Hannibal: la nostra intervista a Mads Mikkelsen
Ecco la nostra intervista a Mads Mikkelsen, realizzata in occasione del lancio della seconda stagione di Hannibal su Mediaset Premium
A rispondere alle nostre domande è stato proprio lui, l'indiscusso protagonista della serie creata da Bryan Fuller: Mads Mikkelsen. Fisico atletico ed elegante che tradisce il suo passato da ballerino, sguardo profondo ma dotato di una dolcezza che riesce a mascherare bene nel ruolo del perfido cannibale Hannibal Lecter, questo talento venuto da Copenhagen porta con gran classe i suoi 49 anni.
Come ti trovi a Firenze?
Veramente, oggi il tempo non è granché...
M.: Ti assicuro, per me questa è estate!
Cosa si prova a dover portare di nuovo sullo schermo un personaggio noto non solo per la sua fama letteraria, ma perché altri attori l'hanno già interpretato prima di te?
M: È un problema comune a quasi tutti gli attori. Dopo che Laurence Olivier interpretò Amleto, tutti gli attori si trovarono a chiedersi: e adesso, cosa dovrei fare? Ovviamente, Brian Cox ed Anthony Hopkins hanno svolto un lavoro fantastico su Hannibal; qui, ci troviamo di fronte a un media completamente differente. Si tratta di una serie tv, che ha una durata maggiore di un film, quindi abbiamo la possibilità di costruire il personaggio molto lentamente, e grazie a questo possiamo vedere Hannibal Lecter in una luce completamente diversa rispetto a quanto abbiamo conosciuto finora. È un mostro, non ha scelta, ma abbiamo cercato di dargli un volto più umano. Non c'è stata questa possibilità in Il Silenzio degli Innocenti, dove era sullo schermo per circa quattordici minuti. Noi abbiamo avuto, per il momento, circa venticinque ore. Gli abbiamo dovuto dare un volto umano perché il nostro Hannibal vive attivamente nel mondo, quindi deve indossare una maschera che consenta alle persone di fidarsi di lui e credergli. Chiaramente, all'inizio, eravamo tutti nervosi per questa nuova complessità del personaggio, ma credo che stiamo facendo un buon lavoro.
Il personaggio glaciale, raffinato e calcolatore di Hannibal si avvicina in qualche modo a te?
M: La sceneggiatura è la Bibbia, quindi mi avvicino a ogni personaggio attraverso di essa. Da lì, traggo la mia ispirazione, e cerco sempre di trovare, nei ruoli che interpreto, qualche punto di contatto con me. È chiaro che quest'uomo ha una modo di approcciare la vita che è incredibile, ma probabilmente è anche l'uomo più felice che mi sia mai trovato a interpretare. Sa chi è, fa ciò che tutti dovremmo fare... ovviamente non nelle sue stesse modalita: coglie l'attimo e vive la vita giorno per giorno. Ogni momento è prezioso per lui, ogni istante deve essere fantastico. Non c'è tempo per la cattiva musica, per per cattivi amici o per cattivo cibo. Ogni cosa dev'essere immacolata, perfetta. Ha questo passatempo un po' particolare dell'assassinio e del cannibalismo che non ho potuto avvicinare direttamente a me, ed ho dovuto separarlo dal resto per renderlo bello, perché è la parte più orribile di questa persona. Nella mia mente, Hannibal non è un sociopatico, ma un angelo caduto. È un superuomo. Vede la bellezza dove tutti gli altri vedono orrore, e questo fa di lui un angelo caduto, una persona convertita al male.
Alla fine di Mizumono, Hannibal si sente tradito da Will, dall'unica persona di cui si fosse davvero fidato, ma non lo uccide - benché ci vada molto vicino. Inoltre, dopo averlo accoltellato, pronuncia una frase fortissima: "Ti perdono, Will". Dobbiamo credergli?
M: Credo fosse naturale che la seconda stagione avesse un epilogo piuttosto violento, ma al tempo stesso penso che tutto ciò che dice Hannibal sia vero. Egli non mente mai: può dare colori e sfumature differenti alle frasi che dice, ma non è mai bugiardo. Qualunque emozione sia trapelata da quella frase, era sincera. Quello che ha subito è davvero un tradimento, ma non riesce a staccarsi da Will; ne è talmente affascinato da esserne ossessionato, e questo è il motivo per cui non l'ha ucciso.
Il rapporto tra Hannibal e Will è stato più facile da rappresentare dato che tu e Hugh Dancy vi conoscevate già dai tempi di King Arthur?
M: Se non ci fosse stato Hugh Dancy o non ci fossi stato io, si sarebbe comunque trovato comunque un modo di rappresentare questa relazione sullo schermo, in quanto attori. Il fatto che ci conoscessimo già bene è stato un dono per noi, perché è stato un lavoro impegnativo. Abbiamo passato molto tempo insieme, e conoscerci ha reso il nostro lavoro come attori più facile. I personaggi non hanno nulla a che fare col fatto che ci conoscessimo già da prima, ma questo ha reso più facile fidarci l'uno dell'altro dal punto di vista attoriale. La relazione tra Hannibal e Will è, ovviamente, il centro dell'intera storia. Si intitola Hannibal, ma è focalizzata anche su Will Graham. Hannibal riconosce qualcosa in lui, qualcosa di se stesso. Vede un futuro luminoso per Will Graham, pensa che debba solo aprirgli gli occhi e dirgli: "Vieni con me, ti mostrerò la luce". Chiaramente, questo tipo di amicizia è strana, ed è ciò su cui l'intera serie è costruita. Quanto Will intuisca Hannibal, quanto sappia effettivamente e quanto sia consapevole della sua pericolosità è il punto focale dello show.
Se dipendesse da te, come vorresti proseguisse questa serie?
M: Ci sono moltissimi eventi nei romanzi della saga di Hannibal Lecter, e noi non abbiamo ancora adattato nessuno dei libri. Arriverà molta roba interessante nella terza stagione a questo proposito. Il punto è riuscire a tenere alto l'interesse e il livello della serie. Le prime due stagioni raccontano un gioco di dinamiche stile gatto e topo tra Hannibal e Will, che culminano nel finale che abbiamo visto; questa terza stagione ha un'atmosfera molto diversa, il che è una svolta interessante per la serie; se i twist continueranno a essere ben scritti e a tener viva la serie, sarò felice di andare avanti. Se la serie inizierà a ripetere se stessa, dovremo semplicemente guardarci negli occhi e dire: "È il caso di finirla qui". Ma so che Bryan [Fuller, ndr] è un uomo intelligente, non consentirebbe mai che avvenisse una cosa del genere.
Cosa hai risposto ai tuoi figli quando ti hanno chiesto che personaggio avresti interpretato?
M: Beh, il loro papà è già stato un vichingo con un occhio solo, un omosessuale, un macellaio di Copenhagen... ho sempre fatto cose fuori dall'ordinario di fronte ai loro occhi. I miei figli, Viola e Carl, hanno rispettivamente ventidue e diciassette anni, quindi sono abbastanza cresciuti; guardano The Walking Dead, e più il mio lavoro diventa folle e più diventa bello ai loro occhi.
Gran parte del fascino di Hannibal è dovuto al fatto che è un bravissimo chef. Peraltro, gli episodi di questa terza stagione avranno titoli di piatti italiani. Ti piace cucinare? Ami la cucina italiana?
M: Certo! Amo la cucina italiana così come quella francese e giapponese, che hanno dato i titoli alle prime due stagioni. Purtroppo, non cucino bene come Hannibal, ma sono molto bravo ad affettare! Hannibal è un perfezionista, tutto quello che tocca diventa oro. Sa suonare il piano, disegna bene, sono certo che saprebbe anche danzare. Ma lui è un uomo colto e dotto, io non sono ai suoi livelli. Lo divento solo nel momento in cui devo interpretarlo, quindi c'è una grande differenza tra me e il mio personaggio; tuttavia, amo la sua attenzione per i dettagli, riesco a rivedermici in qualche modo. Non ha nulla a che vedere con la mia vita, ma non è un concetto che mi è del tutto estraneo.