questo può condurre a vari tipi di composizione che fanno sì che ci sia una sovrapposizione e una complessità di elementi temporali che non necessariamente vengono narrati”.

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