Hanno ucciso l’Uomo Ragno: Elia Nuzzolo ha scoperto di essere stato preso per fare Max Pezzali a produzione inoltrata

Alla conferenza stampa di presentazione della serie, l'ideatore Sydney Sibilia ha raccontato diversi aneddoti sulla produzione e sul clima di festa sul set

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La conferenza stampa di presentazione di Hanno ucciso l’Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883 ha perso la sua compostezza istituzionale dopo pochi minuti diventando una sorta di viaggio nella nostalgia degli anni ’90. Inevitabile la domanda su Jolly Blu, agghiacciante film sugli 883 prodotto nel 1998 che il creatore della serie Sydney Sibilia ammette di avere recuperato a pezzi su YouTube. La cosa più interessante, dice, è la sua storia produttiva. Ai casting si presentò anche un’allora sconosciuta Angelina Jolie. Venne scartata. 

Si arriva al punto in cui Matteo Oscar Giuggioli, che nella serie interpreta Mauro Repetto, paragona Max Pezzali a One Punch Man, per come la noia della provincia ha dato il via alla sua creatività portandolo, per conquistare una ragazza, a scoprire la composizione musicale (senza avere alcuna base teorica). E ancora, nel clima di gioco, chi della coppia creativa composta da Matteo Rovere e Sydney Sibilia è Max Pezzali e chi Mauro Repetto? Alla domanda i due rispondono con una citazione dal cantante stesso: “Era bello fare il cantante famoso. È ancora più bello farlo con il mio migliore amico”. 

Insomma, raccontando Hanno ucciso l’Uomo Ragno i suoi autori sembrano divertirsi moltissimo. Un divertimento che, spiegano, c’è stato anche durante i tre anni di produzione. È stato un ritorno al passato degli anni ’90, ricostruiti nelle scenografie sulla base dei ricordi dei protagonisti. Quando Max Pezzali è entrato nel set del primo studio amatoriale costruito in casa si è quasi commosso. Stare sul luogo delle riprese è stato speciale per chi ha vissuto quegli anni, mentre per gli attori Matteo Giuggioli ed Elia Nuzzolo è stato uno shock culturale. Un po’ imbarazzati raccontano ridendo delle perplessità nel momento in cui gli è stato chiesto di riavvolgere un’audiocassetta con una matita.  

Le riprese sono andate lisce, dice Sibilia affiancato da Alice Filippi e Francesco Ebbasta con cui ha condiviso la regia.

L’idea è nata riascoltando le canzoni degli 883 che mi piacevano da piccolo, ma erano in slang e io non capivo molto di quello che dicevano. Riascoltandole ho capito perché mi piacevano. C’era dentro un mondo bello da esplorare. Ho poi comprato il libro di Max: I cowboy non mollano mai. Lì ho scoperto una storia autoironica che parla non solo di com’è Max, ma come Max vede se stesso. Lì mi sono convinto che la serie si doveva fare.

Avuto il placet da Pezzali e Repetto hanno iniziato a sviluppare la storia con molta libertà consultando il cantante solo per colmare alcuni buchi biografici. Hanno attinto molto dalle canzoni per raccontare la vita dell’epoca. Mentre il volume autobiografico di Mauro Repetto, Non ho ucciso l’Uomo Ragno, è stato pubblicato a lavorazione inoltrata della serie. Hanno potuto leggerlo solo a cose fatte. Trovare la sinergia tra il libro e quanto detto nella serie è stato la spinta per dire: “Abbiamo fatto le cose bene”. 

All’epoca chi faceva musica si vedeva bello e dannato vincente. Qui invece parliamo di umiltà. Puoi essere vincente e sentirti sconosciuto di Pavia”, spiega Sibilia. Secondo Francesco Ebbasta il cuore della serie è l’umiltà:

Il vero Max Pezzali tutt’oggi sembra che non sia al corrente di essere Max Pezzali. Quando siamo andati a fare i sopralluoghi a Pavia si è offerto di accompagnarci. Questa cosa è il suo superpotere. Inizia a fare musica per un sentimento, per far innamorare una ragazza. Tutto il percorso che fa dal quinto episodio in poi è realizzare che forse basarsi su quello che ha, sui racconti di provincia, sulla sua cameretta, sarebbe stata la sua fortuna. Un antieroe che continua a raccontare quello che era e quello che è, senza andare mai troppo oltre. 

L’aneddoto più divertente concesso da Sydney Sibilia riguarda il casting: trovare gli attori giusti era essenziale per iniziare a fare la serie. Quando questo è successo c’è stata una piccola, ma fondamentale, dimenticanza:

Gli attori erano la parte cruciale. Eravamo disposti a fermarci se non avessimo trovato i due protagonisti. Abbiamo fatto 6 mesi di provini, di solito il regista è uno solo, noi eravamo in 3 e sembravamo i giudici di Masterchef. Gli attori dovevano ottenere vari sì! Quando sono arrivati Elia e Matteo non abbiamo avuto molti dubbi. Eravamo molto concentrati, perché prendere gli attori è solo la prima fase, poi ci si deve dedicare al resto, che ci siamo dimenticati di diglielo! Continuavamo a convocare Elia per provare il look, ad un certo punto ci ha chiesto: ‘Ma quanti provini dobbiamo fare?’ In realtà l'avevamo già preso, ma non gliel’abbiamo mai comunicato. 

Con i capelli stempiati e già nel costume di scena, ancora non sapeva di essere stato preso. Un po’ come gli 883, dei ragazzi di provincia che si sono ritrovati star senza sapere di esserlo.

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