Gomitata Atomica Volante: Autoproduci questo!

Oggi parliamo di autoproduzione in Italia: Jacopo Paliaga intervista Ariel Vittori, Michele Monteleone, Lorenzo Ghetti e Leonardo Favia!

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Ci sono parecchi modi in cui un aspirante fumettista può farsi notare ed entrare a gamba tesa nel mercato. Questi sono i più comuni:

- Autoprodursi, su carta o sul web, facendosi carico di molte responsabilità e costringendosi a fare i conti con tutte le variabili possibili.

- Andare alle portfolio review, e sperare.

- Scrivere soggetti da presentare ai curatori delle testate più importanti del settore, e sperare.

- Non fare niente, e sperare.

L’opportunità più tangibile è sicuramente l’autoproduzione, ed è ciò di cui parleremo qui sotto.

Solitamente chi vuole esordire aspetta che qualcuno lo venga a cercare - non si sa per quale motivo - oppure si rimbocca le maniche e si mette al lavoro. L’autoproduzione è faticosa. L’autoproduzione, online o su carta (anche se sul web la cosa è un po’ diversa, ma semplifichiamo), dice a tutti che voi ci siete, dà un’idea ai vostri ipotetici e futuri editori che sapete fare i fumetti e come li fate.

Fortunatamente di autoproduzioni valide, in Italia, ce ne sono a pacchi: che siano webcomic o fumetti cartacei, raccolte fondi o esperimenti, l’autoproduzione italiana è in pieno fermento. Anche io, come molti altri, ho intrapreso questa strada, ma ve ne parlerò la settimana prossima. Ad ogni modo, sono profondamente convinto che chi aspira a fare fumetti deve assolutamente mettersi in gioco con un misto di furbizia, consapevolezza e arroganza. Deve cominciare a dare gomitate a destra e sinistra, non per cattiveria, ma per farsi largo tra la massa e arrivare un po’ più vicino al palco. E non sono solo gli aspiranti fumettisti ad autoprodursi, anzi: sono sempre di più le proposte di fumetti indipendenti da parte di professionisti del settore.

Per questo motivo ho pensato di fare qualche domanda ad alcuni amici e colleghi che spaziano dall’autoproduzione cartacea al fumetto su web, passando per raccolte fondi e per chi tiene particolarmente d’occhio i giovani autori. Persone che i fumetti li vogliono fare davvero e che hanno trovato vari modi per farli, dai più convenzionali ai più rischiosi, guardando oltre le possibilità offerte dall’editoria tradizionale, sia per farsi notare che semplicemente per raccontare qualcosa di personale, assecondando il proprio modo di fare e vedere le cose. Persone che, magari, possono tirare quattro sberle al wannabe che sta leggendo, a dargli quella botta di vita necessaria per farsi avanti.

Ho chiacchierato con: Ariel Vittori, classe 1992, esordiente che ha sfracellato la barra dei soldi su Indiegogo con la raccolta fondi per Grimorio; Michele Monteleone, che dai, sapete chi è; Lorenzo Ghetti, autore pluripremiato di To Be Continued; Leonardo Favia, sceneggiatore nonché editor per BAO Publishing, nonché amico, nonché sosia di Brandon Flowers.

Parliamo di storie e di vari modi per raccontarle ai lettori, insomma.E visto che siamo gentiluomini (più o meno), cominciamo con Ariel.

Ariel, sei un’esordiente, dico bene? Assieme a Laura Guglielmo, e con l’aiuto di Laura Vivacqua per i social, hai messo in piedi un progetto che ha superato del 200% le vostre aspettative. Siete entrate nel mercato da un’uscita di sicurezza, sfondando il maniglione antipanico a suon di calci prorompenti. Con l’obiettivo di lavorare nel settore, pensi che la realizzazione di Grimorio, in tutti i suoi aspetti, ti abbia aiutata a crescere?

Ariel Vittori - Sì, sono un'esordiente “in contemporanea”, quest'anno con Grimorio e con Little Waiting, una graphic novel erotica con Slowcomic. Perché le cose facili e poco faticose non ci piacciono proprio.

Direi che è impossibile non crescere trovandosi a cucirsi mille ruoli diversi addosso: la mia empatia verso qualunque futuro editor che io possa incontrare, ad esempio, è un regalo di Grimorio e del cercare di gestire quasi 30 artisti (già è difficile gestirne una di solito, cioè me stessa).

Non mi metto a elencare tutte le cose utili che mi ha lasciato e mi sta lasciando quest'esperienza, lontana dal finire: dopo Lucca ci saranno le presentazioni, territorio per me inesplorato e quindi occasione d'imparare cose nuove ancora.

Quanto la sparo grossa se dico che, senza internet, Grimorio probabilmente non sarebbe esistito?

Vittori - Non la spari grossa per niente: su internet abbiamo organizzato il crowdfunding e raggiunto tutte le persone che hanno partecipato. Su internet io e Laura Guglielmo abbiamo reclutato la maggior parte degli artisti... o ancora più semplicemente, senza non avremmo mai potuto - lei dall'Emilia e io da Roma - intrattenerci su Skype nei nostri piani di conquista del mondo che ci hanno portato poi a Grimorio. Che è una conquista ben più interessante.

Grimorio

Fermiamoci un secondo.

Per gli aspiranti sceneggiatori: una delle scuse che sento più di frequente - oltre a “Eh, la Ka$ta” - è che non si riesce a trovare un disegnatore. Se uno sceneggiatore non riesce a trovare nessuno disposto a disegnare le proprie storie, forse è il segnale che qualcosa non funziona. Forse c’è un problema di fondo. Ma passando oltre: esiste Facebook, gente! Partendo dal presupposto che un disegnatore, nel 2016, DEVE aver caricato i propri lavori su Facebook - tassativo - internet è lo strumento più utile che avete a disposizione. Sfruttatelo. Mi sono arrivate proposte di lavoro in chat alle due di notte, per dire.

E, con quest’idea in testa, prendete in considerazione di pubblicare qualcosa online, se vi va.

Ritorniamo al salotto in stile Barbara D’Urso, e passiamo a Michele.

Michele Monteleone, sceneggiatore per Orfani, Dylan Dog, per I Maestri dell’Orrore, per Battaglia e videogiocatore piuttosto scarso agli FPS. Lavori da anni nel settore ma continui ad autoprodurti, sia su carta con Quasi Super, sia sul web con Elvis, per Verticomics. Perché? Non potresti sfruttare il tempo libero per, che ne so, migliorare la tua mira su Call of Duty?

ElvisMichele Monteleone - Allora, in primis sono molto più forte di quanto si dica, con gli FPS, è solo che invecchiando i riflessi mi stanno abbandonando, la mia capacità di colpire un bambino coreano che si accuccia dietro un muro è inversamente proporzionale alla verticalizzazione della mia cervicale. Fondamentalmente più passo il mio tempo a scrivere, chino sulla tastiera, più divento una pippa. Detto questo, sempre meglio di te. Il guanto di sfida è lanciato… [CLA-CLANG - NdJ]

Ora che ci siamo occupati delle formalità, il motivo per cui continuo ad autoprodurmi è semplice: puoi gestire come vuoi i tuoi tempi, non hai nessun limite per quanto riguarda argomenti e tono delle tue storie e puoi collaborare con disegnatori che avrebbero vita difficile sul mercato italiano.

L’estrema libertà delle autoproduzioni rispetto al mercato editoriale naturalmente non è gratis, ha un prezzo. E non parlo di un prezzo metaforico, parlo del fatto che solitamente, soprattutto con le produzioni cartacee, bisogna essere pronti a spendere sapendo che ci sono alte probabilità di non rientrare nell’investimento. Non parlo solo di soldi con cui potreste comprarvi la versione deluxe di Call of Duty, ma anche di tempo ed energie che potreste impiegare nel vostro lavoro vero. A fronte di questo grande investimento, però trovo che la ricompensa continui a far sì che il gioco valga la candela, fare il tuo fumetto come cavolo ti pare, è una grande soddisfazione.

I love my Robot

Da lettore, la prima volta che ho incrociato il tuo nome è stato con I <3 My Robot, webcomic caricato su Verticalismi.it e disegnato da Daniele Di Nicuolo. Avete scelto di farvi vedere anche sul web e non solo su carta. In qualità di editor delle serie originali Verticomics, consiglieresti a un’esordiente di pubblicare gratis sul web? O consiglieresti, piuttosto, di scrivere dodici soggetti di Dylan Dog al giorno, in attesa che la Bonelli bussi a casa?

Monteleone - Inizio dalla seconda eventualità, cioè passare i propri anni da esordiente a scrivere soggetti. Può essere una via, potreste approdare anche su grandi testate, senza passare per una singola pagina di fumetto pubblicata in vita vostra. È una possibilità. Molto rara. Rara tipo un unicorno, un astemio all’October Fest o una bionda tettona in fumetteria ma, oltre a funzionare davvero raramente come strategia, passare la vita a scrivere soggetti causa un problema non di poco conto: la prima volta che scrivi una sceneggiatura è la prima volta che scrivi una sceneggiatura.

Quando ho scritto il mio primo fumetto, da tavola uno alla parola fine, faceva seriamente schifo. Il motivo non è perché non sapevo scrivere (un po’) o la storia fosse di per sé brutta (anche), ma perché scrivere fumetti non è compilare 94 tavole usando word: scrivere fumetti vuol dire seguirne la lavorazione fino al momento in cui il letterista ha messo l’ultimo punto nell’ultimo balloon. Fino a quando non avete visto un disegnatore realizzare le tavole che avete sceneggiato, col cavolo che siete degli sceneggiatori.

E così arriviamo alla prima possibilità, autoprodursi o scrivere per realtà come Verticalismi. Se è così importante rodare le proprie capacità di sceneggiatore lavorando insieme a un disegnatore (e lo è, fidatevi) allora la via più breve è farsi da soli i primi fumetti senza dover aspettare che un editor vi scopra. C’è un vecchio adagio che fa: il modo più facile per fare fumetti è… fare fumetti. Seguitelo e, se avete realmente delle capacità nel campo, potete stare sicuri che, prima o poi, questo diventerà il vostro lavoro. O anche no, mica vivete nel mondo delle fate in cui ogni vostro desiderio viene esaudito.

Domanda lampo per il Leonardo - editor. Molto semplicemente: quanto guardate alle autoproduzioni? Quanto tenete d’occhio i giovani autori che provano a mettersi in mostra con i propri mezzi?

Leonardo Favia - La nostra ricerca di giovani autori è costante e va avanti dal primo giorno di BAO. È un lavoro un po' complicato, perché è difficile "proteggere" quelli che molto spesso sono esordienti in un catalogo che vanta già nomi molto importanti: il rischio di rimanere schiacciati tra Jeff Smith e Alan Moore è alto, ma questo non vuol dire che ogni tanto non valga la pena provare.

Per una casa editrice, poi, vedere un prodotto finito di un autore (o aspirante tale) dà bene le coordinate di quello che cerchiamo: qualità, costanza e inventiva. Ricevere 5 pagine di prova per un progetto da un perfetto sconosciuto comporta un rischio di impresa altissimo, mentre avere una controprova (cartacea o digitale) di essere pronti a portare a termine una storia lunga, certamente aiuta in una valutazione positiva.

To be continued

Lorenzo, TO BE continued è una serie che al momento conta, se non sbaglio, quasi 80 capitoli a cadenza serrata, pubblicati online su ToBeContinuedComic.com, e uno spin-off cartaceo in arrivo. Ora, facendo finta che il modo in cui racconti la serie principale sia riproducibile su carta, dici che un fumetto come TOBEco avrebbe avuto vita facile sugli scaffali di una fumetteria? Mi spiego meglio: quanto sarebbe stato fattibile, secondo te, andare da un editore e proporre una serie ongoing piuttosto bizzarra piena di superpoteri e trame a lunga gittata?

StellaLorenzo Ghetti - Allora, innanzi tutto non credo che ormai per un editore, anche Italiano, sia un problema stampare qualcosa che è disponibile gratuitamente online. Fenomeni di massa come Zerocalcare, Sio e Jenus hanno sdoganato la questione. Anche (o forse soprattutto) chi segue o ha seguito il fumetto online comprerà volentieri la versione cartacea. L'oggetto rimane una questione fondamentale per il fumetto.

Detto questo, non credo comunque che un editore sarebbe stato interessato a una versione cartacea di TO BE continued, e non credo avrebbe avuto vita facile sugli scaffali, come dici tu.

I motivi penso potrebbero essere due o tre, credo.

Tu chiami in causa l'argomento della storia, e sicuramente non sarebbe semplice. TO BE continued è una storia di supereroi? È una storia autoriale intimista? Lo considero (con orgoglio, non dico di no) un po' a metà tra il fumetto autoriale e quello popolare, e forse la cosa non aiuta? Di questo non sono sicuro. Forse non sarebbe tanto un problema, renderebbe solo più difficile trovare un editore aperto a un ibrido.

Sulla questione della forma, una serie non è facile da convertire (eliminando l'improbabile possibilità in Italia di pubblicarla a puntate) ed editorialmente non è facile da piazzare. Anche andando a cicli, vuol dire comunque trovare un editore disposto a investire su un progetto a lungo termine, cosa non semplice. La divisione in volumi necessiterebbe comunque di ragionare sulla versione cartacea già quando si struttura il webcomic, per dividerlo in capitoli raggruppabili.

Dall'altra parte c'è il problema dello stile. Al di là della forma web che ho cercato di dare a TOBEco, lo stile con cui è disegnato non credo renderebbe bene su carta (troppo bianco, pochi contrasti, scene prolisse... ). Anche qui, se avessi preso in considerazione un futura versione cartacea probabilmente lo avrei disegnato con uno stile differente. Stile che però, forse, non avrebbe reso bene su schermo? Chissà.

Penso che alla fine il punto sia questo: quando si crea qualcosa, lo si fa pensando a una forma ben precisa con cui andrà letto. Proporlo in un altro formato, anche se probabilmente di poco, lo indebolirebbe in qualche modo (passare anche solo dalla lettura in colonna verticale alla messa in pagina con tavole affiancate cambia completamente il ritmo di lettura). E cercare di produrlo tenendosi a metà tra due possibili forme di pubblicazione rischierebbe di venire un po' zoppo, non al suo massimo.

Questo per dire che, anche togliendo la questione sperimentazione, avessi preso in considerazione la carta per TOBEco, sarebbe stato un fumetto completamente diverso. E conoscendomi non lo avrei messo sul web, se la forma cartacea fosse stata per me la migliore e avessi voluto che venisse letta così.

Ci sarebbero molte altre considerazioni da fare, come il mercato in cui ci si vorrebbe inserire, o la qualità di fondo che potrebbe avere un fumetto autoprodotto, che dovrebbe essere in tutto e per tutto più vicina possibile alla qualità di un buon editore, ma di questo, magari, ne parliamo la prossima settimana. O un’altra volta.

Un grazie ad Ariel, Michele, Leonardo e Lorenzo: comprate i loro fumetti!

H

GOMITATA ATOMICA VOLANTE:

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